Matteo Poropat, con un suo intervento, mi ha dato lo spunto per scrivere quest’articolo. Una breve parentesi dal cinema quotidiano.
Riporto di seguito la parte saliente, se volete leggere l’intero commento andate qui.
Io ho smesso proprio di scrivere recensioni di film che vedo. Da una parte perché ce ne sono tante in giro che ormai dicono più o meno quello che penso io, siti come Malpertuis che li analizzano fino alle ossa e non ritengo di avere le capacità per fornire nulla di più di quanto già non si legga.
E, soprattutto, perché lo trovo tempo perso.
È nell’aria già da un po’. E, come diceva Selena in 28 Giorni Dopo, non è più solo una voce, sta già entrando dalle finestre. La crisi dei blog.
Esiste? O è solo una fase passeggera?
Poco tempo fa Alex ne aveva decretato al contrario una pseudo-resurrezione, rispetto al dilagare dei social-network.
In verità mi accorgo che molti blogger stanno cedendo il passo, in silenzioso ritiro, per noia o per mancanza di stimoli e/o spunti. Altri illustri hanno chiuso i battenti foraggiando, come spesso accade alle carcasse, tanti altri piccoli blog che hanno così avuto occasione di restare a galla per un altro paio di settimane. I restanti, trattanti gli stessi temi, finiscono per parlare tutti delle medesime cose, uniformandosi in una sorta di silenzioso e involontario regime. E, quel che è peggio, vedendo le cose allo stesso modo, giusto o sbagliato che sia. Il contraddittorio è merce sempre più rara e preziosa.
Scarseggiano gli interventi, eccetto quelli di pochissimi selezionati, quasi tutti a loro volta blogger o possessori di siti, internauti provetti, insomma. Abbondano al contrario lo spam, i flame, gli insulti e le minacce, e le polemiche sterili e vuote da parte di utenti fittizi, creati ad hoc, il cui unico motivo di esistere è spargere discordia. Per questi c’è la censura, che qui applichiamo senza pietà e senza rimorso alcuno.
Fermo restando che di fronte ai problemi personali, della vita reale, quella che si mette di traverso ai propri sogni, non c’è altro da fare che porvi rimedio, trascurando i rispettivi angoli di esistenza virtuale, quelli che restano in trincea, di cosa vivranno in futuro?
Ci sto pensando. E mi sto ponendo alcune domande. Tralasciando la più ovvia, ovvero il motivo alla base dell’apertura del blog, che può essere il più nobile o il più stupido, andando bene comunque, cosa rimane?
1) Cosa mi aspetto da questo blog?
2) Perché lo tengo ancora in vita?
3) Di cosa lo nutrirò, una volta che gli argomenti saranno finiti o diminuiranno drasticamente?
4) Ha senso scrivere degli stessi argomenti che altri più esperti trattano, magari (ma magari no), con più efficacia?
In meno di un anno di vita questo blog ha subito moltissime trasformazioni. Nato quasi per scherzo, come appendice ad un forum dal quale ci aspettavamo tanto e che ci ha dato pochissimo. Ora è solo il blog, solo lui. Ha fagocitato tutto il resto. E, a mio parere, è stato un bene. Perché il forum, viste le discussioni che lo stavano caratterizzando, non sarebbe andato da nessuna parte. E così è stato, nonostante ci abbia fornito, col senno di poi, un notevole bacino di utenza affezionata.
Ma anche qui si stanno perdendo pezzi, nonostante la crescita e tutto il resto.
Inizialmente spazio per i miei deliri personali, dallo spiccato gusto polemico, ora invece ha assunto un marcato aspetto tematico, un blog di cinema. Un tema dal quale non si sfugge, sebbene, ogni tanto, mi conceda ancora il lusso di qualche articoletto da piazzare nel mio Attico. Tipo questo qui.
I film di qualità, almeno quelli di un certo genere, tipo horror o sci-fi, scarseggiano. E questo è un fatto.
E sebbene mi diverta, come ho già detto, a scrivere stroncature e a sconsigliare questo o quel film, mi diverto molto di più a parlarne bene, ma capita sempre più di rado.
Reagisco scrivendo di film ormai d’epoca, di qualche decennio fa. Classici e sempreverdi. Già ipercriticati e iperanalizzati. Illudendomi di poter apportare il mio contributo personale, per quanto piccolo, in un oceano di recensioni trattanti lo stesso argomento.
Ha un senso tutto ciò o è una perdita di tempo?
Personalmente credo di no. Non è una perdita di tempo. Anche se si dovesse scoprire che il messaggio è arrivato ad uno solo degli ipotetici lettori. Non è mai tempo perso o inutile. Specie quando, da autori, si è coscienti dei propri mezzi e della capacità critica necessaria per poter dispensare questo tipo di consigli.
La Passione è l’unico motivo che mi ha spinto a creare questo blog. L’impegno è quello di gestirlo con sincerità e obiettività. Aspetto, quest’ultimo, che, se fossi stipendiato, probabilmente verrebbe a mancare. E queste stesse ragioni ho ravvisato nei blogger i cui siti trovate linkati qui su B&N. Anche se qualcuno di loro, restando in tema, ultimamente sta attraversando il cosiddetto periodaccio… (dal quale spero possano tornare più forti di prima).
Ma, la domanda chiave è la numero 3. Di cosa lo nutrirò, venendo meno la materia prima o la volontà di andarsela a cercare qualora non mi venga servita su un vassoio d’argento?
Sicuramente sono contrario al post a tutti i costi. Agli articoli senza spina dorsale buttati lì solo per mandare avanti la baracca. Quelli fanno più danni che altro. Ma sono anche contrario ad arrendersi e a prendersi la pausa di riflessione, tranne, come ho già detto, in presenza di problemi di vita vera.
Lasciar morire lentamente le proprie passioni non è mai piacevole. E io personalmente soffro a vedere blog che seguivo spegnersi. Perché, con le dovute cautele, sono presenze fisse del mio quotidiano. La mancanza si avverte, in un modo o nell’altro. Cosa resta? In un mondo dove, per la maggior parte, si discute degli stessi argomenti? Me stesso. La mia personalità.
Credo, in definitiva, che anche a parità di argomenti, sia la personalità che traspare da essi che fa la differenza e che deve mantenerli in vita, più che la bacheca su Facebook. Dalla personalità non si sfugge. Personality goes a long way, come diceva Jules a Vincent in Pulp Fiction.
Quella è l’unica alternativa alla piatta uguaglianza. E credetemi, conta davvero. Preferirei di gran lunga leggere mille articoli trattanti lo stesso tema dai quali traspare l’unicità del loro autore, piuttosto che altrettanti, tutti diversi e tutti ugualmente vuoti e senz’anima.
Per dovere di cronaca, mentre scrivevo quest’articolo è arrivata una precisazione di Matteo Poropat:
E’ sicuramente utile allo spettatore avere più punti di vista che, se simili, contribuiscono a rafforzare l’idea che quel parere sia più possibile oggettivo.
Inutile aggiungere che mi trova assolutamente d’accordo.