Ancor di più del Segno giallo, il Riparatore di Reputazioni è forse il mio preferito dei racconti di Robert W. Chambers inclusi nel Re in Giallo.
Fa parte dei primi quattro, laddove la forza dell’orrore sublime sottende alla narrazione.
Fa parte di quei racconti dove Chambers stesso sovverte le regole empiriche stesse della narrazione stessa, prendendosi gioco del lettore esigente, sorprendendo l’appassionato, incuriosendo l’occasionale.
In più, Il riparatore contiene in nuce ogni elemento distintivo del futuro scenario condiviso che rievoca pochi elementi, semplici e sì vasti, che solo a nominarli – leggasi scriverne – il concetto s’amplia fino a lambire il mito.
La storia è la storia di Hildred Castaigne, è la storia di una percezione alterata. O di una realtà parallela. O di entrambe le cose.
Espediente narrativo, la voce di Castaigne, che è quella del narratore, è delegittimata. Ogni cosa di ciò che ci racconta è vera e falsa allo stesso tempo.
La stessa versione distopica degli Stati Uniti che attraversano immaginari anni Venti di grande ricchezza e parimenti straordinario cinismo può, a ragione, essere considerata una menzogna attribuibile al delirio del protagonista.
Nel Riparatore abbiamo tutti gli elementi simbolici disgreganti la realtà, o la percezione della stessa.
– Il Re in Giallo, opera teatrale e entità malsana, che s’addobba da sovrano di qualcosa che è afflitta da perenne solitudine.
– Carcosa, città del mito, che sembra essere un negativo della realtà, dove i colori, i valori sono sovvertiti e che, in qualche modo, sembra essere collocata a distanze siderali, oltre che in un reame dell’Altrove, richiamando in un certo senso il senso dell’orrore cosmico lovecraftiano.
– Il segno giallo, un simbolo inintellegibile, la cui apparizione contamina l’osservatore, di fatto aprendo la strada a una percezione alterata (non sappiamo in che modo) della realtà.
Distopia, quindi. Una società in cui un Riparatore di Reputazioni che vive uno strano rapporto simbiotico col proprio gatto adorando farsi graffiare a sangue il viso da esso, può, non si sa bene come, ripristinare la fama di un individuo in qualche modo caduto in disgrazia, dove lo Stato ha introdotto le Camere Letali, dove il cittadino volenteroso può legalmente porre fine alla propria esistenza.
Sì, potrebbero essere, quegli ingressi più volte descritti da Chambers per bocca di Castaigne semplici ingressi alla metropolitana, come la corona del re Giallo è un semplice cerchio d’ottone e la cassaforte che contiene la corona una volgare scatola di biscotti, così come le parate prussiane soltanto ronde della Polizia.
Chambers non ci spiega nulla, ci invita a guardare il segno giallo che, essendo indescritto e indescrivibile, potrebbe essere rappresentato dal racconto stesso.
Il giallo stesso è un colore equivoco, non una scelta casuale. Il giallo compariva, decenni prima di figurare su racconti e romanzi neri e thriller, su quei libri dal concenuto osceno, equivoco, moralmente riprovevole.
Allo stesso tempo, per quanto legittimo e per certi versi divertente, credo sia improprio tentare di discernere la via preferita di Chambers. Il Riparatore è esattamente questo, una fusione tra realtà e realtà alterata o, più semplicemente, svelata. L’esempio più completo, io credo, di una neonata e fascinosa cosmogonia.
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