In un articolo di mesi fa annunciai l’arrivo di Daybreakers, film sui succhiasangue dei fratelli Michael e Peter Spierig. Nonostante non ne fossi particolarmente entusiasta dichiarai, in chiusura del post, che, nel caso mi fosse piaciuto, gli avrei reso giustizia.
Oggi ero qui per fare giustizia. Ma mi sono scoperto troppo stanco e amareggiato. E la mia invettiva, tutta bell’e pronta nella mia mente s’è trasformata in una resa incondizionata.
Non ne posso più.
Ma davvero credono di poterci rifilare questa sbobba al sangue sintetico mista in salsa vampiresca e passarla liscia? Dopo aver umiliato per l’ennesima volta l’intelligenza dello spettatore?
A cominciare dalla campagna pubblicitaria, dalle recensioni ipocrite, dagli slogan iperbolici che l’hanno accompagnato. Tutto è una colossale follia. I poster “inquietanti”, “terrificanti”, “un’atroce realtà alternativa”. Ma dove? Ma quando?
Questo film sembra un gigantesco riciclo. E’ il termovalorizzatore dei vampiri, niente di più e niente di meno. Non produce energia, ma entropia, che è l’unica differenza. E forse, trattandosi di non morti, è l’unico dettaglio credibile.
I non-morti bruciano al sole. E’ l’altro dettaglio credibile che si giunge a far diventare risibile.
Il nome del vampiro: ma, dico io, con tutti i maledetti nomi che esistono sulla faccia della terra, come è possibile che il protagonista maschile si chiami Edward?
In una scenografia riciclata da Gattaca, Ethan Hawke (Edward) si aggira confuso guidando un’automobile dai vetri scuri con la stessa faccia messa su in quel film, quella faccia che piaceva ad Uma Thurman e che Ethan non è più riuscito a cambiare chiedendosi, “Ma che cazzo ci faccio qui, in questo film?” col vago sospetto di essere finito sul set sbagliato. Eh, ma sei stato tu a firmare il contratto, no? Non ti sei accorto che il vampiro che ti accingevi a interpretare portava un nome leggermente noto? Dove cavolo vivi? Ma sei tornato da quella missione nello spazio? E laggiù le ricevi le trasmissioni dal Pianeta Terra?
Ehm…
Il suo compito, di Ethan, è creare il Tru:Blood, come ho già detto, ma, essendosi perso prima il telefilm e poi la ricetta della bevanda, è un compito estremamente difficile.
In un mondo dove tutti sono dei vampiri (ooohh! che brividi!), il cibo scarseggia e probabilmente il sangue di mucca o di maiale fa troppo schifo, nonostante il sanguinaccio non sia tanto male. Gli umani D.O.C. o D.O.P. sono sempre meno, come le vere mozzarelle di bufala, e sono stipati, da chi può permetterselo (un mai così insopportabile Sam Neill, che di solito stimo) in “fattorie” stile Matrix, di quelle che terrorizzano così tanto i recensori, e vengono usati di quando in quando come barattoli di conserva.
Ethan Hawke è un vampiro, immortale, ma dal cuore tenero. Egli ha un fratello che, naturalmente, ha un conflitto psicologico irrisolto a base di invidie e gelosie che più in là nel film lo porterà a… Un bel giorno/notte Edward il “vampiro”, tra una pubblicità di tunnel sotterranei anti raggi UV e di nuove Chrysler anti raggi UV conosce Audrey “Bella” Bennet, un’umana (toh!) e se ne invaghisce perché lui è un dottore dal cuore tenero, un vampiro dal sangue dolce, di quelli che “piacciono a tutti!” (cit.)
Magari vi chiedete il Perché?
Io ho smesso.
Costei, Audrey, lo porta a conoscere Elvis! Cioè, dico, ELVIS! Un Willem Dafoe armato di balestra che fa il capo dei ribelli e spara frasi da duro disilluso.
No, voglio proprio insistere su questo punto:
il capo dei ribelli si chiama ELVIS.
Registrato?
D’accordo.
Rock & Roll! Yeah! Insieme i tre si faranno una “cantata”, cercando di ri-scoprire il Tru:Blood, mentre nel mondo notturno che notturno non è, dal momento che questi vampiri non dormono mai, si scatena una terribile rivolta che consiste in un tizio (un vampiro) che se la prende con una barista sfigata (una vampira) accusandola di aver avuto il braccino corto perché le ha messo poco sangue nel caffè!
Volete proprio che aggiunga altro? O ne avete avuto abbastanza?
Vi linko qui la recensione dell’amico di Lurid Subjects, The Incredible Shrinking Man. Lui è molto più buono di me.
Ad maiora.