Basato su una storia vera.
Quante volte lo abbiamo visto, in un trailer o sui titoli di testa di un film?
Nel 2004, la Disney presentò al pubblico Hidalgo, diretto da John Johnston e interpretato da Viggo Mortensen: la storia del mustang che aveva vinto la favolosa corsa attraverso l’Oceano di Fuoco, una gara per cavalli arabi che per oltre dieci secoli era stata la più dura e prestigiosa gara di resistenza del Medio Oriente.
Hidalgo era il cavallo di Frank Hopkins, un ex pony express che aveva all’attivo oltre cinquecento vittorie in gare di resistenza a cavallo.
Una grande epica.
Un’avventura emozionante.
Basata su una storia vera.
Peccato che fosse tutta una balla.
I primi ad avere dei sospetti furono i redattori di History Channel che, pagati per confezionare un documentario-marchetta che contribuisse a lanciare il film, contattarono la Long Riders Guild con una richiesta di aiuto.
I ragazzi di History Channel non erano riusciti a trovare materiale documentario sulla corsa.
Potevano i Long Riders fare di meglio?
La Long Riders Guild è un club di viaggiatori, aperto a chiunque abbia percorso almeno 1000 miglia in un unico viaggio senza interruzioni, a cavallo.
Il club, nel corso degli anni, ha sponsorizzato eventi e pubblicato studi e biografie di esploratori e viaggiatori.
Chi meglio di loro per verificare la storia di Frank Hopkins?
I Riders si misero al lavoro.
Cosa scoprirono i ragazzi della gilda?
Che era tutta una balla.
No, no, aspettate… era TUTTA una balla.
– Hopkins sosteneva di essere nato a Fort Laramie nel 1865 – ma da nessuna parte risulta, presso la Fort Laramie Historical Society, alcuna traccia degli antecedenti di Hopkins.
– Hopkins sosteneva di essere Sioux da parte di madre – ma anche di questo non si trova alcuna traccia.
– Hopkins raccontò di aver vinto la corsa da Galverston, Texas, a Rutland, Vermont, nel 1886 – ma il suo nome non compare in alcun giornale locale di Galverston fra il 1880 ed il 1890. D’altra parte nessuna corsa di cavalli ha mai avuto il suo traguardo a Rutland.
– Stando alle sue memorie, Hopkins fu una delle star del Buffalo Bill Wild West Show per nientemeno che trentadue anni – ma nel materiale conservato dal Museo di Buffalo Bill non risulta il nome di Hopkins da nessuna parte, né fra i collaboratori, né fra i semplici conoscenti di Bill Cody.
– Hopkins sostenne di aver cavalcato dalla Germania alla Mongolia – ma dobbiamo accettare la sua parola perché non ci sono prove a supporto.
– Hopkins sostenne di aver conosciuto Billy the Kid e di avergli salvato la vita – ma anche di questo non ci sono prove. Forse accadde da qualche parte fra la Germania e la Mongolia.
Quanto alla storia della corsa di 3.000 miglia attraverso l’Oceano di Fuoco, la sola idea destò l’ilarità dei curatori del Centro di Ricerca e Studi Islamici Re Faisal.
Non solo non si è mai tenuta una simile corsa nella penisola araba, men che meno come tradizione millenaria, ma la sola idea di sfiancare dei cavalli attraverso il deserto per quasi seimila chilometri appare palesemente ridicola.
Il sultano dello Yemen in persona escluse che ci fosse mai stata una corsa del genere organizzata ad Aden.
Allo stesso modo, non è vero che il mustang Hidalgo rimase in Arabia come campione da monta, dando origine ad una discendenza di cavalli bianchi.
I cavalli bianchi non esistono.
Hopkins era insomma un bugiardo patologico, un grande cacciaballe, un maestro nel farsi pubblicità.
Scrisse una quantità di storie sui propri exploit, che furono pubblicate su riviste pulp e giornali diversi fra gli anni ’20 e ’40 – fatto, questo, che gli permise di lasciare il proprio lavoro, come caposquadra scavatori in un cantiere della metropolitana di Philadelphia.
Il problema è, naturalmente, che molti gli credettero, e le sue storie – che erano storie, balle, fiction – vennero prese sul serio, considerate autentiche, e propagate e divulgate dopo la sua morte, avvenuta nel 1951 (o forse nel 1954 – neanche sul suo decesso esiste un consenso).
Quell’uomo era una leggenda (quasi letteralmente).
Nella seconda metà degli anni ’60 venne pubblicato un popolare “resoconto” della corsa araba – il volume sul quale, ipoteticamente, venne basata la sceneggiatura della Disney.
I risultati delle ricerche della Long Riders Guild causarono una certa costernazione.
Parecchi giornalisti che avevano lodato la pellicola come capolavoro di ricostruzione storica dovettero pubblicare delle smentite – alcuni lo fecero con classe, altri con un certo umorismo, parecchi con palese imbarazzo.
La Disney negò tutto.
Per loro il film rimaneva e rimane “basato su una storia vera” – sulla scorta di un singolo articolo comparso sul U.S. Remount Service Journal, nel 1936, che tuttavia nessuno ha mai visto se non lo sceneggiatore John Fusco.
Fusco, che ha all’attivo parecchie sceneggiature, inclusi i due Young Guns, e Forbidden Kingdom (il film con Jackie Chan e Jet Li), è anche il proprietario del sito frankhopkins.com – che nei dieci anni dall’uscita del film ha progressivamente ridotto l’attenzione riservata agli exploit di Hopkins per dedicarsi alla causa della protezione degli spanish mustang.
Ma ancora non ci sono ammissioni sul fatto che la storia non sia vera affatto.
Una figura pessima per la Disney, ed una faccenda incresciosa – né si tratta del primo caso: dopotutto già nel 1964 la House of Mouse aveva spacciato delle storie pulp per storia vera, con tanto di presentazione TV nella quale Walt Disney in persona raccontava le basi storiche di quella che era, invece, soltanto buona narrativa avventurosa.
Ma questa, come diceva quel tale, è un’altra storia.
Da tutta questa curiosa faccenda dell’Oceano di Fuoco e del cavallo che non corse mai quella corsa che non esisteva, gli unici a ricavare qualcosa, in termini di immagine e di introiti furono – meritatamente – i membri della Long Riders Guild, che coi proventi della consulenza per History Channel finanziarono le proprie attività editoriali, continuando a pubblicare splendidi volumi su viaggiatori e cavalieri.
Veri, però.
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L’articolo che avete letto è stato gentilmente redatto da Davide Mana per Book and Negative.