Il Contromanuale del Blogger Uberfigo nasce per un’esigenza pratica, l’autodifesa.
Autodifesa da coloro che inquinano il web.
Ahimé, l’inquinamento della rete è diretta conseguenza di quello ambientale. Le stronzate scritte in rete sono, quasi sempre, pronunciate anche nel mondo reale.
La differenza? È una sola: in rete, tali stronzate sono scritte. Quindi restano. E tanto piacere a quelli che pensano che scrivere in rete non è scrivere, ma piuttosto colorare i pixel con segni grafici interpretabili come scrittura.
Distorsioni della mente, della percezione, è evidente.
Ma non si capisce perché, da blogger, debba essere costretto a sorbirmi tali pareri non richiesti da parte di chi non fa il progresso, ma lo limita.
Il fascicolo n. 2 è dedicato alla scrittura. Con buona pace di tutti.
1) Cos’è lo Scvittove?
Lo Scvittove è, in parole povere, colvi o colei che si ritiene un dono di dio. Poco importa se scriva o meno. Spesso, infatti, si limita a fornire il proprio parere. Parere che è anch’esso un dono di dio. Quindi, de che stamo a parlà?
È dio che ci parla attraverso le bocche di costovo. Facciamocene una ragione.
Al massimo, noi umili blogger possiamo ricorrere all’unico metodo pratico, voluto da Dio, quello vero, per garantire il libero arbitrio: la censura.
Il tempo delle discussioni inutili è finito. Cancelliamo i loro pareri. E vivremo più a lungo e meglio.
2) Come riconoscere uno Scvittore al primo sguardo?
Sembra difficile, ma non lo è. Il nickname è mimetico. Le origini sono di varia natura, spesso riconducibili a qualche ossessione adolescenziale. Ma non è un discriminante sempre valido. A volte usano il nome vero, colpa dei genitori: un qualche nome altisonante che, fin da piccoli, non ha fatto che gonfiare il loro ego.
Che so, Antongiulio, Antonluca.
Se da voi si palesa un Antongiulio, quello è uno Scvittove. Fate attenzione.
3) Come riconoscere lo Scvittore dagli argomenti che usa?
Facilissimo, è sufficiente soffermarsi sulle prime tre parole del commento che lascerà sul vostro blog:
“Io non capisco”.
Ecco, chi non capisce è di sicuro uno Scvittove. E non capisce perché voi avete scritto, secondo lui, un concentrato di cazzate e banalità che sta minando la sua verve creativa, la sua Avte. Infatti, alla frase precedente segue, immancabile: “non ho mai letto tante banalità in una volta sola”.
Prevedibili e scontati. Adorano i decaloghi.
4) La Grafomania (che non c’è)
A questo punto starete pensando che lo Scvittove è anche un grafomane. Nulla di più sbagliato. Lo Scvittove scrive pochissimo. Perché lo fa: a) quando la Musa gli soffia nell’orecchio, b) quando il demone interiore gli rode le viscere, c) per fare avte. E questi tre fattori devono manifestarsi contemporaneamente. Capirete che è una roba difficillima. E l’avte, si sa, è cosa vava.
5) La Lettevatuva
L’intrattenimento? Ovvove!
Meglio scviveve vomanzi esistenzialisti su trentenni depressi o poesie interminabili o haiku, tutta roba di cui non frega un kattsaw a nessuno, ma che è pevfetta, genevata non cveata. Lettevatuva.
6) La (Magna) Chavta
Il formato elettronico mina la Pvofessionalità dello Scvittove, si sa.
Come a dire che la ruota ha minato il sistema di trasporto. Sarebbe stato meglio continuare a impiegare gli schiavi per trascinare enormi pesi su tronchi di legno, piuttosto che creare i carri.
Certo, certo.
Ah, e poi c’è la questione dell’odore della cavta.
Ma piantatela, per cortesia.
7) La pubblicazione
Se sei uno Scvittove, vendi.
Logica ineccepibile, se non fosse per una piccola, fatale conseguenza: in un certo paese in cui tutti noi viviamo, non ci sono scrittori. Perché nessuno di questi vende.
E allora, come la mettiamo?
Alla prossima uscita.
Link utili:
Fascicolo 1