Cinema

The Tunnel (2011)

Si avvicina la stagione estiva. Tempo, lo sapete, di film a budget ridotto, veloci e disimpegnati.
The Tunnel è australiano. Vecchia formula, invisa a molti per questioni di mera antipatia: il mockumentary.
Due telecamere, una a colori e l’altra infrarossi, quattro attori e un set claustrofobico.
Il film è tutto qui. Non ha pretese di essere altro e, avete ragione, sa di già visto. Pure troppo.
Ma la formula funziona? Uhm… non saprei. Ma prima di parlarne vorrei fare una riflessione.
Cosa occorre per fare un film così? Neanche pochi soldi, come forse iniziate a sospettare: servono 135.000 dollari australiani. E un’idea che è un canovaccio, quasi un motivo universale. Niente di trascendentale, quindi, o di geniale.
La domanda che ne scaturisce è: perché all’estero sì e da noi no?
E ancora, un prodotto del genere, in Italia, avrebbe davvero degli spettatori? Una fetta di pubblico che esuli da questa confortevole nicchia di nerd presente qui in rete?
Oppure si è talmente assuefatti ai carabinieri, ai preti investigatori e agli psico-drammi familiari che ormai la battaglia che vorrebbe il fantastico essere preso sul serio anche in queste lande è persa ancora prima di cominciare?

***

Il tunnel svolge il ruolo fondamentale. Un gigantesco insieme di tunnel, a dire il vero, percorsi ferroviari abbandonati sotto Sidney dove, durante dei lavori tesi a sfruttare delle falde acquifere si dice si siano verificate delle sparizioni. Incidenti misteriosi, in primis, e rapimenti tra i reietti, quegli homeless che si adattano a una vita sotterranea, lontani dalla luce del sole, in gallerie che non interessano a nessuno.
Un team di giornalisti si cala nel complesso e testimonia con le riprese che i tunnel sono dimora anche di qualcos’altro.
Ora, inutile insistere di più sulla trama. Avete già compreso il tipo di film.
Il pregio, al di là delle facili meccaniche è il set.

***

In tutta sincerità, non ho idea di quanto sia grande il complesso utilizzato. La magia delle inquadrature da angolature diverse potrebbe far risultare smisurato qualcosa che è in realtà molto limitato, ma l’illusione funziona benissimo e i vecchi corridoi, lerci, sommersi di rifuti, con vernice scrostata, illuminati dalle torce e dalle telecamere fanno il loro lavoro: sono ciechi e opprimenti e sfumano l’audio col giusto ritorno, quello degli spazi chiusi, che contribuisce al realismo.
Ma c’è un però bello grosso. Inspiegabilmente s’è fatto ricorso alla classica scelta ammazza-tensione quando s’è deciso di optare per la formula del finto reportage, con tanto di intervista ai sopravvissuti, che si alterna a momenti del presunto mockumentary.

***

In questo modo si sa già chi sopravvive. La suspense va a farsi un giro nel tunnel e muore lì dov’è. Scelta inspiegabile, oserei dire dilettantesca. Per non parlare dell’immenso fastidio che si prova all’interruzione frequente dell’azione con inutili intermezzi atti a spiegare l’accaduto.
Per concludere, resta intatto, almeno per me, il fascino dell’infrarosso. E già vi sento borbottare. Ma, ehi, l’originalità è un fattore essenziale che non faccio mistero di perseguire, ma la sua mancanza non è la fine del mondo. Ragion per cui non fate troppo i paraculi. Se proprio lo volete sapere, non so cosa darei per avere l’opportunità di girare o partecipare a una roba così. Familiare e stereotipata quanto volete, ma divertente.
Menzione d’onore, infine, per quella cosa che infesta i tunnel. Apparizione breve, da vera guest star del budget ridotto, ma efficace.
Una guardatina, in queste serate bollenti, gliela si può pur dare.

Altre recensioni QUI

Autore e editor di giorno, talvolta podcaster. /|\( ;,;)/|\ #followthefennec
    • 13 anni ago

    Recuperato pure questo: nonostante non sia una fan del genere, l’idea del budget così limitato mi ha talmente influenzato da trovarlo interessante. un po’ noioso ed anch’io ho trovato un po’ legnosa la scelta dell’ammazzatensione… Ma ne facessero di film così, se non altro per la passione vera che c’è dietro…

      • 13 anni ago

      Ma vuoi mettere il divertimento di girarli? 😀
      Io metterei la firma anche subito…

    • 13 anni ago

    A me questi film piacciono ancora tanto!! 😛
    Già a vedere le foto sembra terribile!

    ♡♡♡ ♡♡♡ ♡♡♡

    • 13 anni ago

    Benvenuta 🙂
    Ecco, quella scena in particolare e il fatto che lei non avesse mai ascoltato prima la traccia audio è un momento molto intenso del film. Certo, ci sono i tempi morti, però il tutto mi sembra più aderente al concetto di falso documentario. Ho adorato Rec, ma mi sono sempre chiesta (non ho visto il seguito) chi diavolo avesse trovato i nastri della videocamera. O anche come avesse fatto a resistere la telecamerina di Cloverfield. Lo so che son questioni di lana caprina che non inficiano affatto la godibilità di un film, però The Tunnel bypassa bene queste incongruenze tipiche del genere.
    Inoltre questi ragazzi vanno premiati, perchè appena finito di realizzarlo, hanno messo il loro film a disposizione per essere scaricato gratuitamente tramite torrent.

    P.S.
    Grazie per i complimenti e per l’ inserimento che, ovviamente, è reciproco 😉

      • 13 anni ago

      Il seguito di REC? Uhm… neanche lì viene svelato il mistero (però ci sono tutta una serie di porcherie evitabili). Vedremo col terzo capitolo… 😛

      Allora, benvenuta! 🙂

    • 13 anni ago

    Mio primo commento su book and negative…che emozione, dato che ti leggo sempre…
    Comunque, ho visto anche io The Tunnel e ho apprezzato proprio la scelta degli intermezzi con le interviste “ammazzatensione”, perchè credo che, realisticamente, un documentario, dovrebbe essere così. L’ ho trovata una scelta consapevole e coraggiosa.
    Ah, il budget in realtà è mooolto più basso, di circa 35.000 dollari australiani, perchè i produttori hanno realizzato il film mettendo in vendita i fotogrammi sul sito. I fotogrammi ammontano a 135.000, ma fino a questo momento sono riusciti a piazzarne solo 35.000 e stanno continuando a raccogliere fondi per pagare cast e troupe e sponsorizzare il film.

      • 13 anni ago

      Grazie e benvenuto/a (?) 😉

      E grazie anche per gli spunti di discussione. Non avevo trovato nulla riguardo la scelta di vendere i fotogrammi e di conseguenza allungare o meno il film.
      E sulla scelta ammazzatensione… mah. non saprei, al massimo l’avrei visto bene nei contenuti speciali. Certo che ho apprezzato il punto in cui lei ascolta la traccia audio del primo rapimento. Lì è interessante…

      🙂

      P.S.: a proposito, bel blog. Lo inserisco subito.

    • 13 anni ago

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    • 13 anni ago

    @mcnab
    D’accordo su tutto ciò che scrivi (il film in questione non l’ho visto ma lo recupero) tranne sull’equiparazione film-videogioco. Ormai le trame dei videogiochi di punta sono complesse più della maggior parte dei film che esce annualmente e hanno personaggi spesso complessi (complice la durata, che può arrivare a sessanta ore o più… possono approfondire quanto gli pare).
    Ogni volta che portano sullo schermo i videogiochi stessi, il risultato è quello alla Scontro di titani. Mi fa pensare che siano due tipi di pubblico ben differenziati…

    Comunque sia, non mi capita mai di pensare alla differenza tra mondo del web e quello “normale”. Non è equiparato? Se si frequenta gente a caso su Facebook c’è da mettersi le mani nei capelli… Chiaro che poi i propri siti preferiti e la propria personalissima cerchia di amici-utenti è differente. Ma lo è anche nella vita vera, no?

    Secondo me in italia non si produce quasi niente di differente ai lavori sopracitati solo perché non ne siamo in grado. Ultimamente mi è capitato di vedere qualche pellicola indipendente horror nostrana e non potevo credere ai miei occhi e alle mie orecchie. Roba peggiore dei b-movie alla Frogtown.
    Non dubito che ci siano persone con ottime idee e qualità, anche da noi. Probabilmente non ricevono né i soldi né le amicizie giuste, pare che qui da noi si ripeta lo stesso schemino da sempre, stile “squadra vincente, non si cambia”.

      • 13 anni ago

      Riguardo la differenza web/reale: si parla solo e più che altro di gusti. E di mezzi e sistemi per creare iniziative che nel mondo reale non avrebbero ragion d’essere, perché vittime del sistema-Italia.

      E ora vi saluto. 🙂
      A domani.

    • 13 anni ago

    Molta della gente che va al cinema è la stessa che entra in libreria con l’idea di comprare un soprammobile, non un libro.
    Ed è propria questa mentalità da soprammobile che sta mandando in vacca tutto.
    Al di là dell’identificazione in presunti valori, che per molte persone di una certa età è necessaria (dal loro punto di vista, chiaro), credo che ci sia poi anche il problema dei film-videogioco.
    Ieri sera ho visto il remake di “Scontro di titani” ed è una cosa davvero orrenda, un gran casino con zero atmosfera e personaggi piatti, insulsi.
    Eppure questi film in Italia vanno sempre! Se non lo girano è solo perché costano un botto.
    Quindi non è solo una questione di identificazione, ma proprio del rifiuto di qualunque cosa sia un minimo più articolata, diversa.

    So di aver scritto un commento confuso, ma mi sono appena svegliato 😛

    • 13 anni ago

    Ah, senza considerare che le atmosfere ricordano molto RS33, 😉

    • 13 anni ago

    Mi hai convinto, lo guardo!

    Per quel che concerne la tua domanda, beh, io non avrei problemi a vedere un Mockumentary italiano.
    Gli altri? Boh.
    Se tutti si fiondano a guardare film come “Paranormal activity”, “Rec” e “Troll Hunter”, non vedo perché non dovrebbero farlo con una versione italiana.
    Più che problemi di spettatori ci sarebbero problemi di diffusione. Infatti io punterei su un prodotto da diffondere sul web, con promozione virale e passaparola su blog e forum.

    Oramai ci sono due realtà separate, e noi (per fortuna) viviamo nella seconda!

      • 13 anni ago

      La mia domanda nasce non certo dalla realtà che viviamo noi, piuttosto dalle interviste fatte alle persone all’uscita dei cinema…
      Io non ce li vedo a pensare di poter anche solo guardare un film così. Ragion per cui, se dobbiamo credere all’assunto fondamentale, cioè che un film in Italia deve far identificare lo spettatore e comunicare “valori”, allora la vedo molto improbabile, se non come fenomeno del sottobosco.

      Sul web, per fortuna, il discorso è diverso. 😀