[contiene anticipazioni a pandemia]
Parlo spesso di guizzo registico. Che per me è l’intuizione, quella che, tralasciando il substrato costruito dal film, qualunque esso sia, riesce a comunicare un messaggio, magari attraverso un semplice dettaglio.
Ora il guizzo, in The Bay è sicuramente Miss Crostacea, la reginetta di bellezza di una città costiera del Maryland, che affaccia sulla baia.
Non so cos’abbia Barry Levinson contro le reginette, ma vedere lo stesso personaggio due volte, a inizio e a fine film, mutato, fa l’effetto del Karma che s’è incazzato e ha ristabilito gli equilibri, in primis, e poi sa di sapiente costruzione, di quelle che ti fanno ricordare un dettaglio all’inizio e riproporlo in chiusura, quella del cerchio.
In breve, The Bay è l’ennesimo film pandemico.
Con la pandemia che si scatena sulla tipica città in cui regna l’american way of life, devastandola.
Il tutto montato come un augmented mockumentary che sfrutta ogni risorsa elettronica in grado di fornire contenuti audio-video, e parliamo di qualunque cosa, a partire dalle telecamere nelle auto della polizia, quelle delle attività commerciali, fotocamere e cellulari, persino una microcamera infilata nella gola di un pesce, per mettere insieme un collage di eventi atti a ricostruire il diffondersi dell’infezione e i nefasti effetti sulla popolazione.
Facile satira a parte, con il suddetto annientamento in un microcosmo, la cittadina che è specchio degli interi Stati Uniti, il risultato è divertente quanto ambivalente.
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The Bay fa leva innanzitutto sulla mai sopita paura degli attacchi terroristici, seguita da quella dei disastri ambientali, ma anche su fobie più pratiche, una su tutte quella degli insetti.
Non di insetti si tratta, in effetti, quanto di minuscoli crostacei dall’aspetto ripugnante, questo:
La Cymothoa exigua, o Pulce di Mare. Abbastanza innocua per l’essere umano, che comunque talvolta ne è stato morso.
L’idea è mescolare il senso di disgusto che la vista del parassita provoca, a quella di vederlo crescere a muoversi (e divorare) il corpo umano dall’interno. Perché nel frattempo, la Exigua è stata nutrita dall’inquinamento, dalle tonnellate di merda di pollo riversate nelle acque della baia dai vicini allevamenti, e persino dalle radiazioni di una centrale nucleare.
Sembra la trama di un b-movie anni ’50, cosa che in effetti è. Interessante è comunque la realizzazione, che mescola a momenti tensivi fasi di indagine e reportage giornalistico, in perfetto stile documentario, realizzati con il tipico distacco dell’osservazione scientifica.
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Particolarmente efficaci le sequenze iniziali, ambientate durante la festa del 4 Luglio, interrotta improvvisamente da urla e panico. E il progressivo svelarsi della natura dell’infezione, attraverso tutti gli stadi, vomito, causato dall’infestazione di larve, comparsa di piaghe e vesciche, il movimento di qualcosa all’interno del corpo, specie nell’intestino, fino alla comparsa vera e propria del crostaceo, con lunghe e insistite inquadrature sulle ferite che i morsi sono in grado di infliggere al corpo umano.
The Bay scricchiola comunque sotto vari punti di vista, prima di tutto il tema, abusato, nonostante la piacevole variazione, in grado di suscitare ribrezzo. E, accanto alla pandemia, la vacillante coscienza ambientale, di noi tutti, quelle che si mette a tacere ogni volta che mettiamo il televisore in standby, persistendo nei nostri comportamenti un po’ perché non riusciamo a immaginare la catastrofe, un po’, forse per la maggiore, perché non ci crediamo, in fondo.
Il tema è stato sviscerato all’ennesima potenza. E questo, unito allo stile da documentario fa di The Bay nient’altro rispetto a ciò che è, buon intrattenimento che pretende forse di creare disagio, ma rispetto al quale ormai siamo insensibili.
Gli unici che ricorderanno davvero questo film sono quelli che detestano le creature dotate di carapace e tante zampette, per costoro guardare The Bay diventerà l’incubo peggiore.
Tutti gli altri, possono guardarlo e metterlo da parte, senza problemi.
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