Ebbene, questa settimana tocca a me. Ci troviamo alle prese con una puntata ingannevole, intitolata The Grove, e con un quintetto di protagonisti alle prese col viaggio.
Stiamo assistendo, in forma ribaltata, a quella serie di “ritorni”, tipici dell’antica epica greca, che richiamano il ritorno degli eroi omerici dai lidi di Troia.
Solo che qui l’epica non c’è mai stata, e nemmeno Troia, e c’è una meta comune, la stazione Termini, pardon, Terminus. Che è tutto dire. Il ridimensionamento dai voli pindarici è d’obbligo.
Del resto, chiunque, durante un’apocalisse zombesca, seguirebbe i cartelli che indicano “LA SALVEZZA È QUI!”, giusto?
Ma anche no.
Ma torniamo al nostro quintetto. Un episodio ingannevole, dicevo. Fuori tempo massimo di almeno quattro anni. Ma ok, diversamente dall’andazzo, a metà tra l’improvvisazione e lo scazzo (fa rima e c’è, stacce – cit.) tenuto da The Walking Dead, vediamo un po’, durante gli ultimi 3 anni?, qui assistiamo a un episodio solido e coerente, che riesce a amalgamare silenzi e lentezza con la giusta evoluzione degli eventi. E mi riferisco ai quattro protagonisti, esclusa Judith, essendo una poppante, quindi soltanto una comparsa.
C’è persino, sempre richiamandosi alla narrativa classica, l’agnizione, ovvero il riconoscimento. Tyreese riconosce in Carol (perché glielo dice lei), l’assassina della sua amata. Uccisa con un colpo alla testa e arsa.
In più, c’è anche il perdono. Che più cristiano di così, si muore.
Ma non è questa, la parte migliore.
Quella è riservata alle ragazzine: Lizzie e Mika.
Ebbene, se il massimo del disturbo mentale di Carl (Caaaaaaaaaaaaaavvvvrl!!!, per gli amici) è abboffarsi di tre chili di budino scaduto e in ciò mostrare tutta la sua rabbia adolescenziale repressa dall’apocalisse dei morti viventi, nel caso delle due ragazzine abbiamo a che fare con un delicato equilibrio mentale che è solo apparente e che, proprio in una sopraggiunta situazione di tranquillità, conosce il disastro.
In effetti, ci si aspettava, durante i cazzeggi sopraffini di Rick e del Governatore, che tutta questa caterva di protagonisti aggiunti “in amicizia” alla fine della terza stagione, fosse sviluppata, o almeno ci fossero degli accenni. Ce lo si aspettava come ce lo si aspetta da una serie televisiva curata da professionisti.
Cosa non scontata, visti i disastri pregressi e tutti i buchi di sceneggiatura che ci hanno accompagnato costanti, come le bollette del canone rai.
Quindi fa piacere vedere una volta tanto dei dettagli comparsi durante i primissimi episodi di questo quarto anno avere un senso. Essere ripresi e riconfermati, anche quando, come in questo caso, scoprire i colpevoli dei tanti casini accaduti alla prigione non ha, ormai, più alcun senso.
Stupisce, sempre considerando il pudore e il buonismo sciatto con cui finora sono stati trattati i personaggi, assistere a un po’ di cinismo gratuito, di cattiveria, che fa da contrappasso a un’illusoria tranquillità.
Infatti, proprio quando i nostri Carol e Tyreese s’illudono di aver trovato un nuovo equilibrio, per quanto temporaneo, vengono trascinati di nuovo all’inferno da un omicidio brutale, giustificato soltanto dalla follia di una giovane mente che proprio no, non capisce che gli zombie sono cattivi.
Un episodio come questo sarebbe stato perfetto durante la prima, o seconda stagione. Sempre detto che l’apocalisse è una brutta cosa, sempre detto che i sentimenti che si esprimono con gli occhi a cuoricino, e gioia e speranza, sono destinati, volendo seriamente inscenare una fine del mondo, a cessare. Più alte sono le vette di sensibilità, tanto più profonda è la caduta.
O almeno, così avrebbe dovuto essere fin dall’inizio, fregandosene della politica perbenista del network che ha trasformato TWD in uno show per famiglie e gli zombie in simpatiche e sfortunate creature che stanno lì a ricordare agli esseri umani di… essere più umani. Bleah.
Per cui, per quanto mi riguarda, episodio buono, ma che non posso far altro che considerare un incidente di percorso. Uno dei pochi.
Non mi freghi più, cara AMC.
Che poi, a dirla tutta, Rick, Glenn e persino Maggie sono sempre lì. Il primo soprattutto minaccia un ritorno in grande stile, sulla scia della nullafacenza. Sua dote impareggiabile.
Ad maiora.