Cinema

The Grey (2011)

[questa recensione contiene anticipazioni]

E continuo col cinema, chissà perché. Vediamo un po’, The Grey, con Liam Neeson. Film sconosciutissimo al grande pubblico, ma nelle mire di pochi appassionati.
E poi, c’è Liam Neeson. E i film di Liam si guardano sempre.
La trama si riduce a una sola parola: sopravvivenza.
Un aereo si schianta in Alaska. Sette superstiti allo schianto che se la devono vedere con, nell’ordine, il freddo tagliente a -40° e coi metalupi.
Ora, ci sarebbe tutto un discorso da fare sull’efficacia di alcune sequenze. Mi riferisco, nello specifico, all’aereo che va giù, e alle reazioni dei passeggeri.
Ma in realtà, in tempi di CGI, tali scene le considero dovute. Impossibile considerarle valore aggiunto. La CGI deve davvero superare se stessa per stupire, oppure di contro fare schifo, per far ridere (rif. Dracula 3D). In casi come questo The Grey, fa il suo lavoro. E chiudiamola qua.
A questo spunto survivalista, il regista Joe Carnahan, ci aggiunge il superstite della vita, Liam Neeson (Ottway) che di mestiere spara ai lupi che attaccano gli operai degli impianti petroliferi, vedovo. Il nero che muore subito, perché “inadatto” al clima. Lo scassapalle che anziché darsi da fare si lamenta. Il padre di famiglia. E tre altri figuri anonimi, carne da macello.
E poi i metalupi.

***

Ok, più o meno ho un’idea di quanto siano grandi i lupi. E, grazie a Game of Thrones, anche dei metalupi. Questi di The Grey sono più metalupi che lupi. Enormi, con delle fauci degne di uno squalo bianco.
Vendicativi, inseguono i sette sopravvissuti, li tallonano, li sfidano e li prendono, uno dopo l’altro, sbranandoli. Fanno anche un bel casino nel buio della foresta. E i loro suoni sono un bel pregio. Sembra che davvero ci sia un branco affamato a puntare il nostro Liam.
Poi, però, c’è la questione del foglietto di carta. E dei portafogli.
Il foglietto di carta è una lettera che Ottway ha scritto alla moglie morta di malattia. Una lettera in cui, si suppone, comunica la propria intenzione di suicidarsi. Il suicidio doveva avvenire prima della partenza. Ma, dal momento che s’è salvato da un incidente aereo e che sta facendo di tutto per non farsi sbranare, il nostro Ottway capisce che è il caso di ricorrere a più miti consigli.
E ciò nonostante, a scadenze di più o meno venti minuti, lo vediamo tirar fuori questa lettera dalla tasca, accompagnato da uno score riciclato da Ink, e stringerla tra le dita e guardarla con gli occhioni lucidi, che più che il magone ti fanno venire una scarica marrone. Passi una volta. Due sono troppe, ma che ‘sta cazzo di lettera ce la si deve sorbire fino all’ultima inquadratura, be’, è davvero troppo.

***

Quella dei portafogli è sempre un’idea di Ottway, che li raccoglie per portare una testimonianza dei passeggeri defunti. Anche questi se li porta dietro fino all’ultima inquadratura, quando ne fa un mucchietto, perché in procinto dello scontro finale. Ma a questo ci arriviamo tra poco.
Quello che proprio mi disgusta di questo film, è il suo voler essere un inno al superuomo, con tanto di ateismo sbandierato per ripicca: Dio ha fatto morire mia moglie di malattia, quindi non esiste, gne gne gne.
E fin qui, pur essendo infantile, ci può stare. Ma invece no, perché il nostro Ottway non è ateo, continua a rivolgersi a Dio, a mandarlo affanculo ogni qual volta la situazione va in vacca. E in vacca ci va fino all’ultimo, ovvero, quando il nostro, dopo aver tentato inutilmente di salvare l’ultimo compagno rimasto, morto in un modo che sono stato mezz’ora a ridere, si ritrova a pesce nella tana dei lupi, dove il capo meta-lupo, enorme e nero lo affronta in singolar tenzone.
Sì, avete capito bene. C’è pure il tempo per il duello all’ultimo sangue tra lupo e uomo. Che non ha nulla di epico, ma risulta solo idiota e, peggio ancora, una punizione di quel Dio che, sordo alle invocazioni di Ottway, alla fine lo punisce per bene, come si confà a un Dio indifferente.
E questo è quanto. Per un delirio di wild-life epico in senso inverso.

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Soundtrack di INK

Soundtrack di THE GREY

Autore e editor di giorno, talvolta podcaster. /|\( ;,;)/|\ #followthefennec
    • 12 anni ago

    Con tutta la roba interessante da recuperare che ho, questo lo passo volentieri…

    • 12 anni ago

    Fine alla storia dei metalupi mi sembrava anche un buon film. Ma quando sei arrivato alla lettera mi sono cascate le palle !

      • 12 anni ago

      Non solo a te. 😀

    • 12 anni ago

    […] Visita il sito bookandnegative oppure iscriviti al feed Leggi l'articolo completo su AlterVista […]

    • 12 anni ago

    Ma dai, mi hai proprio fatto venire voglia di non vederlo. 🙂
    Cosa è questa storia dei metalupi? È per dire che sono completamente differenti dai lupi naturali? 🙂

    Ciao,
    Gianluca

      • 12 anni ago

      No, per dire che sono enormi! 😀 Mai visto niente del genere, in nessun documentario. 😀

    • 12 anni ago

    Eppure mi hai fatto venire voglia di vederlo. Un eroe che smadonna a ogni pié sospinto ci vuole, ci manca tantissimo. Anche se gli angloammeregani certamente non le sanno fare ‘ste cose.

      • 12 anni ago

      Sì, ma il guaio è che non è simpatico, ma solo retorico e ampolloso, pure quando smadonna. 😀

        • 12 anni ago

        Uno smadonnamento retorico e ampolloso? Chissà come può essere. No, lo devo vedere sto film…