Underground

Il dialogo sui mostri di John Kenn Mortensen

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Danese, classe 1978, sui suoi blog si presenta così: autore e regista di spettacoli televisivi che, nel tempo libero, si munisce di post-it e di matite e disegna…
mostri.

mortensen2John Kenn Mortensen ha inconsapevolmente veicolato una nuova forma d’arte, gli Sticky Monsters (come si intitola la sua raccolta, che potete trovare in vendita su Amazon), i mostri da attaccare.
Ricordate le pin-up? Perché si chiamavano così? Stessa cosa.
Varia il soggetto, naturalmente.
Mortensen attinge a piene mani dal fiabesco, i mostri generati dal sonno della ragione. Un sonno naturale, però, quello dell’infanzia e della fanciullezza. Quando i confini tra le dimensioni sono labili, e ci si crede sul serio, addentrandosi in una stanza buia, che occhi enormi e bocche zannute si schiudano al nostro passaggio, per poi sparire una volta che la nostra mano incerta ha trovato l’interruttore della luce.

john358Insomma, i post-it di Mortensen, oltre a conferire a tutte le scene ivi ritratte un persistente colore giallo, proprio della carta, mostrano spesso esseri umani, giovanissimi, bambini, ma anche adulti, impegnati a vivere la loro vita in varie attività: pescare, passeggiare, ammirare ignari il panorama e, dall’altra parte, creature gigantesche e mostruose che, al contrario, sono ben coscienti della presenza di questi “intrusi” e stanno per palesare la loro presenza.

john362Si potrebbero definire tavole “d’attesa”, l’attesa perenne della scoperta, che non avverrà mai. Quindi Mortensen riesce nel complicato obiettivo di preservare il realismo scettico della nostra realtà costantemente insidiato dalla meraviglia del monstrum, il prodigio, che però è svelata soltanto a noi, restando, per ciò che concerne il mondo giallo della sua arte, in potenza, senza che mai abbia facoltà di irrompere nel quotidiano dei protagonisti umani e sconvolgerlo.
L’arte di Mortensen è quindi horror potenziale. Ne presenta ogni caratteristica saliente, ma non diviene mai.
D’altronde, il colore rosso, che è probabilmente conseguenza ultima di questi incontri, non esiste, non viene mai mostrato, restando come un’eco di un futuro che mai si concretizzerà.
Magnifico.

mortensen3All’attesa, poi si contrappongono altri tipi di incontri, quelli impossibili, in cui il mostro, pur essendo in piena vista rispetto al suo interlocutore umano, non suscita alcun tipo di reazione; forse qui c’è un richiamo alla morte del fantastico, quando le nostre menti sono così addormentate dall’aver dimenticato la nostra capacità di sognare, di fatto rendendo per sempre invisibile ai nostri occhi la fantasia.
Oppure ancora delle tavole in cui i bambini sono prigionieri di orchi: archetipo della fiaba, contrapposizione di innocenza e orrore, destino segnato per i deboli che sono tutti destinati a perire, o quasi.
Ché di solito, nelle fiabe, uno dei protagonisti, sette fratelli, sette porcellini o capretti, si salva per fortuna o astuzia, capovolgendo la situazione in suo favore.

John Kenn Mortensen è in grado di suscitare tutto ciò attraverso dei foglietti gialli adesivi, dei post-it, e un sapiente uso delle matite, che ricalcano i mostri già presenti sullo sfondo.
Ci sono, sono immensi, ci aspettano. Solo che noi altri non siamo più capaci di riconoscerli. Ci sediamo accanto a loro, peschiamo seduti sopra di loro convinti che si tratti di un’isoletta, diamo loro le spalle, accomodati sulla nostra poltrona.
Ma loro non ci hanno mai dimenticato.

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