Underground

Il fandom e la religione

Oggi, complice un blackout programmato, ho letto più del solito.
Sì, dai libri di carta (sempre benedetti, bla bla bla), ma anche un articolo online, dal mio cellulare, sfidando la durata della batteria.
Un articolo su Star Wars. Sul suo fandom.
O, meglio ancora, sul suo fandom dopo The Last Jedi.
Che poi allargava il discorso al fandom in generale.
Perché qualcuno se n’è accorto, finalmente: che certe reazioni verso un film da parte di persone adulte sono un tantino… sproporzionate.

Addirittura, hanno scomodato gli antropologi, per riuscire a capire cosa diavolo stia succedendo tra i fan e l’oggetto del loro fandom. Reazioni che, almeno sulla carta, non sono tanto dissimili da quelle degli integralisti religiosi.
Ecco, qualcosa che Susan Kresnicka, antropologa, spiega così:

“It seems important to understand that fandom is different from other forms of affinity we experience. When we are fans, the object of fandom (OOF) meets very real, very important human needs—needs surrounding self-care, social-connection and identity.
When we are fans, the object of fandom comes to represent some facet of who we consider ourselves to be—our moral values, our beliefs, our politics, our priorities, our approach to life, etc… So when we are defending our OOFs, we are defending ourselves, which helps to explain the passion and vehemence that characterize our reactions.”

Il fandom “è differente da qualunque forma di affinità” che abbiamo mai sperimentato.
Quello del fandom è un momento storico di grande cambiamento, e come tale va considerato, compreso, analizzato.

– primo inciso: quando eravamo noi, coi nostri piccoli blog, a dire che i fanz erano dei fottuti psicopatici, eravamo noi, gli stronzi. Ora che lo dicono psicologi, antropologi e paraculati dell’editoria… be’, allora, forse hanno ragione. I nerd che hanno vinto, o almeno una parte di essi è costituita da fottuti psicopatici, può essere… –

L’oggetto del fandom viene eletto a modello socio-politico-culturale. A un credo. Quindi, quando il fandom digrigna i denti perché Rian Johnson “ha ucciso la loro infanzia e la loro religione”, questa gente dice sul serio, e lo dice nello strenuo, e per loro di sicuro utile tentativo di difendere la propria identità.

E si deve prendere sul serio la questione.
A livello intrinseco, non c’è nessuna differenza tra le ragioni alla base delle guerre di religione (storiche) e le guerre tra fandom. Non c’è alcuna differenza tra l’uccidere a causa del credo intorno alla natura di Cristo (se umana o divina) o per la natura di Luke Skywalker, la cui “eredità” è stata rovinata da Johnson.

Una delle immagini simbolo del “Gamergate”, laddove alle donne non era concesso, in teoria, invadere un territorio di esclusiva pertinenza maschile, come quello dei videogiochi, e per questo erano perseguitate, insultate e minacciate di morte e violenza.

A questo fondamentalismo dobbiamo aggiungere il carico da dieci, da cento va, portato da internet e dalla comunicazione globale.
Nessuno sa rispondere al quesito se, prima dell’era digitale e della comunicazione di massa, esistevano già dei fan-integralisti che non tolleravano, avendo oggettivizzato il loro oggetto di culto, e avendolo eletto a feticcio, alcuna modifica reale o percepita a tale oggetto, e che soprattutto reagivano con violenza.

Come ho sempre detto, probabilmente il problema del fan integralista è sempre esistito, ma non avendo un luogo di raduno, mancava della base di supporto necessaria per fare squadra e, insieme, vincere la ritrosia naturale che si prova a dare del coglione a un regista famoso che maneggia milioni di dollari. In pubblico, da soli, è difficile essere pazzi, ma al fianco di centinaia di migliaia di tuoi simili, be’, la faccenda diventa interessante…
I social network hanno azzerato qualsiasi distanza, o differenza. Hanno confuso posizioni e ruoli.

E poi, diciamocelo, è un problema storico: non si può ragionare coi fondamentalisti (di qualunque fede). Se uno è persuaso che un vecchio immaginario stia seduto, al confine dell’universo conosciuto, a guardarci masturbare e a giudicarci per questo, che cosa mai vuoi raccontargli, a ‘sto qui?

Però, ecco, quel che ho notato io, che in internet ci bazzico un bel po’, è un incredibile aumento della violenza verbale.

Il fandom è sempre esistito. E probabilmente, anzi sicuramente, i fan sani.

– quattro anni fa, nell’età d’oro di Game of Thrones, i fan saputelli [ che avevano letto i libri ] non facevano passare un secondo uno senza farti notare che “nel libro era più bello, diverso, più arancione”, e lo facevano con aria di superiorità, del maestrino che spiega la storia ai coglioni che non avevano letto e che si stavano godendo la serie TV, per dire… –

Ma no, secondo me non ha più senso la distinzione consolatoria tra fan sani e troll, attribuendo a questi ultimi ogni nefandezza.
Anche qui, c’è un abuso della definizione. Il troll è colui che semina confusione, odio, zizzania, per divertimento. Non è nemmeno interessato all’oggetto della discussione, o del fandom, ma finge di esserlo.
Non è nemmeno necessariamente razzista, omofobo, maschilista o quant’altro, ma può fingere di esserlo, sempre per divertimento.

Qui siamo andati oltre.
Siamo in presenza, come detto sopra, di gente che difende una fede, contro ogni ragione, come se da un film ne andasse dell’immagine di sé, della percezione della propria vita o idea di vita.
Che poi, questa idea di vita corrisponda, caso strano, a tutto ciò che di negativo avremmo dovuto lasciare nel Novecento, be’… nemmeno questo può essere considerato un caso, ma un ennesimo fenomeno di cambiamento sociale che, in quanto contemporanei, non riusciamo né a vedere con chiarezza, né a gestire/interpretare adeguatamente.
Probabilmente, fenomeni sì macroscopici pretenderebbero maggiore attenzione.
E possiamo chiamarli in tutti i modi, ma non liquidare la questione in modo sbrigativo, “tanto è un troll”.

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