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Cavour Cacciatore di Vampiri – Capitolo 5: Chrysalis

Attenzione! La seguente è un’opera di fantasia dai contenuti violenti, inadatta ai minori di spirito.

5 Settembre 1835

Ricordo quando uccisi il lupo. Nel fitto del bosco, accucciato tra i ruvidi pini e la nuda roccia, si leccava le zampe lorde di sangue, nel meriggiare.
Le mie dita sporche di resina, e l’odore di terra e di merda di lupi nelle narici, addosso. Pietro accanto, accovacciato, m’insegnava a diventare un cacciatore, il viso incrostato, tra i capelli fronde di aghi.
La polvere impiegò istanti, ad accendersi. Il fumo bianco mi accecò. Sopraggiunse lo scoppio. Quando riaprii gli occhi, la bestia giaceva su un fianco, gli arti rigidi, protesi in alto, la testa molle, la lingua penzoloni, recisa di netto dalle zanne serrate.
Chiudo gli occhi e respiro, in attesa, come fosse quel giorno di tanti anni addietro. In mano la pistola carica. Alla cinghia il coltello.
Il crocifisso che porto al collo è caldo, lo sento sotto la camicia. Lo cerco con le dita, le insinuo tra le pieghe del tessuto. Lo trovo, lo stringo. La pelle del petto brucia, come fosse a contatto con l’ortica. Adesso bruciano anche i polpastrelli.
Sbircio dalla fessura della porta. Germaine è a terra nella penombra, dopo essere… caduta. Era fredda come sono i morti, di più, quando mi ha urtato, facendomi ruzzolare di fianco dal terrore.
Giace supina, la testa ruotata in verticale verso le assi di legno, in un angolo impossibile. Guarda verso di me, il braccio allungato e il dito puntato, immobile, ma è come se non vedesse. Assente. Mi ricorda quel lupo.

Ruote veloci e trottare di cavalli, là fuori. Aria sbuffata in vapore dalle froge allargate. I nitriti isterici, gli animali sono nervosi. Stringo ancora l’arma e richiudo la porta. I passi veloci nella sala dabbasso, attutiti dai tappeti, anticipano la vista di Pietro e del medico. Il primo porta il fucile e il lume, il secondo la borsa nera, rigida, coi ferri, affannato.
«Buonasera, Eccellenza. Il vostro servo mi ha dato i denari, ma non mi ha detto…» Questo è ciò che sussurra, ma il suo sguardo si posa sulla pistola e lì rimane.
Giro la maniglia e entro. Mi faccio accosto, in modo che possa vedere. Entrano insieme, il dottore sospinto da Pietro, che l’ha preso per un braccio; alza il lume e spande la luce.
«Oh, mio Dio…» esclama quello.
Non un movimento, un sospiro o un lamento da parte di Germaine. Mi faccio dappresso, pesto qualcosa e scivolo, urtando il ginocchio.
Pietro avvicina il lume a olio. Sulle assi una scia di grasso e poltiglia che conduce fino a un sacchetto minuscolo, poco più grande di un palmo: una membrana viscida,. Come un aborto di cane.
«Che diavolo sta succedendo qui?» urla il medico. Germaine abbassa il braccio. Sangue e vomito per terra, vicino alla testa, e sul viso, intorno alla bocca.
La croce sul petto si raffredda.
«Salassatela, svelto!» ordino.

«Voi capite, Eccellenza, che un corpo umano, di una donna in particolare, non potrebbe mai contenere tutto quel sangue?» argomenta il medico, tergendosi le perle di sudore dalla fronte col fazzoletto, crucciato lo sguardo, fisso alla cosa raccolta.
Sull’asse di marmo in cucina, dove Pietro scuoia le lepri che caccia, apriamo con un coltello la piccola crisalide viscosa. Dentro c’è una fata.
Marrone, sporca come i nascituri. Le ali d’insetto sono due moncherini non ancora schiusi. La testa schiacciata, forse quando l’ho calpestata. È morta.
Il medico guarda fisso verso di me, adesso, ansioso d’una qualunque sciocca risposta.
«Pietro, ci occorre il liquido che adopera quel Mathieu. Vai in città e domandagliene un po’, con gentilezza…»
Si muove, prendendo l’uomo di scienza dalla collottola e trascinandolo dietro di sé, balbettante.

***

2 Dicembre 1844

Sorrido immaginando Garibaldi, avvolto in una mantella rossa per celare il sangue dei macellai come lui, che dibatte nella Sala adibita a Parlamento, coi nobili senatori che lo stanno a sentire, l’eroe. Il Parlamento dell’Italia futura.
Germaine sostiene ch’io riesca a percepire le cose a venire, ma a me non sembra.
Le tengo la mano, con l’altra lei si aggiusta la fascia celeste intorno al collo, col piccolo crocifisso. Lo tasta con le dita e poi mi rivolge uno sguardo sereno, insieme a un piccolo sorriso.
La carrozza ondeggia e sferraglia. Nella notte si possono solo intuire i contorni degli alberi, all’esterno. A quelli è rivolta l’attenzione della mia dama. Ne scruta gli invisibili dettagli, che le appaiono chiari.
L’altro ieri ha sognato della Caccia, portata avanti da lupi famelici con occhi di brace, condotti da un cavaliere nudo, su un cavallo scheletrico, fino a un lago nel mezzo del bosco, dove fate infernali preparavano un rituale, intente alla danza.
Anche Germaine vede. Cosa, non è dato sapere. Forse, sono i sogni di un demone. Hanno tale forza… sono vividi. Mi domando come la sua mente possa ancora accettarli. Mi domando se Nina avesse simili sogni, prima di volare dal balcone…
Apro la borsa, rivedo i documenti. Torino ha bisogno di una Banca. Questo durante il giorno. Di notte, le serve un Cacciatore.

Pagina del Risorgimento di Tenebra e capitoli precedenti, QUI

Un ringraziamento al Doktor Mana, ché mi ha ricordato la Caccia.

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  • Permettiti, permettiti: ti riesce troppo bene ^^
    Per me fila. La storia è ancora all’inizio, ci sono cose solo accennate che verranno di certo sviluppate nei prossimi capitoli. Considerato che si tratta di una storia a puntate, scritta bene, bene orchestrata e che promette uno sviluppo con i fiocchi, un po’ di ermeticità e l’attesa (del prossimo capitolo e che la trama si sveli) ci stanno tutte ^^

    • Ok, perfetto. Grazie mille del parere. 😉

  • Ancora 1835, anche se mi è piaciuta molto la Germaine del 1844.
    Questa storia delle fatine è fantastica. Adoro quelle piccole bastardelle ^^ Vive o morte, fa lo stesso.

    • Bene, bene, mi fa piacere. Quindi la storia sta filando, secondo te? Considera che mi sto davvero sforzando per rendere organici e il meno possibile noiosi i vari passaggi, sempre restando nei limiti. ^^
      Le fatine hanno una logica. Mi sono permesso di inventare una mia personale mitologia, a riguardo… 😉

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  • Simpatiche da morire ! 😉

  • Le fatine ? Peggio degli scarafaggi !!!
    (Con tante scuse a Joe Dante!)

    • Joe Dante, porello. Comunque le mie fatine sono disgustose, ma simpaticissime, nevvero? 😀

  • L’attesa come al solito non ha deluso le aspettative :D…ma povera fatina 🙁

    • Povera cosa? Quella creatura orribile e disgustosa. 😉

  • Sempre più interessante …
    (Non è che nella prossima parte ci dobbiamo aspettare qualche fatina sezionata , per caso ?)

    • @Roberto
      A dire il vero avrei voluto scrivere qualcosa del genere già in questo capitolo. Spazio tiranno… 😉

  • Atmosfera sempre fascinosa, e il linguaggio è ogni volta quello giusto.

    P.S. Maqquant’è figa ‘sta cosa delle Fate, che a me poi son sempre piaciute nella loro natura più oscura e morbosa, altro che Trilly Campanellino, le Winx o Edward Cullen.

    • @Giuda
      Ah, ma EC è considerato una fata? ^^
      Grazie per aver letto. Le fate… non so perché m’è venuta l’idea di associarle, ma ti assicuro che hanno una loro dimensione ben precisa, nel racconto. Racconto che, come ha intuito Gianluca, procede molto lento. Uhm… chissà quanto durerà.
      😀

  • Uber figo, Cap, Uber figo.
    Lo farò leggere al ragazzo a cui faccio ripetizioni per fargli ripassare storia come si deve 😀

    • Qualcuno mi ha proposto di fare un Bignami. 😀
      Thanks, Lucy. 😉

  • La descrizione della caccia al lupo mi è piaciuta molto.
    “Torino ha bisogno di una Banca. Questo durante il giorno. Di notte, le serve un Cacciatore.”
    Da far incorniciare e appendere nella casa della figgagine:-)

    • Ma sul serio? Potrebbe far parte della venatura pulp. 😀
      Che poi c’è da dire che sono costretto a contenermi per via del limite auto-imposto di mille parole. Mi verrebbero molte altre cose da aggiungere, ma mi censuro.

  • Cavoli, mi mancava Cavour… 🙂

    Ormai per me sta diventando un appuntamento con un mondo sempre più vivido, con personaggi sempre più intriganti, con una storia che si dipana senza fretta. E poi, insomma, la finezza di schiacciare la fatina senza nemmeno accorgersene… 😉

    Ciao,
    Gianluca

    • Be’, era buio… 😀
      😉
      Chissà quanti capitoli scriverò. Potrebbe diventare un bel librozzo.