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Il dialogo sull’essere umano di David Ho

lookinginwardDavid Ho è nato, cresciuto, ha studiato, s’è lasciato ispirare da suggestioni universali e ora, nelle sue stesse parole, “crea arte digitale oscura”.
Con il suo Mac.
Qualcosa, nel processo di crescita, deve aver sedimentato più che negli altri.
Semi quali il divino, la paura per la salute, la corruzione, le illusioni dei grandi temi, il disturbo, l’ossessione.

In scena, come sempre, l’unico modo che abbiamo per rapportarci col creato, a nostra misura:
l’essere umano.

Noi siamo il mondo che abbiamo creato.
Difficile a credersi. Alcuni troveranno riduttiva questa definizione, eppure non facciamo altro che disegnare il mondo a nostra misura.
Creiamo edifici e infrastrutture adatte a noi, e a noi soltanto. E veicoli, aerei, strumenti per sondare sia il nostro pianeta, che l’universo.
Per trovare risorse sfruttabili che migliorino la nostra vita.
Per trovare esseri intelligenti, che con desiderio e terrore non possiamo far altro che immaginare simili a noi.
Ancora una volta: è l’uguaglianza, che cerchiamo.

perhapsE la cerchiamo non solo nella praticità di esseri identici e scoperte alla nostra portata e a noi utili, ma questo desiderio di identità lo cerchiamo anche nell’astrazione.
La paura, l’amore, la venerazione di dio.
Un dio, che, come David Ho ipotizza, forse abbiamo creato noi stessi, guarda caso un Dio che condivide con noi il proprio aspetto, che ha creato le proprie creature a sua misura, quindi a nostra.
E che le creature hanno creato, montandolo, pezzo dopo pezzo, facendogli attraversare insieme a noi le epoche, l’evoluzione storica, facendolo adattare.

the_healerL’uomo è creatura irrazionalmente razionale, spinta ogni istante a sopprimere la ragione per lasciar spazio ad automatismi appresi da una vita di routine (Avete mai fatto caso a quando vi allacciate le scarpe? Ci riflettere, mentre lo fate?), a foschi e inquietanti interrogativi sul nostro passato, sulla nostra salute fisica, sulla nostra coscienza; in ciò che noi immaginiamo come un dialogo eterno con vettori superiori.
Vettori che, probabilmente, sono immagini di noi stessi.
Una scissione da personalità multipla che è, in verità, un monologo assai semplice, complesso solo all’apparenza. Siamo stati noi, ancora una volta, a decorarlo fino a farlo sembrare incomprensibile.

Bellissime opere, creazioni oscure: arte digitale asservita all’allucinazione.
Uomini e pesci, che a partire dal Cristianesimo fino alla moderna cosmogonia pagana di Lovecraft, rappresentano il divino.
Donne che baciano uomini dalle sembianze di pesci, che sembrano appena usciti da qualche catapecchia del piccolo villaggio portuale di Innsmouth.
Ragni che s’appolaiano sopra la testa, a mo’ di capigliatura, che rappresentano l’angoscia.
Lumache che seguono saliere: una corsa verso l’eccesso e il diabete condotta da noi stessi.
Maschere dall’espressione di quiete che celano buchi neri dell’anima.
Destrutturazione dell’Io.
E ancora buchi nella memoria, tasselli mancanti di un puzzle complesso. Dati corrotti di un’esistenza che appare magnifica nella realizzazione, complessa, sublime. E allo stesso tempo origine degli stessi mali che essa teme.

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L’essere umano, o meglio ancora, la civiltà che egli ha generato ha creato da sé la propria nemesi, il dio che deve giudicarli, per sopportare il peso delle azioni gigantesche che essa ha fin qui compiuto e che continua a compiere.

L’uomo ha ucciso dio, sosteneva Nietzsche, ora deve solo rendersi degno di tale atto.

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Link utili:
The Art of David Ho

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