Underground

Parliamo di donne

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William Friedkin sul set de L’Esorcista insieme a Linda Blair.

Sì, parliamo di donne.
Anche se il titolo originale di questo pezzo avrebbe dovuto essere “Dacci oggi il nostro horror quotidiano”, ripensando alle storie che più hanno traumatizzato la mia infanzia, ho stabilito che la principale causa d’orrore nella mia vita è rappresentata dalle donne.
Tutti femminili sono, infatti, i personaggi le cui vicende sono state capaci di togliermi il sonno.
Quindi la mia è una vita segnata (tipo cicatrici profonde) dal genere femminile.

Non fraintendetemi, adoro le donne. Sono fantastiche.
Ma è pur vero che, statistiche alla mano, solo loro hanno il potere di terrorizzarmi, oltre che affascinarmi. Tant’è che poi, preferisco scrivere di personaggi femminili e, quando si tratta di dare un volto all’orrore nei miei racconti, preferisco che sia un volto di donna (giovane, adulta o anziana che sia, fanno sempre paura). Materiale per psicologi, o anche no, semplice questione di gusti.
Da narratore trovo però che la figura femminile sia più profonda, anche e soprattutto a causa della possibile maternità, perfetta per mettere in scena traumi repressi e altre amenità. Devono aver pensato la stessa cosa tutti i signori che mi hanno preceduto, a cominciare da William Friedkin, qui sopra.
Parliamo quindi di un orrore sottile, che sedimenta, ma anche e soprattutto di estetica dell’orrore.


Com’è nato ‘sto ragionamento astruso che ho deciso di infliggervi di lunedì pomeriggio? È scaturito dalla recente visione di Insidious e di Insidious 2 di James Wan (sì, ne parleremo prossimamente. Forse.), dove un bambino e suo padre vanno a passeggio nell’Altrove, trovandolo popolato di spiriti malvagi.
In una di queste passeggiate, il papà si trova di fronte a una famigliola che viene sterminata a fucilate da una delle due figlie, che sorride come una scema.

***

Eccoci: per quanto mi riguarda, il mix ragazzina vestita elegante, coi capelli ordinati, armata di fucile, che sorride come una pazza dopo aver compiuto una strage, è… come dire… letale.
Ma non tanto per merito di Wan.
Quanto per merito di un’altra signora: Lizzie Borden.

Lizzie Borden
Lizzie Borden (Photo credit: Wikipedia)

Era l’estate del 1987, come sempre da queste parti torrida e odorosa di abeti cotti al sole.
Eravamo andati a trovare, io e i miei genitori, la sorella di mamma, in una villa in campagna, a qualche chilometro di distanza dalla nostra abitazione.
Come sempre accadeva, gli adulti si estraniavano parlando di faccende incomprensibili, e io cercavo di far passare il tempo come potevo, estasiato dalla recente lettura di un fumetto di Masters Of the Universe, dove uno Skeletor disegnato in modo prodigioso si avventurava insieme a Beast-man nei sotterranei del Castello di Greyskull per sottrarre la Spada del Potere, e curiosando nel reparto libri di mia zia, che, vivendo in campagna da sola, adorava i gialli a base di massacri. Tipico passatempo delle anziane signore che vivono da sole, nevvero?
Le copertine di questi volumi, in gran parte Mondadori, coi tipici cerchi, e Giallo Selezione, erano figlie dell’exploitation del decennio precedente: colori accesi, orrore sui volti realistici dei soggetti ritratti e altre e simili efferatezze.
Me ne capitò uno in particolare tra le mani, il Giallo Selezione n. 89: Il Caso di Lizzie Borden.

In copertina, una donna in abiti ottocenteschi macchiati di sangue s’allontanava correndo, col volto pieno di orrore, da una magione. Brandiva un’ascia anch’essa sporca di sangue.
Sulla parte inferiore, era riportata la maledetta filastrocca:

Lizzie Borden una scure pigliò,
e a suo padre quaranta colpi vibrò;
e quando vide ciò che aveva fatto,
ne diede alla madre ben quarantaquattro.

Sì, la versione inglese della filastrocca è leggermente diversa. Si trattava infatti di una traduzione in rima. Che è molto più efficace, a mio avviso.

Ecco, capite subito quanto possa essere dirompente la combinazione copertina atroce & filastrocca nera su un bambino di undici anni, cresciuto a pane e Lamù.
Sì, fino allora erano stati i cartoni giapponesi, più qualche infelicissima incursione di Regan (la bambina de L’Esorcista intepretata da Linda Blair, che mi aveva privato di tante notti di sonno) e di Cheryl (la sorella artista di Ash ne La Casa, che avevo paura si materializzasse in camera e mi piantasse una matita nella caviglia). Ma, come vedete, son sempre e solo… donne.

Comunque, arrivò Lizzie Borden e la sua ascia. Arrivò come un maglio, complice anche il fatto che in quelle settimane anche noi abitavamo in campagna: la villa non era certo una magione ottocentesca, ma era in campagna, ed era abbastanza isolato, là intorno. E un’ascia non era impossibile da trovare.
In più, c’era la questione imprevedibilità, tipica del crollo nervoso istantaneo: una dolce signora che si trasforma, nell’arco di pochi secondi, in un’assassina, salvo poi dimenticare tutto. Chi ha detto Profondo Rosso? Vi ho sentito! Sì, anche lì, guarda un po’, è colpa di una pazza psicotica.

***

Cropped screenshot of Bette Davis and Joan Cra...
Cropped screenshot of Bette Davis and Joan Crawford from the film Category:Whatever Happened to Baby Jane? (film) (Photo credit: Wikipedia)

Lizzie Borden, per la cronaca, fu una donna americana che nel 1892, all’età di 32 anni, fu processata e di seguito assolta per il duplice omicidio di suo padre e della matrigna, uccisi rispettivamente con 11 e 19 colpi. Di ascia.

Quindi c’era pure l’aggravante della storia vera. Ed era vera per davvero, stavolta.

Non fosse bastata Bette Davis che torturava la sorella Joan Crawford in Che fine ha fatto Baby Jane. Anche lì, l’aspetto da megera dell’attrice, il viso stravolto dalla maschera della follia era duro da mandare giù.

A questo punto vi starete domandando: che razza di infanzia hai avuto?

Niente di speciale, quella di tutti i miei coetanei, quando sebbene mancasse internet, si potevano raggiungere le storie di sano orrore dovunque si volesse, in edicola, in libreria, in TV, dove passavano filmetti delicati come Suspiria alle tre del pomeriggio, a ciclo continuo, senza filtri o censure.
Perché è vero, poi non si riusciva a dormire, dopo aver visto le maledette gemelline dell’Overlook Hotel (sì, lì c’era Jack Nicholson con l’ascia, è vero. Ma… anche lui era poco o nulla rispetto alla donna putrefatta nella vasca da bagno della camera 237, che rideva protendendo le mani gonfie verso Jack, o rispetto alle fottute gemelline: prima e dopo la cura, quando giacciono per terra nel maledetto corridoio. E l’ascia c’è anche lì.), ma l’horror era bello. E terribile. Un po’ come il sublime kantiano.

Era una paura positiva, che educava a temere il male, a diffidare dei pazzi col viso strano e delle signore sessantenni con le rotelle fuori posto. Ti insegnava a temere di svoltare in un corridoio, per paura di trovarsele di fronte entrambe e sentire le loro vocine sussurrare: Vieni a giocare con noi? Per sempre, per sempre, per sempre… e cose così.

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Le donne spaventose si celavano in ogni dove, e né la maschera da Hockey di Jason, né gli artigli di Freddy potevano competere col pianto di Azzurrina. Non c’è mai stata storia. Non hanno mai avuto una chance, i signori uomini.
Esse, i mostri, si celavano non tanto sotto al letto (perché il mio sotto aveva dei cassetti estraibili, quindi non c’era spazio perché qualcuno potesse infilarcisi, eh eh eh), ma erano sempre lì fuori, nel corridoio buio, ad aspettare pazienti che mi distraessi per farsi vedere all’improvviso e farmi venire un colpo.
E il dopo non aveva importanza. Non avrei saputo come reagire, una volta che si fossero mostrate. Ovviamente non è mai successo.
La magia era l’angoscia di vedere spuntare tutte queste donne terribili, create di proposito da autori (e autrici, forse) malvagi e sadici per popolare la mia infanzia di mostri.
E sapete che c’è? Che in fondo mi manca, quella sensazione. ^^

E voi? Parlatemi delle vostre paure, se vi aggrada.

Kick-ass writer, terrific editor, short-tempered human being. Please, DO hesitate to contact me by phone.
    • 10 anni ago

    […] Hell ha postato un bell’ articolo  sulle figure femminili che lo hanno terrorizzato e l’idea mi è talmente piaciuta che ho […]

    • 11 anni ago

    Come mio fratello ho una parola fortissima degli squali cementati non solo dal film di Spielberg ma anche da altre visioni o letture sull’argomento fatte in un periodo in cui credevo di esserne guarito (invece ho avuto una ricaduta con i controfiocchi). Poi le rane e li non me la so spiegare ma da sempre rane e batraci vari mi suscitano disgusto e repulsione al punto che al liceo nello scrivere un racconto cercai di descrivere la camminata di un mostro ome simile a quella di un rospo per trasmettere il mio disgusto a chi leggeva.
    P.S. Mannaggia a te Hell! Mi ero dimenticato di Azzurina e più che la sua storia c’è sempre stato il suo ritratto che mi impauriva (quello in cui ha la faccia tutta azzurra), stanotte non dormirò…

      • 11 anni ago

      Oddio, sono paure strane… soprattutto quella delle rane. Nel senso, lo squalo terrorizzò anche me, da bambino, ma sapevo che non mi avrebbe potuto toccare, fuori dall’acqua, mentre Azzurrina se ne fregava delle porte… 😀
      Quella delle rane non l’avevo mai sentita, mai sul serio. Ma c’è un dettaglio di esse che non sopporti, o proprio l’insieme?

        • 11 anni ago

        Mmmhh… Nemmeno io. Però può far sorgere bei racconti, secondo me. 😀

        • 11 anni ago

        Tutto l’insieme,ne ho talmente paura che una volta trovando alcuni rospi in giardino mentre portavo fuori la spazzatura feci il giro dalla parte opposta e scavalcai il cancello. E non ho proprio idea da dove salti fuori questa fobia.

    • 11 anni ago

    Sembrerà strano ma le mie paure sono sempre venute dal mondo animale. Soprattutto pesci ( e qui la colpa va sia a Spielberg che a Castellari…) ed insetti , in quanto troppo inumani ai miei occhi come forme di vita da un altro mondo. (Per gli insetti ho una tale fobia che quando ne trovo in casa gli schiaccio subito , l’idea di averne uno vivo che si muove nella stessa stanza dove mi trovo per me è insopportabile…)
    P.S. Il letto col cassettone l’avevo pure io , quindi niente paura del mostro sotto al letto ! 🙂

      • 11 anni ago

      Il letto col cassettone è indispensabile per un’infanzia felice. 😀

      Sì, in effetti è curiosa, la tua paura, perché sebbene abbia visto anche io gli stessi film, le maledette gemelline mi fanno più paura di qualunque insetto o squalo o altro. Anche se devo dire che l’estate scorsa mi son ritrovato uno scarafaggio in camera da letto e ho dovuto dargli la caccia per un’ora, finché non l’ho preso, altrimenti non avrei dormito. 😀