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True Blood

Come promesso ieri in questo post mi accingo a resuscitare l’articolo su True Blood e il corpo di Megan Fox.
Se vi siete decisi solo adesso a guardare questa splendida serie dovete, tanto per cominciare, sapere questo:

Poster promozionale di True Blood
Poster promozionale di True Blood (2008)
Locandina di Jennifers Body (2009)
Locandina di Jennifer’s Body (2009)

già, proprio così, bisogna solo scegliere da che parte preferite la lingua. Sinistra o destra? True Blood partì con una campagna promozionale di alto livello qualitativo, giustificata dall’ingente costo di produzione e, dopo neanche sei mesi, fu “omaggiato” in questo modo scandaloso da Jennifer’s Body, con Megan Fox. Suo è il corpo di Jennifer che, ora, campeggia sexy in una locandina nuova di zecca e soprattutto a prova di plagio.
Visto che vi ho presi un po’ in giro ve la propongo, quest’ultima, anche se con l’articolo e con True Blood non ha molto a che vedere.

Ehi, ma, c’è Megan, giusto? Quindi, chi se ne frega?

Locandina Ufficiale di Jennifers Body
Locandina Ufficiale di Jennifer’s Body

A vederla così mi ricorda non so quante locandine di film nostrani anni ’70 a base di insegnanti e classi di somari allupati, quindi proprio non ci giurerei sul fatto che sia a prova di plagio, ma tant’è… rifatevi gli occhi.
Va bene, adoro dilungarmi, specie di fronte a bellezze del genere, ma adesso è proprio giunta l’ora di True Blood.
Questa è la classica serie a cui si arriva per caso. Io la scoprii, se non erro, a Dicembre del 2008 durante le festività, quando, non avendo una ceppa da fare, girovagai nel mare di internet a caccia di informazioni su prodotti filmici a base di SSV (Sangue, Sesso e Vampiri) e seppi dell’esistenza di questo capolavoro che soddisfa in pieno e inaspettatamente le tre categorie.
L’incipit è efficacissimo, non assistevo ad un incipit così efficace dai tempi di X-files e, più di recente, di Lost:
Notte. Un ragazzo e una ragazza sono a bordo di un auto, lei sembra avere voglie particolari, lui anche, ma sono in movimento e rischiano di andare a sbattere e di restarci se non fanno attenzione, ragion per cui optano per la sosta ad una stazione di benzina situata nel mezzo del nulla della campagna americana. La stazione espone un cartello che indica la disponibilità di True Blood.
Che cosa sarà mai? Proprio quello che sembra, Vero Sangue in vendita in bottiglie da 45cl. In realtà non è vero, si chiama True Blood per ragioni di marketing ed è stato prodotto chimicamente dai giapponesi per favorire l’integrazione dei vampiri, ormai venuti allo scoperto, con gli esseri umani; per liberarli di quell’intima e instrinseca necessità che spingeva i primi a cibarsi antipaticamente dei secondi; per il quieto vivere, insomma.
Dopo un simpatico siparietto tra il gestore della stazione di benzina, i due ragazzi e un vero vampiro parte la sigla:

I wanna do bad things with you…”. Eh, sì, e di cose cattive vi garantisco che nei dodici episodi della prima serie ne accadono davvero molte, alcune delle quali in modi e tempi assolutamente inaspettati. Il tutto si svolge in Louisiana, regione calda e umida, soprattutto l’estate, in un paesino sperduto, Bon Temps, della provincia sonnacchiosa americana, dove di veri vampiri fino a questo momento se ne è parlato solo in televisione. Su tutti i canali vengono quasi costantemente trasmesse tribune politiche e tavole rotonde tra sostenitori dei diritti umani e difensori dei diritti vampirici, come nella migliore tradizione fantozziana.
A Bon Temps vive una piccola comunità di individui tra i quali Sookie Stackhouse (Anna Paquin), cameriera che lavora nel locale principale della zona e telepate non per scelta, ma per vocazione.
Una sera, prima o poi sarebbe capitato anche lì, l’arrivo di uno straniero, un vampiro, cambia i destini di molti, a cominciare da quello di Sookie. A parte la trovata non troppo originale relativa all’incapacità di quest’ultima di leggere i pensieri del vampiro, in una sorta di predestinazione twilightiana che li vuole destinati a stare insieme e il fatto che i vampiri siano allergici all’argento – e non si è mai capito il perché – il telefilm è estremamente curato, i personaggi mai banali e alcuni di questi simpaticamente borderline, come Jason Stackhouse (Ryan Kwanten), il fratello di Sookie, sempre pronto a iniziare relazioni viscerali con bellissime amanti, tossicodipendente da “V”, il sangue dei vampiri che gli umani

Assumere una fiala di V può farvi sentire leggeri
Assumere una fiala di “V” può farvi sentire “leggeri”…

bevono per sentirsi, diciamo, euforici,

...molto leggeri!
…molto leggeri!

e sempre al centro di guai incredibili, la trattazione del tema dell’integrazione è assolutamente adeguata e credibile tanto da non essere, come si potrebbe pensare, il punto debole della serie, ma la sua forza.
Io l’ho visto sia in lingua originale che doppiato in italiano e, credetemi, la differenza c’è. Se non lo vedrete in inglese vi perderete il caratteristico accento cajun degli attori, la cui cadenza particolare aumenta lo spasso degli spettatori esigenti quanto me.

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