Underground

Il Deus ex Machina di Tony Soprano

In queste settimane sto guardando di nuovo I Soprano, serie incentrata sulle vicende di una famiglia mafiosa del New Jersey.
Non vuol essere, questo, un post dedicato al telefilm, anche se mi riservo, nel caso foste interessati, di parlarne in maniera più approfondita. Invece, è un post veloce, senza troppe pretese, nato come al solito da suggestioni pescate qua e là, in rete.
Ieri ero alle prese col finale della seconda stagione, l’episodio 2×13. Se non volete spoiler, fermate qui la lettura.
Per riassumere, Tony (James Gandolfini) conduce i suoi loschi affari a base di mazzette in locali e ristoranti e finisce col beccarsi un’intossicazione alimentare che lo tiene sul water quasi tutta la notte; nei rari momenti in cui riesce a riposare, ha degli incubi in cui le vecchie paure, mai sopite del tutto, che nell’organizzazione possa esserci una spia, vengono di nuovo alla luce.
Ma accade anche di più, i sogni di Tony assumono carattere profetico-allucinatorio, con tanto di agnizione finale, Tony riconosce nel suo amico e compagno di scorribande Pussy Bonpensiero (Vincent Pastore) il traditore. Di più, lui stesso, trasformatosi in cernia (se non erro; QUI il video) sul banco del pesce, insieme ad altri suoi simili (qui entra in ballo la famosa frase “sta a dormire coi pesci”, già udita ne Il Padrino”) confessa a Tony di essere una spia dell’FBI e di aspettarsi una punizione.
Detto fatto, la mattina dopo, benché ancora provato dalla nottata, Tony si reca a casa di Pussy scoprendo le prove del misfatto (un microfono in una scatola di sigari), e di seguito con lo stesso Pussy, Silvio (Steve Van Zandt) e Paulie (Tony Sirico) in mare aperto, con la scusa di dover provare una barca prima di acquistarla.

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Lì avviene il regolamento di conti, sanguinoso quanto ci si può aspettare. Per farla breve, tutto il finale è strutturato su una forma di Deus ex Machina.
Fino a quel momento, infatti, le mosse di Pussy, con la copertura dell’FBI sono state credibili. Nessuno sbaglio che potesse tradire la sua natura di spia. Tony stesso era convinto di essere al sicuro e di aver eliminato, erroneamente, l’anno prima, il traditore della sua famiglia.
Però, basta una notte agitata, dei sogni, e una confessione che sa di allucinazione, a far sì che uno come lui creda a questa rivelazione e agisca di conseguenza, arrivando fino a ammazzare il suo amico.
È vero, ha trovato le prove prima di decidere se uscire in barca, ma ciò che ha dato inizio a quell’azione, altrimenti mai compiuta, è stato solo un sogno dettato da febbre e delirio. Una cosa che ha il sapore dell’intervento divino, del fantasma che rivela sordidi segreti e il nome del colpevole, di veleno versato nelle orecchie ai dormienti, per ammazzarli.
Insomma, una soluzione d’intreccio che più classica non si può.
E io sono d’accordo con la maggior parte di voi, non sopporto questo trucchetto narrativo. Sa di scarso impegno, di scorciatoia.

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Eppure, devo ammettere che, nel caso de I Soprano, funziona. Alla grande.
Complice sicuramente la qualità della regia e della sceneggiatura che hanno manipolato, neanche tanto a dire il vero, l’elemento caratterizzante e ne hanno estratto una variante di pregio.
Il Deus ex-machina onirico di Tony funziona, ben si sposa con la natura del personaggio, superstizioso, depresso, nevrotico, che ha imparato, nel corso delle due stagioni precedenti, a dare ascolto ai sogni, a interpretarli quali segnali del subconscio, complice la terapia portata avanti con la Dottoressa Melfi (Lorraine Bracco).
Quindi, può essere alla fin fine rivelazione onirica, ma anche decisione rischiosa presa dallo stesso Tony. Il risultato è identico, mimetico e ottimamente sfruttato.
Ribadire, quindi, che ogni elemento lavora pro o contro la resa di un testo a seconda dell’utilizzo che se ne fa, sembra scontato, ma essenziale.
La mia sfida sarebbe quella di scrivere un racconto colmo di clichè e strumenti narrativi classici, ma lo stesso avvincente.
Le motivazioni? Se si può fare, non è obbligatorio farlo, ma ci si può provare, con molto divertimento.
Ogni suggerimento in merito è ben accetto.
Cosa non sopportate voi, in un racconto?

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  • Premetto che non detesto particolarmente i clichè , più che altro il loro abuso.In un racconto mi da particolarmente sui nervi quando un autore sembra scrivere in base ad un background che solo conosce. Non perchè sia un fanatico dello spiegone , ma perchè spesso il racconto diventa incomprensibile, pieno di riferimenti che solo lo scrittore sa. E che non ha nemmeno pensato di suggerire al lettore.

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  • Io trovo insopportabile l’abuso dei deus ex machina.
    E’ utile salvare i propri personaggi con un “intervento divino” (o una semplice botta di ulo), ma sfruttare in continuazione simili espedienti nuoce gravemente alla credibilità della storia e fa perdere fiducia nei personaggi stessi. Ed è oltretutto sinonimo di pigrizia, come dici tu.
    Non mi dispiacciono i clichè, anzi. E’ che muovere una storia a forza di colpi di fortuna funziona solo nelle commedie. 😀
    Con questo cosa voglio dire: i d.e.m. possono anche funzionare, ma quando sono troppi mi fanno arrabbiare.