“Se queste entità sono superiori a noi, allora perché non ci parlano con chiarezza?”
“Lei è superiore agli scarafaggi. Ha mai provato a parlare con chiarezza a uno di loro?”
Lo score di The Mothman Prophecies è perfetto. Distorto, livido, angosciante.
È vero, quando tento di descrivere le sensazioni che l’ascolto di un brano musicale mi suscita, divento una specie di sommelier, distinguibile dall’utilizzo di termini impropri, a volte iperbolici. Quel che è certo è che è difficile descrivere la musica a parole. Il motivo che potete udire mentre scorrono i titoli di testa di questo film è suadente e riesce ad evocare visioni oscure. Questo, almeno, va detto.
E ho scritto almeno perché, poi, leggete il nome di Richard Gere e ve lo ritrovate tra i piedi per quasi due ore a vaneggiare della sua dolce mogliettina che non c’è più e di telefonate ricevute da parte di uno stalker sovrannaturale chiamato Indrid Cold.
La questione davvero incredibile è come possa Gere aver conservato la medesima espressione facciale per tutta la durata del film. Il vero uomo falena, dagli occhi rossi che ti scrutano siete voi che, allucinati sul vostro letto, vi state domandando perché.
Va anche detto che la leggenda dell’Uomo Falena, la creatura ripetutamente avvistata a Point Pleasant, tra il 1966 e il 1967, mi cattura.
No, non c’è il rischio che divenga un Seguace di Giacobbo. Al di là della presunta veridicità celata dietro questa storia, gradisco, e molto, la portata di alcune considerazioni che da essa potrebbero derivare, alcune delle quali, presenti anche in questo film, ma non sviluppate.
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John Klein (Richard Gere) è un figo. Sì, diciamocelo, o almeno colui che gli dà anima e corpo e volto paralizzato [Gere], insieme al regista Mark Pellington, ne sono sinceramente convinti. Contenti loro… lasciamoglielo credere.
John fa il giornalista, il giornalista di successo, ovvio, di quelli che si permettono di dispensare consigli ai colleghi necessariamente analfabeti, di quelli che da soli mandano avanti un grande giornale, una grande penna, che scrive pezzi al veleno che fanno tremare i salotti della politica e si concede comparsate televisive intervistando senatori, futuri candidati alla Casa Bianca. È sposato, disgustosamente fedele e innamorato della moglie Mary (Debra Messing). Mai, dico mai, che ci mostrino un tizio depresso, con una moglie cicciona che lo odia, che annaspa tra difficoltà economiche e colesterolo e che, magari, va anche a puttane…
Un bel giorno Mary, a seguito di un incidente, si scopre malata. Prima della dipartita, ella ha disegnato in modo ossessivo una creatura di tenebra, simile ad un angelo, ma ben poco rassicurante.
Questo particolare inizia ad avere senso per John Klein due anni dopo quando, durante un viaggio di lavoro, egli si ritrova a Point Pleasant, una cittadina del West Virginia, senza il minimo ricordo di come ci sia arrivato.
In città, a quanto sembra, non è stato l’unico ad esser stato protagonista involontario di avvenimenti ai limiti del paranormale. Insieme allo sceriffo locale Connie Mills (Laura Linney), John decide di far luce su questi strani episodi.
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A parte Richard Gere, ciò che disturba di “The Mothman Prophecies” è il senso di spreco che ti attanaglia dopo circa un’ora di visione. Un’ora abbastanza intrigante. Sì, avete capito bene. Il film, nonostante i suoi ritmi e intermezzi da videoclip, le paranoie romantico-sentimentali di Klein/Gere e la forzatura titanica che fa di quest’ultimo il predestinato, tiene.
E lo fa con quella serie di disegni del “mostro” [nelle foto], in occasione dell’arrivo di Klein a Point Pleasant, quando si scopre il paradosso spazio-temporale di cui è stato vittima e, più in là, quando subentra il solito scrittore/stralunato/ghettizzato/esperto di paranormale in esilio dalla comunità scientifica di cui faceva parte, un po’ imbarazzato nel parlare di “certe cose” con estranei, eppure del tutto convinto della bontà di quegli stessi fenomeni che ne hanno cagionato la rovina professionale.
Ricalcando le atmosfere di X-Files, la costruzione che Pellington ci offre delle apparizioni della “creatura” è tanto efficace, accompagnata com’è dal suddetto, splendido score, quanto ben ritmata. L’Uomo Falena è mostro, sussurri al telefono, voce innaturale nella notte, occhi luminosi nel buio, ma soprattutto, foriero di sventure.
Vi dirò che in qualche punto riesce persino a divenire inquietante.
Ma sono soprattutto le ragioni della creatura ad affascinare. Sarebbero state perfette se opportunamente approfondite, se non ci si fosse persi dietro all’odissea personale della superstar di Hollywood che ha marcato il suo protagonismo come i cani il loro territorio.
Le ragioni di queste intelligenze superiori non sono umane, così come sospetto non siano quelle dei baroni del marketing. Le loro motivazioni sfuggono, perché di certo non possono essere le basilari e ovvie, quelle attaccate al vil denaro.
I film devono essere rovinati per motivi che sfuggono all’umana comprensione. Siete d’accordo, no? ehehehehe
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“The Mothman Prophecies” vorrebbe presentarci fenomeni trascendenti che si vestono di un alone classicista, che sa di templi e filosofi, sfiorando il concetto di anima e spirito, della conoscenza suprema, dell’intelligenza di un essere che si crede un dio solo perché “gode di una visuale migliore”. Temi a dir poco spettacolari che deragliano tra un fotogramma e il successivo dai quali la creatura fa capolino, come una certa altra visione pelosa nel finale di “Fight Club”, che dura il battito d’ali di un colibrì, mentre questa suprema intelligenza si riduce a fare il cocco di Richard Gere per risolvergli, tra una catastrofe e un’altra, il suo dilemma personale con la defunta moglie, Debra Messing, altra attrice sprecata. Ma non è troppo tardi, perché Cupido ha in serbo per il bel giornalista la sceriffa locale, campagnola e rustica, si sa, ma sana… Squallore, tanto più se mescolato alla solita morale finto-ambientalista. Ombre di temi importanti, in questo “Mothman Prophecies”, intelligenze superiori, autodeterminazione, fede, speranza, evoluzione nel momento in cui l’uomo vede quelle creature che, a loro volta, si accorgono di lui; o, almeno, a me sarebbe piaciuto vederci tutte queste cose che invece finiscono vittime di una storiella alla “Love Story”, ma postuma e di qualche cattivo residuo di script a suo tempo cestinati da Chris Carter per “X-Files”. Peccato.
Approfondimenti:
Scheda del Film su IMDb
L’Uomo Falena su Wikipedia
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