Underground

Mi piace dipingere mostri – Chet Zar

Ancora un esempio del Lowbrow, altrimenti detto surrealismo pop, ci viene da Chet Zar.
Californiano, classe 1967, artista digitale e pittore, esperto in make-up per il cinema, dove grazie alla sua abilità ha iniziato a lavorare a meno di un anno dalla laurea.
E tuttavia, deluso proprio dalla logica di quel mondo, ha accettato il consiglio di Clive Barker.
S’è tirato fuori e ha dedicato la sua esistenza alla creazione di dipinti originali, prediligendo la tecnica a olio.

Parliamo, come detto, di Lowbrow, quel surrealimo intriso di cultura pop. Quell’immaginario fantastico del cinema e di certa letteratura che Chet Zar ha esplorato e tradotto in disegni e dipinti fin da bambino.

Qui l’espressione artistica di Zar arriva a prendere la potenza di simboli da ben determinati immaginari, popolari e universali, ad esempio Cthulhu, dal territorio lovecraftiano, e a trasfigurarli in un dipinto da contemplare.

Si tratta di un fenomeno abbastanza insolito, a suo modo affascinante. Il simbolo della cultura pop, quale esso sia, non ha bisogno di essere conosciuto, o esplorato.

Esso è familiare, è prodotto stesso di quella cultura, nelle sue sembianze c’è già un intero mondo. E sulla forza di questo mondo, del messaggio di cui si fa latore, si fonda, di riflesso, la forza della reinterpretazione nel dipinto, nel lavoro di Chet Zar.

Questa è ritrattistica applicata ai mostri, ai prodigi. Creati per colpire l’immaginario e per la perizia tecnica, la complicazione del tratto, la sovrabbondanza dei dettagli, e per l’epifania che, come detto, esplode nella mente dello spettatore già avvezzo a muoversi in quello stesso territorio.

Una sorta di viaggio che riesce a essere nuovo e confortante, come il più familiare dei luoghi, allo stesso tempo.

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LINK UTILE
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