[contiene qualche anticipazione]
Siete sposati da almeno quindici anni. Vostra moglie è carina, e siete ancora affiatati, dopo tutto questo tempo. Ha l’hobby del giardinaggio. E in questi giorni è impegnata a curare il giardino della vostra nuova casa, una villetta immersa nel verde, che state ancora sistemando.
Una rete metallica separa il vostro terreno dal bosco. E così, mentre vostra moglie torna in città per far compere, voi vi dedicate a esplorare la boscaglia.
Non vi interessa il bird watching. La verità è che, poco prima, laggiù, tra i cespugli, avete visto una ragazza, la più bella della vostra vita, che si spogliava.
E allora siete rimasti soli, vostra moglie è via, e voi potete andare a curiosare…
Cinema spagnolo. Di nuovo.
La cosa non vi sorprende più. E vi fa dannare, allo stesso tempo.
Non brilla per originalità. Questo no. E, ahimé, già il titolo di questo film, Los Cronocrímenes costituisce uno spoiler bello e buono. Tradotto in inglese è Time Crimes.
Non credo serva molto altro per capire di cosa si tratta. Non è l’originalità, quindi, né la saggezza di chi ha stabilito un titolo rivelante. È il fatto che questi film, che pure risentono di suggestioni moderne, tratte soprattutto da serie televisive coeve di produzione americana, li facciano a poca distanza da noi. Qui, dietro casa, in Spagna.
E finiamola qui. Tanto già lo sapete come la penso su quest’argomento.
Il film non è nuovo e si basa sul paradosso temporale. Ma è un film godibile, che vale mille titoli sterili girati dalle nostre parti.
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Suggestioni lostiane, innanzitutto. Héctor (Karra Elejalde) si muove in giardini e boschi, usando un furgone rosso, e giunge a un complesso, una struttura dalla architettura familiare, alla quale si arriva tramite un sentiero illuminato da strane luci. La struttura cela la macchina e, una volta scatenato il paradosso, vale il vecchio adagio. Impossibile porvi rimedio o alterare ciò che è stato. Il tempo, miei cari, è immutabile.
Design alla Lost, quindi, e, per i più scafati, un richiamo più che evidente a Darkman di Sam Raimi.
Inutile dilungarsi nel contenuto del film, significherebbe, al solito, rovinarvi la visione, in casi come questo.
Variazione sul tema, quindi, che rivela qualche situazione poco credibile, soprattutto nella rappresentazione dell’emotività dei personaggi che, a mio avviso, troppo facilmente accettano la realtà dei fatti, per quanto folle e assurda possa sembrare e, a volte, peccano di ingenuità nell’affrontare determinate situazioni.
Ma è interessante notare la maestria della tecnica a incastro. Decine di Fucili di Checov, inevitabili, però inseriti con sobrietà; tutti trovano la giusta collocazione nell’intreccio narrativo.
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Bárbara Goenaga è La Chica en el Bosque, accreditata proprio in questa maniera. E allora la Spagna ti piace ancora di più. Lei è bellissima. Héctor, il protagonista, simpatico ed efficiente nonostante la pancetta. I set coinvolgenti quanto basta. Gli interrogativi lasciati insoluti, per la maggior parte.
La breve durata, circa un’ora e trenta, impedisce forzature nello sviluppo della storia che è come il serpente che si morde la coda. Non comincia e non finisce.
L’unica cosa che cambia è il punto di vista.
Certo, gli interrogativi che nascono sono moltissimi, così come i dibattiti aventi come fulcro proprio una teoria, il viaggio nel tempo, e i suoi effetti che sono indimostrabili.
Alla fine il risultato è ancora una volta buono. Intrattenimento onesto e divertente se, come me, riuscite a cogliere gli omaggi inseriti dal regista.
Ancora una volta simbolo, questo film, e rimpianto: per quello che il nostro cinema potrebbe diventare e si ostina, caparbiamente, a non essere.
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