The Sinner (Die Sünderin – 1999, Petra Hammesfahr) ci cade sul capo in tempi strani. Difficile, infatti, mentre lo si guarda, non andare con la mente agli scandali sessuali hollywoodiani e non pensare che attrici dotate, come ho sempre pensato sia Jessica Biel, non siano rimaste nell’ombra per tanto, troppo tempo, solo perché non hanno fatto favori a qualcuno.
Un ruolo da protagonista principale a trentacinque anni suonati, dopo averne speso la metà a arrampicarsi cercando di non scomparire… Chissà, forse è un ottimo segno. O forse è solo indice di estrema fatica nel riuscire a ottenere il giusto.
Credo che l’atmosfera soffocante, perfettamente incarnata in questa serie dalla famiglia, sia in qualche modo rapportabile al mondo lavorativo – in tutti i settori – alla società intera.
E non è che le cose non funzionino. Il disagio, infatti, che trasuda dal tessuto narrativo, non mette in croce la famiglia in quanto istituzione da abbattere.
Tutto il contrario.
Piuttosto, io credo che si senta tantissimo la mancanza di evoluzione mentale, e quindi sociale.
In un mondo che cambia, in una società che cambia, il contrasto generato dalla presenza di un’istituzione immutabile, o creduta tale, quale la famiglia – costituita da obblighi, legami, doveri inderogabili – divenga, di fatto, percepito come insostenibile.
Per citare un solo esempio, relativo a un dialogo all’apparenza banale quanto la quotidianità in cui esso è inserito: Cora e Mason rientrano dal lavoro e pensano, per qualche istante, di non andare al pranzo in famiglia (la famiglia di lui), e di sgattaiolare al mare.
Non si può, perché la suocera si aspetta che loro siano lì, al tavolo, a pranzare insieme: è la sua ricompensa.
Una ricompensa pagata con l’insofferenza altrui.
E questo rapporto di debito costante verso l’altrui aspettativa – qui abbiamo la suocera, ma lei non è altro che il microcosmo che, opportunamente allargato, diventa la società intera, con le sue giostre di comportamenti dovuti, ma non sentiti – genera mostri.
Poi ok, Cora (Jessica Biel) esplode e ammazza un tizio in spiaggia, con una decina di coltellate. Questo il perno attorno a cui si incastra l’intreccio.
C’è, ovviamente, una spiegazione all’accaduto, nonostante sia subito ben chiaro che Cora, di motivi per ammazzare quel tizio, non ne ha.
Proviene, però, da una famiglia ultra-cattolica, e ultra-ipocrita, che le ha costruito attorno un mondo fittizio, antico, polveroso. Inutile.
A bilanciare il personaggio di Cora, c’è Harry Ambrose, un redivivo Bill Pullmann, che ormai ha assunto le fattezze del vecchio zio barbuto, quello simpatico, che ne ha viste di ogni, che lo rendono oggettivamente e immediatamente simpatico.
Ecco, il suo Harry è un uomo in età avanzata che, nonostante ci provi, vede sgretolarsi la sua di famiglia. Il suo matrimonio, tutto quello che ha costruito.
Ha gusti sessuali insoliti, Harry. Badate bene, ho usato l’aggettivo “insoliti”, non strani, o diversi. Significa poco comuni, non da giudicare, e non in quanto tali incompatibili con quella stessa istituzione tradizionale, al centro di tutto, la famiglia. La sua.
Non sono i gusti di Harry, il problema, né uno sfogo al dolore, sono solo un passatempo. Ciò che ha ammazzato il suo matrimonio non è quello, ma l’incomunicabilità con sua moglie.
E infine, l’ultimo vertice di questo triangolo di personaggi: Phoebe (Nadia Alexander), sorella di Cora, malata fin dalla nascita, assetata di quella vita, e di quelle istituzioni che non ha mai potuto avere, ma delle quali, come Cora, ha subito un’imposizione distorta.
Vediamo che, in realtà, il messaggio di The Sinner non è, come potrebbe banalmente apparire, la demolizione dell’istituzione familiare, ma la costruzione del dolore e della sofferenza della protagonista, delle violenze imposte, una storie di vittime finalmente riconosciute in quanto tali, e non colpevolizzate, vittime che hanno un passato terribile alle spalle e che, nonostante tutto, provano comunque a rifarsi una vita, come tutti gli altri, pur con la fatica, a volte assurda, di quegli stessi vincoli che amiamo imporci.
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LINK UTILE:
la canzone ossessiva, chiave di The Sinner