Alcuni critici, sia professionisti che non, amano filosofeggiare in presenza di certi film. Quando poi si ha a che fare con metacinema, cinema nel cinema o metatelevisione, la riflessione esistenziale pare essere d’obbligo. L’occhio della telecamera sembra ossessionare i loro cuori di vergine almeno dal 1968. Da quando HAL penetrava le coscienze col suo freddo visore rosso sangue.
So bene come vanno certe cose. Si tende a spersonalizzare, a nobilitare, a cercare satira e analisi sociologica, laddove non è necessario che ci siano.
E così, un film come [REC] (2007) e il suo seguito [REC] 2 (2009) divengono un trattato di psicologia e di denuncia, un apologo sui mass media e chissà cos’altro, quasi dimenticando che… ci sono gli zombie cannibali.
Eh, ma la telecamera scruta, evolve, da analogica diviene digitale, si alterna, è espressione di profonda autocritica del mondo dello spettacolo!
Ah, sì? Sarà… ma io mi sono stancato, come ho già detto, di leggere cazzate di questo genere. Vogliamo parlare del film, o no? E’ bello, brutto, vi è piaciuto, lo consigliate, oppure no?
Cosa me ne può fregare, a me spettatore, della vostra denuncia sociale esorcizzata attraverso la videocamera di Pablo?
Quello che voglio dire è che… la metafora è possibile, può anche essere che i registi abbiano voluto intendere questo o quel significato nascosto. Ma il film è godibilissimo anche ignorando tutte queste cagate moralistico-filosofiche e immedesimandosi nella finzione. Ovvero immaginando di entrare in un piccolo condominio infestato di infetti violenti e assassini. La telecamera, lungi dall’essere uno strumento che ripara i torti della società, è quel mezzo che mi consente di immedesimarmi in tutto ciò, che mi permette di vedere… e di godere la storia, che, indugiando sugli angoli bui e sui volti angosciati degli attori, mi fa condividere la loro angoscia e il loro terrore.
Jaume Balaguerò e Paco Plaza alla regia, con il primo che ha curato anche la sceneggiatura di entrambi i capitoli.
Balaguerò ci ha regalato scorci di tenebra impareggiabili in Darkness, ricordandoci quanto il buio possa essere spaventoso. Qui la tenebra è alternata alla luce artificiale, a volte fissa, a volte rapida e confusa, che va a disturbare le creature che dimorano al buio e ne svela, improvvisamente, l’orrenda natura.
[REC] (2007)
[ATTENZIONE! CONTIENE ANTICIPAZIONI!]
A molti il low budget non piace, così come a quei molti non è piaciuto l’impiego di un’unica videocamera a spalla che, questo è vero, ha contribuito a dare quell’atmosfera da reportage.
A costoro io consiglierei di scendere dal piedistallo dei puristi e di cominciare di nuovo a godersi le piccole cose, quali questo film. E di levarsi un po’ di puzza sotto al naso.
“Mentre tu dormi” è un programma-documentario che presenta la vita notturna, perciò poco conosciuta, di alcune categorie di lavoratori. Questa volta tocca ad una caserma dei Vigili del Fuoco di Barcellona. Angela Vidal (Manuela Velasco) e l’operatore Pablo fanno del loro meglio per rendere interessante una monotona nottata dei pompieri, pregando che succeda qualcosa, un imprevisto che possa costituire un interessante diversivo a un altrimenti piatto reportage.
L’inatteso arriva con una chiamata d’emergenza. Nel cuore della notte i due seguono una coppia di pompieri Manu (Ferran Terraza) e Alex (David Vert) in un condominio dove sembra esserci un’anziana signora bisognosa di soccorso. Una volta dentro l’edificio, tra condomini terrorizzati e poliziotti casinisti e dai nervi non proprio saldi, nessuno riesce più a uscire perché, all’esterno, viene istituito dall’autorità un cordone sanitario per sospetta minaccia NBC (nucleare-batteriologica-chimica).
L’infezione che si sta sprigionando per cause sconosciute all’interno dello stabile rende gli infetti violenti e rabbiosi.
Giusto il tempo di capire che non c’è via d’uscita e che conviene aspettare, che dall’esterno vengono fatti entrare dei medici, bardati con tenute anticontagio e maschere antigas. Costoro svelano alcuni dettagli sul virus e sull’origine del contagio che sembra essere iniziato in tutt’altro luogo, in un canile, dove un cane appartenente ad una delle famiglie dell’edificio, ha manifestato sintomi rabbiosi incontrollabili.
Il tempo di questa rivelazione e la situazione, già precaria, diviene incontrollabile. Il virus si manifesta in tutta la sua aggressività tramutando i feriti in feroci e ringhianti assassini e costringendo i superstiti a trovare scampo negli appartamenti, non rinunciando, tuttavia, a tentare di trovare una via di fuga verso l’esterno.
L’orrore e il sangue crescono magistralmente durante tutta la prima ora. Ci vengono mostrati sotto una luce impietosa, quella delle scale che va e viene e sotto il faretto della telecamera.
Sono d’accordissimo, la trama può piacere e non piacere. E’ il solito canovaccio degli infetti/morti viventi resuscitati e incazzati, ruggenti e bavosi, con tutto il campionario solito di efferatezze più o meno velate.
A me questo primo episodio è piaciuto e non solo perché sono un amante del genere. Certo, quello ha contribuito e non poco, ma non è l’unica ragione. E’ che, per una volta, tutto l’arsenale ben noto è stato presentato in modo valido, veloce e mai noioso, con momenti di innegabile angoscia.
Un po’ stantìe le solite pappardelle sul fascismo delle autorità, sulla necessità di registrare perché la gente deve sapere quello che succede là dentro, un po’ troppi stereotipi tra i personaggi: fra tutti spiccano i vecchi rimbambiti, ma soprattutto la famigliola giapponese oggetto di sarcasmo e razzismo -ma neanche tanto improbabile, a dire il vero- e il gay di mezza età, razzista pure lui. Davvero insopportabili. Ma l’assortimento del resto del cast è notevole, Angela e il pompiere Manu sopra tutti; e se da Angela, essendo la protagonista, ci si aspetta comunque un ruolo di rilievo, anche se l’attrice ci mette tutta sé stessa per regalarci una performance degna di questo nome, è Manu il vero trascinatore, propositivo, attivo, che non si da mai per vinto.
Alla fine, i superstiti al massacro trovano rifugio all’ultimo piano del palazzo, l’incubo di un serial killer, o di un pazzo fottuto. In questo luogo, nonostante gli immancabili ritagli di giornale -che fanno tanto clichè- e l’altrettanto immancabile registratore -che fa tanto Evil Dead– Angela e Pablo scoprono la verità. Quella che sembrava un’infezione pare si sia tinta di connotazioni religiose che strizzano l’occhio alla possessione demoniaca. Impagabili le sequenze nell’appartamento abbandonato, ma stracolmo di oggettistica per dare l’idea di un laboratorio di analisi improvvisato dove “sono capitate tante cose non proprio giuste…” (cit.). Angela e Pablo si aggirano giustamente spaventati in questo delirio quando, la cosa che pare essere la vera origine di tutto questo macello fa la sua comparsa inquadrata dal verde della visione notturna, scomparendo, dopo un’orribile carrellata, nel buio trascinando con sé la donna.
[REC] -teaser trailer italiano
[REC] 2 (2009)
[ATTENZIONE! CONTIENE ANTICIPAZIONI!]
Sono passati circa dieci minuti da quando le autorità del cordone sanitario hanno perso i contatti con i poliziotti e i pompieri presenti all’interno dell’edificio. Si decide, così, di inviare una squadra in tenuta d’assalto per prendere contatto con gli eventuali superstiti e per capire che cazzo sta succedendo in quel fuoco d’inferno che pare essere diventato quello che fino a qualche ora prima era un tranquillo condominio di Barcellona.
Il secondo capitolo inizia così, nel furgone che trasporta i poliziotti. Si attraversa con loro il tunnel di plastica che conduce al portone d’ingresso e si entra insieme a loro.
Ognuno dei militari è munito stavolta di telecamera HD montata nel casco. Gli stacchi da una telecamera all’altra sono frequenti e contribuiscono alla confusione generale che sembra regnare sovrana in questo secondo capitolo.
L’atmosfera è da mattatoio. I faretti delle torce dei poliziotti illuminano le scale sporche di sangue, sia in abbondanti schizzi che in pozze rapprese sui pianerottoli.
Stranamente, degli infetti nessuna traccia immediata. Hanno preso l’abitudine di nascondersi e di tendere agguati, sbucando fuori quando più te l’aspetti; in questa caratteristica non dissimile dal primo film, solo che qui tutte le comparsate fatte dagli zombi urlanti sono più che telefonate. Peccato.
Vabbé, andiamo avanti.
Il gruppo si divide, alcuni entrano negli appartamenti. Si scopre che, stranamente, nel mezzo della squadra c’è pure un prete. Mah…
Pochi altri istanti e i tizi mandati in avanscoperta vengono contagiati ritornando ovviamente dai loro compagni per scatenarsi in scene di lotta confuse e ballonzolanti.
Sul serio! Tra la scelta di riprendere al buio più totale e di illuminare solo con le torce e di impiegare le telecamere degli elmetti, le riprese sono traballanti all’inverosimile. Conseguenza, la maggior parte delle zuffe si risolvono in urla, parolacce e casino. Non ci si capisce nulla, tranne poi apprendere, quando la situazione si è calmata, che, a poco a poco, i poliziotti diminuiscono di numero perché fottuti dagli zombi. O meglio, da quelli che si credevano essere zombie o infetti. Perché, a un certo punto, il prete tira fuori il crocifisso e, iniziando a salmodiare, ne inebetisce un paio, riuscendo a chiuderli in uno stanzino, sigillato inchiodando il rosario sulla porta.
Pare che gli infetti non siano vittime del virus, ma della medesima possessione accennata nel primo capitolo.
Per vivacizzare il tutto, il solito gruppo di ragazzi idioti e cazzeggiatori, visto il casino che sta succedendo nello stabile di fronte al loro, trovano il modo di superare il cordone e di penetrare nell’edificio attraverso le fogne, seguendo la via consigliata dal gay nel primo episodio. Altra carne da macello, ma riprese non più in HD, ma amatoriali.
Da qualche parte spunta anche Angela Vidal (Manuela Velasco) non si sa come rimasta illesa, ma terrorizzata.
A un certo punto, in mezzo a questo macello, viene pure tentato un esorcismo/interrogatorio verso uno degli indemoniati, ma con scarsi risultati. Tra vocione distorte e risate diaboliche, autocombustione e assalti improvvisi, fa la sua comparsa anche il mostro finale del primo film e il paradosso, o la caduta di stile, vuole che, anche questa volta, la creatura debba essere inquadrata con la visione notturna, fino a che essa non decide di inserire una sorta di verme gigante nella gola della nostra Angela, quando tutti credevano che stessero solo pomiciando. Follia.
[REC] 2 – teaser trailer italiano
[Conclusioni]
Senza alcun dubbio migliore, e di gran lunga, il primo capitolo. Nel secondo, al di là delle riprese confuse e buie che ti fanno solo bestemmiare perché, oggettivamente, non si riesce a distinguere nulla, tutte le chicche del primo film vengono trasformate in un delirio mistico religioso che non fa paura a nessuno. Jaume, mi dispiace per te, ma l’unica indemoniata che fa paura è e sarà sempre Linda Blair ne l’Esorcista.
Questa commistione tra zombie e indemoniati e parassiti nel finale è un vero papocchio, contorto e difficile da digerire. Altri clichè, soprattutto il prete esorcista con le foto della bambina portoghese -vista nel finale del primo film nei ritagli di giornale- nella giacca, a mo’ di souvenir. Comparsate degli attori del primo film sotto forma di infetti.
Che dire, magari a qualcuno potrà pure piacere. Al sottoscritto la svolta religiosa non è piaciuta affatto insieme al manierismo autoreferenziale che pare aver contagiato la regia. E sì che i seguiti sono sempre molto difficili…