Bella esperienza vivere nel terrore, vero? In questo consiste essere uno schiavo. (Roy Batty)
Quella del golem è una leggenda che ha radici antichissime, risalenti alla Kabbalah ebraica (nei libri dello Zohar, il libro dello Splendore e nel Sefer Jezira, il libro della Creazione) e all’Antico Testamento in cui si fa riferimento ad una massa priva di forma (salmo 139, 16: “Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi” ) e, in tempi più attuali è, con le dovute modifiche e cautele, una delle idee più saccheggiate della storia della letteratura e del cinema.
Il golem, secondo la leggenda, è una creatura artificiale, costruita e plasmata dall’argilla o da altri materiali vili cui un rabbino infonde la vita tramite l’utilizzo dei Nomi Sacri, cioè tramite il potere creatore del Verbo, nella fattispecie scrivendo sul golem stesso -solitamente sulla fronte- o su un foglio di carta posizionato poi nella bocca della creatura, la parola che gli infonde la vita o il soffio vitale. Nella mistica ebraica, infatti, ogni elemento del reale deriva dalla composizione e, viceversa, scomposizione, dei numeri e delle lettere dell’alfabeto. A dire il vero la creazione di statue “animate” risale all’antichità egiziana dove abbiamo le figurine cosiddette “rispondenti”, le quali, se interrogate, si dice fornissero risposte oracolari…
Il Golem, quindi, nasce sì come creatura artificiale, ma in senso positivo, almeno all’inizio, vale a dire come dimostrazione del potere dell’uomo, simile a Dio, col quale condivide l’atto della creazione, seppur in misura minore; la creazione dell’uomo è, infatti, immagine della creazione di Dio, dal momento che la creatura fatta dall’uomo è priva di anima e quindi di pensiero e parola.
Der Golem (1920)
Alla fine del Rinascimento il mito del golem diventa più simile all’immagine che serbiamo oggi, vale a dire che il costruito, da simbolo delle potenzialità creatrici benefiche dell’uomo, diviene un servo artificiale destinato a compiere il volere del proprio creatore e padrone. E, più o meno in questo periodo si fissa anche l’altro punto fermo della leggenda: la ribellione. Il golem, sempre più spesso, nei miti popolari si rivolta contro il suo artefice che, per sua fortuna, possiede un trucco imbattibile per averne ragione. Il costruito è animato dal potere della parola, abbiamo detto, nella fattispecie la parola ameth, cioè verità, incisa sulla sua fronte. Al rabbino-creatore di turno bastava, infatti, cancellare la lettera aleph dalla fronte del golem perché restasse la parola meth, cioè morte, che condannava inesorabilmente la creatura alla distruzione. Famosissima la variante del mito del golem di Praga, creato dal Rabbi Jehuda Löw ben Bezalel a protezione del popolo ebraico dalle persecuzioni.
Ed è in questo modo che noi oggi conosciamo questa leggenda. La figura del golem è stata ripresa dalla letteratura fantastica in innumerevoli rielaborazioni, talvolta originali, talvolta aderenti al mito classico e soprattutto dal cinema che ci ha deliziato, talvolta turbato, altre volte semplicemente divertito con golem di ogni tipo, non più solo d’argilla, ma di silicio e metallo. Tra gli esempi più noti -certamente non esaustivi- abbiamo:
a) “Frankenstein” (1818) di Mary Shelley, dove l’ossessione di uno scienziato si tramuta in grottesca creazione, simulacro di quella divina, che porta l’orrore e la tragedia quali conseguenza di un atto in sé aberrante, dando origine al mostro, umano dentro, ma schernito e temuto dagli uomini.
b) “Il Golem” (Der Golem) di Gustav Meyrink (1913) che ripropone la tradizione del mito nella storia del golem di Praga.
c) Asimov con la sua antologia di racconti dal 1940 al 1950, Io Robot.
d) 2001 – Odissea nello Spazio (2001 – A Space Odyssey) (1968) di Stanley Kubrick, dove Hal 9000, il super calcolatore spaziale, il cui nome deriva dalla composizione dei due principali metodi di conoscenza e comunicazione, l’euristico (heuristic) e l’algoritmico (algorithmic), si ribella per salvaguardare la propria esistenza e per impedire ai due astronauti di disattivarlo.
e) la spettacolare versione illustrata “Il Golem” (1973), disegnata dal nostro Dino Battaglia che, ancora una volta ripropone la classica leggenda di Praga.
f) Kyashan (1973) di Tatsuo Yoshida, dove Bryking, l’androide creato dal Dott. Azuma per salvaguardare l’equilibrio dell’ecosistema, individua negli esseri umani la principale minaccia per lo stesso e ne determina lo sterminio.
g) Alien (1979) di Ridley Scott. Sì, c’è anche questo film! Come altrimenti considerare il sintetico Ash (Ian Holm) che disfunziona nel tentativo di assicurare allo xenomorfo la sopravvivenza?
h) Io e Caterina (1980) di e con Alberto Sordi, dove il nostro è alle prese con Caterina, un androide domestico femminile che, come Ash, disfunziona perché geloso.
i) Blade Runner (1982) di Ridley Scott, in cui il replicante Roy Batty pretende dal suo artefice una maggiore durata della propria vita, giudicata in quanto tale un’insulsa poetica della morte consumata in una fatua parentesi durata solo due anni.
l) The Terminator (1984) di James Cameron, in cui Schwarzenegger incarna il prodotto ultimo, concepito per la distruzione degli esseri umani già portati sull’orlo dell’estinzione da Skynet, il computer che, divenuto autocosciente, determina, in una frazione di secondo, lo sterminio dell’umanità.
m) Weird Science (1985) di John Hughes, meglio noto come “La Donna Esplosiva”, nel quale due studenti con in testa un reggiseno danno vita ad una donna artificiale interpretata da Kelly LeBrock che li aiuterà ad essere meno imbranati.
n) The Matrix (1999), dove gli esseri umani sono divenuti fonte di energia per le macchine oramai specie dominante sul pianeta.
o) Battlestar Galactica (2004) dove i figli dell’umanità, i Cylon, distruggono i propri artefici, in nome di un unico dio e nel tentativo e fine ultimo di capire la loro stessa esistenza e di autodeterminarsi.
SEGNALAZIONI DEI LETTORI:
di Aurora Alicino
1) I Simpson, per la precisione l’episodio 4 della XVIII stagione, intitolato Treehouse of Horror XVII, dove Bart assume il controllo del Golem della tradizione ebraica dandogli ordini tramite l’inserimento di note scritte nella bocca della creatura.
de Lo Stregatto
2) Mikami Agenzia Acchiappafantasmi, in cui il golem nasconde il foglietto recante la parola ameth nel mawashi (vedi commenti)
Terminator 2 – teaser trailer
Tutte queste opere hanno come punto in comune la figura chiave dell’essere artificiale che, avendo preso coscienza di sé si ribella al proprio creatore a volte distruggendolo, a volte soccombendo al potere o alla furbizia del suo artefice.
Uno dei miti sempreverdi del fantastico e della mitologia, immortale ed efficace, anche se, oggigiorno, come molte altre cose, un po’ abusato. C’è un insieme di passioni e di morbosità, un desiderio di onnipotenza e parimenti frustrazione nel mito del golem; in esso c’è l’eterna lotta dell’uomo per uscire dall’anonimato di semplice creatura, per usurpare il ruolo degli dei, per creare e donare forma ai propri sentimenti reconditi e c’è posto per la paura arcana, inconscia, che deriva dalla consapevolezza di essere ancora inadeguati per un’impresa soverchiante. Essere completamente e indubbiamente artefici del nostro destino. Sicuramente non siamo ancora all’altezza di tale compito e non so neppure se converrebbe che lo fossimo. Ciò che ci resta è uno dei motivi più belli e intriganti partoriti, questo sì, dall’inconscio umano. Allorché si è cominciato a delineare nella nostra quotidianità la presenza dell’altro, con essa è balenato il desiderio, la passione e l’incertezza mista a paura, tutte cose che accompagnano l’ignoto e che spingono verso il nostro superamento. Bellissime storie da narrare, affreschi sensazionali da dipingere in sequenze d’immagini, nel tentativo di esprimere e allo stesso tempo esorcizzare le nostre paure e le nostre speranze.
N.B.: con quest’articolo non inauguro una nuova rubrica, né inizio un nuovo corso del blog che, al contrario, resterà sempre lo stesso, almeno fino al compimento del suo primo anno d’età. E’ una semplice riflessione, documentata, ma non tanto approfondita né esaustiva, in modo da risultare per lo meno leggibile, su uno degli archetipi del fantastico. Sentitevi liberi di segnalare ulteriori esempi o errori presenti nel testo, provvederò a inserire i primi e a correggere i secondi. Nella stesura ho volutamente taciuto sulla robotica e sul progresso scientifico in tale campo perché giudicato non attinente in senso stretto con la visione narrativa fantastica e archetipica del mito in questione. Inoltre, non c’è nessun riferimento alla ben nota antologia di racconti.
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