Di Edgar Allan Poe non si sa con precisione, ancora oggi, come sia morto.
Fu ritrovato per le strade di Baltimora, dopo essere scomparso per giorni, in stato confusionale, con addosso abiti lerci e che, di sicuro, non gli appartenevano, che nominava un certo Reynolds.
Nessuno ha mai capito chi fosse, a chi si riferisse.
S’è speculato tanto sulla sua morte, vittima di alcool da lui stesso ingerito, o fattogli ingerire di proposito, per la pratica del “cooping”, ovvero farlo ubriacare per poter “spontaneamente” dare il suo voto a questo o a quel candidato. In preda al delirio da febbre per un’infezione renale, o posseduto da chissà quale demone.
La morte di Poe riecheggia i suoi racconti del terrore e del mistero, proprio come le bellissime illustrazioni di Harry Clarke, a corredo di una raccolta del 1928, quei Racconti del Mistero e dell’Immaginazione.
Essa contiene tra i miei preferiti.
Il Pozzo e il Pendolo.
Il cuore rivelatore.
La caduta di Casa Usher.
La mascherata della Morte Rossa.
E, naturalmente, William Wilson.
E tanti altri.
Harry Clarke, di sicuro, ingiustamente dimenticato, che diede corpo in poche, sceltissime tavole, alle inquietudini di Poe.
Uno stile iperdettagliato, che ricorda per la complessità e l’ammasso di dettagli, Klimt, dove alle esplosioni cromatiche del primo, corrispondono i neri insondabili delle chine di Clarke, che esplorano i dettagli dei tessuti, le ombre dei giardini, le chiome di foreste ancestrali, i vortici marini del maelstrom. Un Klimt preda di sostanze allucinogene.
Vesti magnifiche, opulente, cinetica fissa, che orienta lo sguardo verso il concetto protagonista del racconto e della tavola.
Le tavole incarnano alla perfezione il narrato di Edgar Allan Poe, che, a proposito della sua morte, sembra avere ancora qualcosa da dire.
L’autore sembra infatti aver lasciato alla fine l’indizio rivelatore, proprio all’ultima pagina, com’era solito fare in vita. Le cronache riportano che ventisei anni dopo la sua frettolosa sepoltura, volendo la città rendere onore alla sua memoria, durante la traslazione, i becchini che raccolsero le spoglie mortali udirono, maneggiandone il teschio, il rumore d’un ciottolo, all’interno.
All’epoca non si diede peso all’accaduto, ma la scienza moderna attribuisce a quel ciottolo una natura ben precisa: un tumore cerebrale, calcificatosi mentre il resto del cervello si decomponeva. Malattia che spiegherebbe l’assurda – nella sua perfezione – morte di Edgar Allan Poe.
A noi, oggi, non resta altro che continuare a leggere i suoi racconti, e ammirare queste splendide illustrazioni.