Quando True Blood iniziò nel 2008, ne andai pazzo.
Finalmente avevo davanti a me una serie che non presentava i vampiri come dandy leziosi o tormentati figli della colpa interiore, ossia quei viscidi doppiogiochisti che se da un lato ripetono a pappagallo “stammi lontano, sono un mostro” dall’altro cercano di infilarsi nelle tue mutande con la determinazione di un pervertito ai giardinetti.
No, questi vampiri erano felici e soddisfatti di esserlo.
Se volevano entrarti nelle mutande, te lo dicevano.
Se avevano le palle girate, lo capivi chiaramente.
La loro psicologia ne rifletteva la natura predatoria pura e semplice, perciò erano per lo più stronzi insensibili votati alla loro sopravvivenza individuale. Passeggiavano tra la gente come un’imbucato a un buffet gratuito, guardandoti come una birra o un panino.
In virtù di questo, erano liberi di esprimere tutta una gamma di comportamenti sociopatici che in un essere umano costerebbero l’internamento, ma che loro portavano a spasso con disinvoltura. Era divertente vedere questo tipo di caratterizzazioni fatte da bravi attori, e il loro confrontarsi con l’umanità di provincia – ma anche con quella in generale – che poteva essere altrettanto mostruosa, persino più sordida e brutale (come piace spesso fare agli autori, mostrando l’orrore dietro la normalità e mettendo in questione chi e cosa sia veramente il mostro).
Mi piaceva davvero tanto, True Blood.
Aspettavo con curiosità e anticipazione la puntata e persino la stagione successiva, guardavo l’episodio appena disponibile e mi domandavo cosa sarebbe successo ai miei personaggi preferiti. Ne ho ancora qualcuno, quelli che mi hanno lasciato, ma non è più come prima (anche se odio dirlo, perché suona inutilmente nostalgico).
Questa stagione arranca, striscia fra storie separate fra loro che non riescono a interessarmi davvero. La guardo perché ha i suoi momenti e i suoi personaggi, perché riesce ancora a farmi passare un’ora piacevole, ma diversamente dagli anni passati dimentico l’uscita dell’episodio, lo guardo giusto in tempo per scrivere la recensione e manca quella curiosità di sapere, di vedere cosa verrà dopo.
Non so, forse è perché dopo sei stagioni la stanchezza prende anche gli autori, o perché dopo essersi presi diverse libertà sui libri adesso i conti non tornano più, e allora raffazzonano qua e là. Non lo so, io i libri non li ho letti. Quella che vedo è una serie stanca, coi suoi momenti di fiacca ma con la volontà e la testardaggine di andare avanti – perché stando a IMDb è stata confermata per l’anno prossimo – e allora chissà cosa s’inventeranno, sempre che per allora ce ne freghi ancora qualcosa.
Già dall’inizio c’era una dichiarata intenzione di espandere questa realtà soprannaturale con altre creature; prima i Mutaforma, poi i Licantropi e le Fate (oltre a qualche altra creatura più rara apparsa brevemente, per una stagione o pochi episodi). L’idea non mi è dispiaciuta affatto, ma la sua gestione è stata in parte deludente.
Le Fate potevano essere molto, molto meglio. Dopo una vaga caratterizzazione oscura caduta nel dimenticatoio, sono diventate dispensatrici di luce come lampadine New Age.
Nel frattempo i Lupi Mannari sono passati da cani da guardia dei vampiri a una masnada di idioti beoni il cui pensiero più lucido è “devo trovare un albero, me la sto facendo sotto” oppure “che bella gamba, adesso me la trombo”.
Davvero deprimente.
Quest’anno poi sembra che tutte le cazzate si siano trovate a fare festa, o che gli sceneggiatori siano andati in ferie a abbiano lasciato il tutto in mano ai figli, rigorosamente adolescenti e con un bel deficit dell’attenzione, forse arrangiando il plot durante una partita di Magic. Hanno messo giù Lilith e persino Dio, carte rare e costose da powerplayer, costruite a tavolino per fare impazzire il gioco.
Bene, e adesso, quali soprannaturali guest-stars ci aspetteranno in futuro?
Meglio non pensarci. Meglio fermarci qui con l’introduzione e passare all’episodio.
Per tutti i dettagli, continuate a leggere – e attenti agli SPOILERS, sono appuntiti.
La storia tra Sookie e Warlow è appassionante quanto la Morra Cinese, e altrettanto irritante se ripetuta più del dovuto.
Dopo il sesso fatato luminoso lui è convinto che staranno sempre insieme, ma per lei è stata solo una botta e via.
Bell’idea del cazzo tanto per allungare il brodo, complimenti.
Una volta chiarito il punto, Sookie deve tornare nel nostro mondo perché ha sentito che Arlene sta soffrendo, ma non sa come si fa – WTF ce lo hai portato tu! – perciò è Warlow a dirle di usare la sua luce, che adesso è più forte perché ha bevuto il suo sangue mentre scopavano come ramazze di Topolino.
Funziona.
Raggiunge Arlene al cimitero, scopre che Terry è morto e con Lafayette va a ritirare la misteriosa cassetta di sicurezza, che contiene una polizza sulla vita con una valanga di zeri, stipulata giusto tre giorni prima. Capiscono che era tutto premeditato ma non sanno come dirlo alla povera Arlene, che comunque al momento contiene più Tequila di tutta Città del Messico, e non dà troppa importanza neppure a Vampire Bill che arriva in pieno giorno, le fa le condoglianze e stringe la mano a Andy, facendogli capire che è dispiaciuto per le sue figlie ma che se tocca Jessica è morto, ma morto morto morto.
Morto, capito?
Andy manda giù il boccone amaro e quasi si strozza, ma può fare ben poco. Intanto però è diventato uno dei personaggi più simpatici, o coi quali si può entrare meglio in empatia (anche perché Bill è sempre stato una palla, irritante e fintamente buono, quindi mettersi dalla parte di Andy è facile come sedersi sul dondolo in veranda con l’aria fresca e sorseggiare una limonata mentre aspetti che il sole incenerisca quel vampiro bastardo).
Bill ha bisogno del sangue di Warlow per salvare i vampiri, soprattutto dopo che Eric – fuggito dal Campo – gli ha detto dell’Epatite V, perciò chiede aiuto a Sookie, ma quello che lei farà o non farà lo vedremo nella prossima puntata. In questa ci becchiamo la storia di Nora, che Eric salvò dalla Peste facendola trasformare da Godric, e oggi come allora s’incontrano sul di lei letto di morte. Lacrime, baci, abbracci e disfacimento dei tessuti. Le solite cose da vampiro che muore.
Jason riesce a trovare Jessica, ma lei gli chiede di farle incontrare James per ringraziarlo di non averla stuprata. Dopo aver parlato un po’, soli soletti, di come sia possibile mantenere una natura umana anche da vampiro (perché questa è la filosofia di James), i due trombano mentre Jason è fuori di piantone.
Tuttavia, se l’unico problema di Jason fossero le corna, starebbe sereno.
La Newlin – dopo essersi accordata col Senatore per nascondere la morte del Governatore mentre lui si occupa della carica politica e lei del Campo – comunica a Jason la lieta novella: non ha più nulla per ricattarla, e quindi è fottuto. Gli fanno un bel taglio nel braccio e lo buttano nell’ala femminile del carcere per vampiri. Tara è l’unica a difenderlo, ma c’è una vampira minacciosa che lo vuole tutto per sé.
Willa ha informato tutta la Scooby Gang del V, allora Pam “seduce” il suo psicologo in cambio del trasferimento nelle celle comuni, dove si trova Tara. Li lasciamo a trombare sul lettino, molto freudiano ma poco professionale.
Sam viene a sapere della morte di Terry, quindi saluta Hippy Girl che torna a casa con la madre prima di mettersi in marcia per Bon Temps, dove avrà sicuramente cazzi amari coi Lupi. Intanto il Branco di Alcide – che lui controlla come la vescica dopo una trentina di birre – gli è stato appresso non visto, ha sequestrato Hippy Girl e la madre e adesso minaccia di fare a pezzi loro e pure lui. Il padre gliel’aveva detto che non era tagliato per il Branco, ma lui non l’ha ascoltato.
Tutte queste belle storielle che avete letto faticano a fare una stagione decente. Tocca interessarsi di un dettaglio qui e uno lì, sperare per i personaggi preferiti non vengano ammazzati – o peggio, rovinati – e andare avanti. Coraggio, ancora tre puntate e avremo finito. Forse allora scopriremo se tutto questo ha avuto un senso o se è come il finale di Lost, una Lindeloffata (o vaccata, fate voi)