Lo sapete, no? Le commedie zombesche proprio non mi scendono. Non mi fanno ridere, non come Fracchia contro Dracula (1985). Voglio dire, voi ridereste guardando una zombie -che la scena prima era una strafiga (Amber Heard)- che cerca di mangiarsi un geek/nerd nel cesso della casa di quest’ultimo mentre il suddetto, per difendersi, la colpisce sulla testa con un rotolo di carta igienica? Ooohh…
Se la risposta è sì, allora Zombieland (2009) è il film che fa per voi.
A pensarci, sarebbe anche il film di Norys, ma quello ride anche quando vede un tizio starnutire o Jake Sully baciare Neytiri… ragion per cui, non fa testo. Ride per un nonnulla.
Per quel che mi riguarda, neppure l’osannato Shaun of the Dead (2004) mi è mai piaciuto, eppure è più intelligente e brillante di questo. Specie se si parte con l’enunciare una serie di regole idiote su come sopravvivere a Zombieland che appaiono odiose, spalmate in CG dove capita; perché si dovrebbe ridere vedendole, quasi facessero parte della scenografia.
Zombieland è il nostro mondo, affettuosamente ribattezzato così da non so chi, probabilmente dai superstiti o qualcosa del genere.
Regole di sopravvivenza, dicevo, enunciate dal geek/nerd di cui sopra, che risponde al nome di Columbus (Jesse Eisenberg), non si sa come, uno dei sopravvissuti all’apocalisse zombesca. Regole che dovrebbero costituire, almeno secondo chi le ha concepite, una feroce satira (?) del malcostume americano.
Se volete sopravvivere anche voi agli zombie non dovete essere ciccioni e, di contro, dovete sempre tenere le cinture di sicurezza allacciate.
Dovete procurarvi un compagno tosto, possibilmente dal nome pittoresco, tipo Tallahassee (Woody Harrelson), che è alla disperata ricerca di un twinkie, una cazzo di merendina ripiena introvabile, e che dice ogni cinque minuti, quando si appresta a entrare in un negozio pieno di zombie ciccioni -strana legge del contrappasso, i ciccioni muoiono tutti per trasformarsi in zombie bavosi massacrati dall’americano ignorante, ma tosto e cazzuto-, la frase storica del film: it’s time to nut up or shut up / è il momento di tirar fuori i coglioni o tacere.
Dopo aver rispettato queste prime semplici regolette, vi basterà trovare un paio di ragazze, di quelle dure, ex-truffatrici, sorelle, la prima in età da fidanzato, Wichita (Emma Stone), l’altra, la sorellina dodicenne, ancora una bambina, Little Rock (Abigail Breslin), ma già sveglia e ben avviata nella carriera criminale dalla sorella, e caricarvele in macchina per formare una famiglia zuccherosa dove “ognuno ha bisogno dell’altro” e recarsi in California in un Parco dei Divertimenti dove, sicuramente, dovrete affrontare qualche migliaio di cannibali morti, avendo però trovato prima il tempo di devastare un negozio di oggettistica etnica, da buoni americani, e di uccidere Bill Murray, quello vero, scampato al contagio, unico momento “riuscito” del film.
Ecco, più o meno Zombieland è tutto qui.
Lo sapevo io, quando lessi la recensione di Alex McNab, che troverete linkata alla fine dell’articolo, che non avevo alcuna ragione valida per vedere questo film. Dovevo ascoltare quella vocina che mi diceva di starne lontano. Eppure, qualcosa di positivo (!) c’è, oltre il cameo di Bill Murray.
Nonostante tutto, sono sempre stato un patito di zombie e apocalissi varie. Per cui adoro vedere tizi conciati in questo modo.
Make-up credibile, belle auto, tra tutte spicca l’Hummer gialla, e begli scorci di desolazione e di paesaggi spettrali, anche se si poteva fare meglio.
L’altra ragione è Emma Stone. Bella. Bellissima. Con la sua super husky voice, -per gli italiani, una voce bassa, roca, suadente- e i suoi occhi azzurrissimi e i suoi capelli rossissimi.
Un film che, scandalosamente, si conclude con un lieto fine zuccheroso del quale sinceramente non so neppure dire se sia intenzionalmente parodistico, oppure no. Tutti sono felici: il nerd che se la fa con Wichita, dura, ma dal cuore tenero; Tallahassee che ritrova la sua fottuta merendina e una figlia in Little Rock, e le due ragazze che, a loro volta, trovano, dopo aver stupidamente fatto rischiare la vita a tutti trascinandoli al Luna Park pieno di zombie, una vera famiglia allargata americana.
Non voglio dire che sia noioso, questo no. Non ci si addormenta e si può trovarlo anche risibile in alcuni frangenti, eccetto quando si eccede in riferimenti alla cultura-pop. Ma non è definito. Si passa un’ora buona a tentare di interpretare, di capire che cazzo di film si ha davanti: è una commedia romantica con zombie? No. Perché non c’è il romanticismo.
E’ un survival horror? Decisamente no. Perché non spaventa, né si sopravvive.
E’ una parodia? No. Perché non si ride.
E’ un pastrocchio di tutte e tre le cose. E se ve lo dice uno che DETESTA i generi, vuol dire che c’è proprio qualcosa che non va. Per di più senza carattere e/o trovate geniali. E per quanto riguarda le inside-jokes, sono talmente criptiche che vi dovrete sforzare per trovarle.
Toglieteci l’abbozzo di trama e vi rimarranno solo zombie al rallentatore, stupide morti, una stupidissima storia d’amore che pure i ragazzini di tredici anni troverebbero infantile ed Emma Stone.
Ma il testosterone non può essere l’unica ragione per guardarlo.
Link:
La recensione di Alex McNab
La recensione di Elvezio Sciallis
La recensione di The incredible shrinking man