Underground

Bloccare Facebook (per sostituirlo con un social network di stato)

Già. Bloccarlo, per sostituirlo con un social network di stato.
Viviamo in tempi spettacolari.
A causa/per merito dei continui, enormi cambiamenti che si verificano ogni singolo secondo.
Sì, la situazione politica italiana è senz’altro uno di questi, spinge a fantasticare su cosa sarà dell’Italia tra dieci anni.
E tuttavia, non ho mai fatto politica su questo blog e non comincerò certo oggi, ma una cosa l’ho fatta, in tutti questi anni, vivere l’internet.
Incredibilmente, sono qui dal 2009.

Cominciano a essere tanti anni. E sì, ora posso dire che l’internet è cambiata parecchio, in questi nove anni. E cambierà ancora.
E il maggior responsabile, sia in positivo che in negativo, può essere considerato Facebook.
Ancora, sei, sette anni fa, era pensabile un approccio a internet che non prevedesse facebook, meno frenetico, più qualitativo.
Alcuni dei miei migliori amici, oggi, li ho conosciuti non tramite facebook, ma per mezzo di questo posto qui, il blog.
Se devo dirla tutta, su facebook sono rientrato in contatto con gente da cui la vita mi aveva giustamente separato, per proteggermi, ma tant’è, questo social network blu ha deciso il contrario, per cui…

Ma no, non vuol essere un’invettiva nostalgica del passato.
Tutto cambia, e nemmeno il fatto che pure Book and Negative sia ancora qui dopo tutto questo tempo può essere considerata certezza che domani lo sarà ancora.
Però Facebook ha, di fatto, cambiato le regole del gioco.
Nell’ultimo anno, senza fare un elenco esaustivo, è stato accusato di aver lasciato spiare, tramite una società cliente, milioni di utenti, e che i dati così ricavati siano stati usati per influenzare l’elettorato americano, nell’elezione del suo Presidente.
Di essere stato usato dalla Russia, sempre nell’ottica di manipolare l’utenza per ottenere risultati politici.
Di censura cieca. E, diciamolo, stupida.
Di applicare una politica di controllo quantomeno ridicola, dal momento che il suo algoritmo guardiano è stato addestrato a vedere capezzoli ovunque, ma non pagine razziste o nazifasciste, che continuano a prosperare.
Insomma, si poteva fare di meglio?
Probabilmente sì.

Tutti devono avere a che fare, quotidianamente – che forse è l’aspetto peggiore o più distopico – con questo social network.
Non obbligatoriamente, certo, ma alla fine i marginitra obbligatorio e necessario sono sempre più labili, non trovate?
E sì, la colpa non è del social network in sé, ma del modo in cui viene utilizzato, certo. Però, forse, le responsabilità vanno ricercate anche nello sconfinato metodo di utilizzo, senza alcuna regola, che facebook permette.
Per cui, se uno è intenzionato a usare la piattaforma per secondi fini, qualunque essi siano, un modo lo trova.
Quindi è un concorso di colpa, tra l’inesperienza dell’utente medio, e la malvagità di quegli esperti.

Fino ad arrivare alla realtà che supera la finzione narrativa: dove il CEO di facebook parla davanti a due dei parlamenti più importanti della Terra, sempre per l’incresciosa faccenda dei dati personali trafugati.
Ammettiamolo, quante altre volte è successo che il proprietario di un sito internet sia stato “chiamato a rispondere” di fronte ai palcoscenici della politica mondiale?

Ecco fino a che punto è tutto cambiato.
A un livello teorico – teoria del complotto, certo – colui che può manipolare le intenzioni di voto di oltre un miliardo di persone potrebbe controllare il mondo.
Non siamo arrivati ancora a questo punto. Forse.

Eppure…
Papua Nuova Guinea di recente ha bloccato Facebook. È solo la quarta nazione in ordine di tempo, dopo Cina, Iran e Corea del Nord.
Il social network resterà bloccato per un mese, il che significa che gli abitanti di PNG non potranno accedervi, o usufruirne, a meno di non ricorrere a trucchi informatici, che tuttavia vanno perdendo efficacia, giorno dopo giorno.
Le ragioni ufficiali del blocco si possono riassumere in:

identificare gli account falsi, gli uploader di contenuti pornografici, i diffusori di fake news, e… rimuoverli.

Quasi a dire che, laddove l’algoritmo di facebook non può o non vuole, ci penseranno i governi, direttamente.
Tale è la portata del cambiamento storico.
Tale è la potenza del social network blu. E dell’internet.

Hate speech exploded on Facebook at the start of the Rohingya crisis in Myanmar last year, analysis has revealed, with experts blaming the social network for creating “chaos” in the country.

Un social network che riesce a destabilizzare una nazione civile.
Grande, illimitata libertà, cui corrisponde illimitata possibilità di essere manipolati da “utenze” più grandi e potenti, con secondi fini ben chiari.

Sì, si può scherzare sul furto dei dati e abbandonarsi al fiume dei meme, ma questa non è una conferenza sulla terra piatta, verso la quale nessun governo mondiale ha agito in contrasto.

E, oltre alla pulizia di facebook, la PNG sta anche ipotizzando di creare un social network sostitutivo, stavolta controllato dallo Stato.
Uno stato di polizia la cui gestione dello Stato si esplicherà, per paradosso, attraverso la concessione della libera comunicazione.
Libera chissà fino a che punto.

Nonostante questo, ci sentiamo bene. Tutto a posto.
A postissimo.
Torniamo pure a invocare pulizia politica, su facebook, mentre il mondo ci scivola di mano.

Kick-ass writer, terrific editor, short-tempered human being. Please, DO hesitate to contact me by phone.