Underground

Le Torri di Santiago Vecino

A volte basta una singola illustrazione, a farti innamorare.
Nel mio caso, guardando il lavoro di Santiago Vecino, è bastata quella in copertina.
S’intitola Le cose che nascondi, vogliono uscire.
Mi sembra pregna al di là di qualunque spiegazioe superflua: l’essere umano raffigurato come un assemblato di tasselli tenuti insieme a stento, e i suoi segreti o desideri che approfittano delle fessure, create grazie al logorio del tempo, nell’armatura dell’apparenza, che tendono le mani per venire alla luce.

Santiago Vecino, Uruguay, la cosa più famosa l’ha fatta nel cinema, con la concept art e gli storyboard di Evil Dead (2013). Se avete visto il film sapete, quindi, che il suo è stato un ottimo lavoro.

Ma parliamo della sua opera.
Vecino ama le figure grottesche, e gli scenari grotteschi. L’Uomo-coro è forse esemplare di una certa mancanza di spina dorsale della classe politica, che parla senza identità, con una sola voce e gli sguardi sfuggenti, afflitti da vergogna e dolore insieme.

Particolarmente interessante, ho trovato poi, la serie delle torri.
Il soggetto è ricorrente, una torre che s’avvita su se stessa. Varia, oltre al colore e ai dettagli della torre stessa, l’ambiente dove essa sorge e l’oggetto, emblematico, o i personaggi, che la struttura ospita sulla cima.
Il colpo d’occhio è suggestivo, la figura della torre in quanto tale, con la sua altezza vertiginosa è sia fuga che nascondiglio.
Fuga perché lontana dalla superficie, se l’è lasciata indietro; nascondiglio perché ciò che è celato lassù, lo conoscono in pochi, solo quelli che, per svariate ragioni, decidono di percorrere la stretta scalinata fino alla vetta.


La Torre di Mabel (si apprezzi il gioco di parole in luogo di Babel) sulla sommità ospita un fiore che, diligentemnete e con caparbietà, viene innaffiato da una vecchia signora. Forse l’idea di una giovinezza perduta, o la speranza di un sogno.

In Mano a Mano, due uomini di bell’aspetto si sfidano a carte. Sono arrivati lì in barca, dove nessuno li disturberà.

Ne Il Colpo, un tuffatore colto nell’atto di centrare la striminzita piscina in cima all’ennesima torre. Volontà e ossessione, forse.

Ne Il Respiro della Natura, la torre ospita un praticello brucato da una mucca. Un tipo alto e magro, vestito elegante, la munge. Tutt’attorno, un panorama metropolitano e zero tracce di natura selvaggia.
Forse un’ode alla natura scomparsa, che non importa quanto piccola sia diventata, continuerà a essere sfruttata da pochi, fino alla fine.

LINK UTILE:

il sito dell’artista

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