Fumetti

L’atmosfera intorno a BLAME!

Stava parcheggiato su Netflix dal 2017, e ho trovato il tempo di vederlo solo adesso. Nel frattempo sono trascorsi tempo e pandemie, ma l’importante, forse, è essere ancora qui per scriverlo.
Sia come sia, BLAME!, per quelli di Netflix, merita ancora una discussione. Non tanto particolareggiata, però, qui si parla più che altro di gusti e suggestioni personali. E anche qui, forse, sono l’unica cosa che conta.

Ad affascinarmi tanto di BLAME! non è tanto la trama, anche se quest’ultima appare solidissima. È un canovaccio sul quale sono stati girati film di successo. Infallibile.
Di solito si può riassumere con:

  • l’elemento estraneo che irrompe in una comunità isolata causando un cambiamento
  • sempre di solito, questo cambiamento coincide con/causa una catastrofe
  • l’estraneo assiste la comunità e li aiuta a combattere/fuggire per cercare un nuovo inizio

Se non vi ricorda nulla, maluccio, vuol dire che guardate poco cinema e male.
Dovrebbe ricordarvi la Terra del Domani Domani. Vi faccio degli esempi: Mad Max, praticamente il secondo e il terzo film, ma anche… CHIODI ROSSI, il racconto di Robert E. Howard, ne abbiamo discusso giusto ieri nel nostro podcast.
E sapete cosa? Funziona.
Perché di solito questo è un intreccio a cui viene associato anche un mondo di desolazione, necessario affinché la comunità in questione sia sufficientemente isolata da rappresentare allo stesso tempo un’oasi e l’oggetto di interesse di un gruppo di malviventi che vuole impossessarsene.
Se in Mad Max l’oggetto del desiderio è il petrolio, in Howard è la vendetta di un essere antico, in BLAME! l’oggetto sono gli esseri umani: devono essere sterminati dalle macchine.

Se da ragazzo sarei andato pazzo per Killy, il protagonista tenebroso e dal passato oscuro, oggi adoro la gente comune. Sarà che sto invecchiando – sì, l’ho scritto davvero – e, forse proprio come il buon Earl, sono più grande e più saggio, la sequenza d’apertura del film di Netflix sfiora il capolavoro: laddove ci viene mostrato un gruppo di “pescatori” la cui sola armatura vale il film, che avanza in un territorio completamente ricoperto da strutture artificiali megalitiche (le Megastrutture). Basta questo.
Il pistolone con cui Killy spara strali di energia in grado di disintegrare la materia stessa, ormai, è un surplus evitabile. Tra l’altro, la cosa dei raggi di energia inarrestabili e altre chicche estetiche (i particolari fucili dei pescatori, ad esempio, o la custodia trasportata da Cibo, che richiamano rispettivamente i fucili dei mecha e l’astronave-seme) sono così aderenti all’altra opera, Knights of Sidonia, da farmi sospettare che ci sia una connessione lontana nella testa dell’autore tra i mondi. Affascinante, e la cosa avrebbe anche una logica di fondo.

Questa l’ho creata io con Midjourney

Ma si parlava di atmosfera. Già.
Superiore. Perché a quell’intreccio infallibile si aggiunge tutta la fascinazione estetica (anche qui, non troppo innovativa, ma che importa) di un pianeta ricorperto interamente da strutture, perché chissà quando l’Intelligenza Artificiale ha preso il sopravvento e ha continuato a eseguire il programma alla perfezione. Nel frattempo la specie umana è andata avanti grazie anche al conforto spirituale immancabile che siamo soliti fornire a noi stessi.
Che in questa giungla di cemento armato perenne si nascondano delle oasi in cui sperdute (e sparute) comunità possano sopravvivere inventando nuove leggene e mitologie non solo è realistico, ma oltremodo coinvolgente. Siamo come le IA, facciamo quello che sappiamo fare meglio: costruire civiltà. Siamo un po’ meno efficienti nel farle durare, ma forse è questo che ci rende umani.

Mi sarebbe bastato, quindi, uno spaccato della vita dei Pescatori degli Elettrosilos più che la ricerca del Gene per i Terminali di Rete, la dura lotta quotidiana per l’esistenza tra le megastrutture, da creature predate dalla Safeguard. Ma è questione di gusti.

BLAME! contiene tutti gli elementi narrativi che adoro, quindi il mio giudizio non può essere imparziale. Relativamente al film prodotto da Netflix, in ogni caso, devo sottolineare l’eccellenza del reparto tecnico. Evidentemente queste cose cinque anni fa erano ancora possibili, e Netflix era la società che salvava le serie che nessuno voleva, anziché cancellarle.
Proprio così, una strana atmosfera da era insolitamente ricca, perduta e poi dimenticata.

In ogni caso, dovreste proprio recuperare l’opera (tutta) di Tsutomu Nihei.

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