Underground

L’arte di Guweiz

Guweiz, nome d’arte di Gu Zheng Wei, è capitato coi suoi lavori in un momento particolare della mia vita.
Lui ha appena 25 anni. Io una ventina più. E guardando le sue creazioni, anziché disperarmi, come lui stesso consiglia nel suo libro, ne ho tratto la motivazione che forse ancora mi mancava.
E no, la vita è ancora ricca di insidie e difficoltà, la mia come quella di molti, ma nulla ci vieta, fino all’ultimo respiro, di cercare cose belle. E di assaporarle. E di tentare di crearne a nostra volta.



Ecco. È importante per me. Credo lo sarebbe per lui, se sapesse che le sue parole hanno sortito un tale effetto in qualcun altro.
Predilige figure femminili in luoghi bui, per la maggiore.
Difficile non notarle, non soffermarsi a ammirare la morbidezza del tratto e la purezza delle linee. Quel femminino così compiuto, cosciente, elegante e austero. Alla continua ricerca della perfezione formale.
Impregnate di cultura orientale, armate di katane, indossano orecchini luminosi.


Scopro che qualche tempo fa Guweiz ha proposto un kickstarter, per la produzione di un libro sulla sua arte. Lo acquisto di impulso, lo sfoglio e lo leggo in un pomeriggio.
No, non ho intenzione di mettermi a disegnare, anche se, da ragazzo, non ero nemmeno tanto malaccio. Non è quella la mia strada, quella l’ho già trovata.
L’arte continua a piacermi, mi piace guardarla, studiarne i dettagli, lasciarmi ispirare, mi piace scriverne, altrimenti non stareste leggendo questo pezzo; e mi piace acquistarla, certe volte.
Raramente mi avvicino alle personalità artistiche (siano esse artisti figurativi o scrittori o musicisti), ma in questo caso sono felice di averlo fatto, perché non solo Guweiz emerge dalle pagine di questo libro per ciò che è: una persona giovane e piena di sogni, ma lo si scopre dedito al suo lavoro e per nulla aggressivo nel proporsi al pubblico.
È più un discorso con se stesso, per certi versi ancora incredulo di essere riuscito a ottenere così tanto dalla sua passione – che l’ha portato a abbandonare l’università, e che da qualche anno è diventata un lavoro ben remunerato – estremamente propositivo e critico verso le sue creazioni. Una personalità giovane sì, ma capace di mettere a proprio agio.


Parliamo di artigianato.
Digitale, in questo caso. Una foto del suo studio, a casa sua, ci rivela la sua postazione di lavoro. A guardare certe sue visioni uno s’immagina che Guweiz adoperi una tavoletta grafica fantascientifica, e invece ne impiega una tra le più odiate, priva di schermo, che quindi costringe chi l’adopera a dimenticare di stare disegnando e a concentrarsi sul monitor per controllare la progressione, e un computer con hard disk allo stato solido e 16giga di ram. Tutto qui.



Sulle sue figure femminili uno si potrebbe soffermare ore a trarre spunti di riflessione. Da ragionamenti sul culto della bellezza, alla cinetica, alla tecnica con la quale gestisce luci e ombre, al significato recondito di quegli orecchini luminosi, arzigogolando teorie non sempre veritiere e – al contrario – quasi sempre arbitrarie, dettate dai gusti e dalla cultura personale, che poi è quello il filtro che, volenti o nolenti, applichiamo a qualunque cosa con cui veniamo a contatto.
Ma Guweiz nel libro non ci fa un discorso noioso o peggio ancora motivazionale su come si faccia a diventare come lui. Il sottotitolo è The art of Gu Zheng Wei. Questo è il suo discorso sull’arte, la sua concezione, il suo filtro, cosa che lui ci spiega chiaramente: ognuno deve trovare la sua routine. Ciò che va bene per lui può essere la scelta peggiore per gli altri.


Ma è un piacere starlo a sentire parlare soprattutto dei significati (e dei significanti) delle sue “donne”.
E, valore aggiunto, il libro – edito da 3dtotalPublishing – è anche ecosostenibile. Per ogni copia venduta viene piantato un albero.
Sorprendentemente, dietro ogni figura c’è un accenno a una storia, si tratta di abbozzi, ma questo fa riflettere sulla possibilità che ognuna di queste signore appartenga a un universo condiviso, faccia quindi parte di una narrazione più ampia, che l’autore sta costruendo tassello dopo tassello.
Per ogni tavola selezionata, ci viene mostrato il work in progress, le modifiche che sono state effettuate – ogni volta che lui sente di essere migliorato ritorna a correggere alcuni vecchi lavori di cui non è soddisfatto – le cose che lo convincono e le altre di cui ancora non è soddisfatto, in una trasparenza che garantisce di non stare leggendo la solita agiografia (o storia del cesso, ndr) dell’ennesimo predestinato che ce l’ha fatta perché non poteva fallire in nessun caso, ma un frammento di vita di un tizio che ha scelto di fare questo mestiere.


Questa cosa di tornare e ritornare sugli stessi lavori potrebbe sembrare un privilegio degli artisti digitali, ma non lo è. È tipico dell’arte. Lo si è sempre fatto. Proprio come la scrittura, che non è mai spontanea ma frutto di rimaneggiamenti, anche il disegno lo è. Certo, ci sono sempre le eccezioni e ogni discorso non ha mai valore universale.


Gli orecchini luminosi. A guardarli suggeriscono un’ambientazione futuristica, ma non è quella la motivazione con cui sono stati creati.
Essi hanno una duplice funzione:

– gli permettono di giocare con la luce. Da amante delle tinte scure, del buio e della penombra, i giochi di luce sono una sfida esaltante.
– permettono a chi ammira i suoi lavori di evitare di pensare che il tono scuro dei suoi lavori sia frutto, essendo digitali, di un’errata saturazione. Quel punto di luce sta lì a dire che la quantità di luce delle sue tavole è corretta.

Sì, c’è da aggiungere che questa trovata pratica s’è tramutata poi in una firma. Ben riconoscibile. Che male non fa.


A chiudere, l’autore stesso disseziona, e con ciò offrendo anche un tutorial accessorio, tre sue creazioni (una è la strega che figura in copertina), dalla bozza, alla colorazione, alla gestione delle ombre, ai filtri. Per chi voglia cimentarsi con architetture di disegno più complesse, di sicura utilità.
Ciò che si nota, paragonando questo volume ai suoi lavori più recenti, è che la sua perizia è in continua progressione. Sta ancora migliorando. E sì, fa un po’ paura. Ma è una paura di quelle belle.
Consigliatissimo.



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*contiene link commerciali
** Guweiz lo trovate un po’ dovunque: instagram, facebook, twitter, ArtStation

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