Trovo che sia molto più complicato parlare dei propri libri, piuttosto che scriverli. Perché ci si addentra in un territorio più personale. Tentare di spiegare perché si è preferito scegliere un determinato aspetto a dispetto di un altro può voler dire influenzare il lettore più del dovuto, per cui io consiglierei di leggere i making of sempre dopo aver letto il libro, in modo da avere dello stesso una visione il più possibile spontanea.
Fermo restando, poi, che personalmente adoro quando un lettore trova nei miei libri sfumature alle quali io non avevo assolutamente pensato.
E quando succede non vuol dire che non esistano, quelle scoperte impreviste, ma solo che il testo ha fatto il suo lavoro, ovvero ha trasmesso al lettore qualcosa. Qualcosa che trascende la volontà dell’autore.
Sia come sia, devo ammettere di essere lieto e stupito dell’accoglienza che avete riservato a Perfection, il mio ultimo ebook. E di questo vi ringrazio.
Allo stesso tempo, vediamo di conoscerlo più nel dettaglio.
Ho sempre avuto gusti cinematografici e letterari agli antipodi: posso apprezzare 2001: Odissea nello Spazio così come Tremors, il film coi vermoni sotterranei.
Mi piacciono Henry Miller, Charles Bukowski, così come Lansdale, Lee Martinez e Scarlett Thomas. Se capite cosa intendo.
Pensando a Perfection, posso dire che ho sempre sognato di coniugare la fantascienza matura, che sfiora temi che riecheggiano di esistenzialismo e intelligenza artificiale, con l’humour tipico dei B-Movie. Il che non vuol dire produrre un pasticcio dagli esiti quantomeno bizzari, ma dosare entrambi gli elementi senza privilegiare nessuno dei due, e magari amalgamarli con altre sfumature, come la mia passione per il cinema degli anni ottanta, e per i locali che per me meglio incarnano l’immaginario americano: i diner e i drive-in. Insieme alle cittadine di frontiera.
Quindi la scelta di posizionare la cittadina di Perfection (151 abitanti – androidi esclusi), nella nazione americana, precisamente nel Texas meridionale, non deve essere intesa come una fuga dalla realtà italiana, anche perché chi ha letto sa bene che l’Europa e l’Italia non sono state dimenticate, addirittura cito anche la città di Napoli nel volume, ma bensì come scelta estetica di turno. Perché le successive storie (magari anche il futuro romanzo) potrebbero avere ambientazione nostrana.
Scenario americano, quindi, leggermente modificato dal fatto di essere collocato nel futuro, e lievemente ritoccato dalla tecnologia coeva, che presuppone le specie estinte sostituite da copie cibernetiche e le donne, falcidiate da una malattia incurabile (cosa che sta segnando il destino dell’umanità, che non riesce a sostenere un ritmo tale di decessi con altrettante nascite), sostituite da copie robotiche.
Quasi la totalità degli androidi di Perfection sono femmine.
Si suddividono in tre categorie:
– automata
– cyborg
– replicanti
Omaggio a tre filoni della fantascienza,
gli automata sono i robot di servizio, di solito ipercromatici e aventi fattezze volutamente umanoidi; riproducono infatti personaggi dei cartoni animati e/o della letteratura o del cinema;
i cyborg sono endoscheletri metallici ricoperti di tessuto sintetico derivato da DNA umano. Fortissimi ed efficientissimi, pur essendo dotati di aspetto proprio mettono a dura prova la zona perturbante perché ancora non completamente umani. Non sono stati creati, infatti, per esserlo, ma per superare i limiti della natura umana;
i replicanti, che devono essere intesi in senso letterale, sono androidi tecnologicamente avanzati costruiti per simulare la natura umana; questa simulazione prevede anche e soprattutto i lati negativi della personalità, quali la prigrizia, l’invidia, la curiosità, etc… i replicanti sono costruiti in questo modo proprio per abbattere il senso di spiazzamento causato dalla zona perturbante, concepiti per essere più umani dell’umano.
Infine, la questione dell’affettività. Mi interessa molto, addentrandosi nel campo della sensibilità umana e delle emozioni, la nostra capacità di legarci emotivamente agli oggetti.
Mi sono chiesto in che modo questa nostra caratteristica condizionerebbe la nostra esistenza in uno scenario in cui tutte le donne sono potenzialmente a rischio di morte; finiremmo per legarci a una macchina, mettendo a tacere il fatto che essa non è davvero viva, ma imita soltanto le funzioni vitali? Arriveremmo a ingannare noi stessi, pur di soddisfare il nostro bisogno di socializzare?
A questa e ad altre domande sto cercando di rispondere scrivendo questi miei racconti. Soprattutto, mi sto divertendo da matti scrivendoli. Così come spero possiate divertirvi anche voi.