Compie sessantatré anni (63) l’incommensurabile Sylvester Stallone. Ed io, in questa sede, ne ripercorro brevemente la vita, intensa e ricca di soddisfazioni fino al suo film di maggior successo, Rocky. Come per altri attori di Hollywood, la sua biografia sembra essere stata scritta per la sceneggiatura di un film, più che un susseguirsi di eventi reali, per quanto incredibili.
Innanzi tutto, chiariamo una buona volta l’origine della caratteristica più evidente di Stallone: la sua espressione facciale. Ahimé, deriva da un incidente capitato al buon Sylvester alla nascita. Il parto fu più complicato del previsto ed egli fu prelevato con un forcipe dal ventre materno, cosa che gli recise un nervo facciale, causandogli una lieve paralisi del lato sinistro del volto. Ragion per cui, niente più battute sul suo “sorriso sveglio e intelligente“. Figlio di immigrati italiani a New York, suo padre era originario di Gioia del Colle (BA), deve il suo nome al nonno Silvestro (…). L’infanzia di Stallone è alquanto difficile per le condizioni economiche disagiate della sua famiglia, ciò nonostante, frequenta scuole e, giunto il momento, grazie ad una borsa di studio per meriti sportivi, riesce anche a entrare all’ University of Miami che, tuttavia abbandonerà dopo qualche tempo.
La sua carriera cinematografica inizia coi suoi tentativi di diventare sceneggiatore e di piazzare i suoi soggetti, alternati con provini per passare davanti alla macchina da presa. La seconda cosa gli riesce nel 1970, nel porno-soft The Party at Kitty and Stud’s, edito in Italia col titolo di Porno Proibito – Italian Stallion (eh… gli italiani sì che sanno come attirare gli spettatori!). Nei successivi cinque anni, Stallone ottiene diverse particine di minore importanza in altrettanti film, ma anche di poter partecipare a lavori di registi del calibro di Woody Allen (Il Dittatore dello Stato Libero di Bananas). Recita, poi, in una pellicola di fantascienza divenuta, a suo modo, un piccolo gioiello: Anno 2000, La Corsa della Morte, nella quale impazza, nel futuro (ormai passato), una corsa automobilistica che ha come unico obiettivo investire il maggior numero di passanti (più che un film, sembra un atroce documentario di ciò che accade oggigiorno quotidianamente 🙁 ); dall’idea di questo film sarebbe nato il videogioco Carmageddon.
E arriviamo, infine, al 1975. In quell’anno, Stallone è tra gli spettatori di un incontro di pugilato leggendario tra Muhammad Ali e un misconosciuto pugile inglese, tale Chuck Wepner, che rese la vita impossibile al campione del mondo. L’inglese perse ai punti, evitando di farsi mettere K.O. e riuscendo persino a sbattere Ali al tappeto almeno una volta. L’evento ispirò Sylvester Stallone per la sceneggiatura della sua opera più famosa, Rocky (1976). Affidato alla regia di John G. Avildsen, intepretato, dopo aspri contrasti coi produttori che gli preferivano attori a quel tempo più noti e dalla fama consolidata, da sé stesso nel ruolo del pugile morto di fame che tiene testa in un match spettacolare al campione del mondo dei pesi massimi Apollo Creed (Carl Weathers) e affiancato da attori del calibro di Burgess Meredith (Mickey, l’allenatore), Talia Shire (ADRIANA!!!) e Burt Young (il cognato Paulie), ottiene un successo planetario, sei nomination (tra cui miglior attore protagonista e miglior sceneggiatura originale per Stallone) e tre Oscar (miglior film, regia e montaggio) soffiando la statuetta a Scorsese candidato con Taxi Driver… A quel punto, come si suol dire, io ti spiezzo in due (ma, forse, è un altro film)… Auguri, Sly!
Rocky – allenamento