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Steel

Steel, Acciaio, è un racconto di Richard Matheson. Giusto ieri abbiamo visto cosa ne è stato di lui, di Acciaio: ci hanno aggiunto un Real, come se dovessero certificarlo, come a dire, questa è la vera versione, ci hanno messo su la famigliola composta di facce simpatiche e fighe e ci hanno montato su un film.
Ma Acciaio non è quella roba là. Racconto breve dell’autore dall’immaginazione più fervida ch’io abbia mai visto, pur senza i trip lisergici di Philip K. Dick.
Poche pagine, viste attraverso gli occhi del narratore onnisciente. Tecnica invisa a molti, ahimé. Come chiamereste altrimenti lo spiegare le emozioni che il protagonista affronta di volta in volta?
Eppure, eppure, la magia della prosa fa il suo sporco lavoro e noi lettori siamo precipitati in un mondo caldo e polveroso, il futuro, in cui la boxe esiste ancora, ma, è stata sostituita, nella pratica, dai robot. Quando si dice che la narrazione sovrasta la tecnica e si fa beffe della giusta maniera di
Futuro secco e desertico, con le vampate di calore che assaltano nervi e stomaco dei protagonisti, che come bovini, con un vecchio robot malandato a seguito, un B-due, Maxo il Guerriero, salgono su un vagone diretti a un incontro che segnerà le loro sorti. O Maxo vince, e si concede così le riparazioni di cui necessita, oppure è la fine, per lui, per Acciaio (il suo manager, ex-pugile professionista) e per Pole, meccanico di classe A costretto a rattoppare il robot in continuazione.
C’è solo un però… Maxo deve affrontare un moderno B-sette, e potrebbe non uscirne intero.

[contiene anticipazioni]

***

L’abilità di Matheson è riuscire a tratteggiare un’intera società cyberpunk (suppongo lo sia, non crocifiggetemi con questioni di genere) in due-tre pagine. E sono pagine e relative descrizioni che si piantano subito in testa.
I protagonisti sono soltanto tre, se si eccettuano le tre, quattro “comparse”, il passeggero del treno, il tassista, il signor Waddow, proprietario del ring dove avviene l’incontro e Lampo di Maynard, il B-sette. Maxo è una presenza muta, un robot cigolante e malandato, che necessita riparazioni profonde. Pole il meccanico disilluso e scettico, egli sa come sta messa la creatura, inutile prendersi in giro, non durerà; Acciaio il manager che s’illude del contrario, che quasi umanizza il suo “pupillo” e che non accetta la realtà, fino alle estreme conseguenze.
Bene, riuscire a mettere in piedi un impianto narrativo simile in una trentina di pagine e dargli una simile compiutezza, be’… tanto di cappello sul serio.

***

Nessun sentimentalismo o dramma familiare che fa tanto cool, ma solo quell’universo stolido e illusorio, costruito su valori morali distorti, ai limiti del comprensibile; affidare il proprio futuro al combattimento di un robot e poi decidere l’impossibile, vista l’incapacità oggettiva, per Maxo, si sostenere l’incontro, salire sul ring di persona, fingersi robot per affrontare un match contro un vero robot, modello avanzato, imbattibile, per riuscire a stare in piedi almeno un round e portare a casa quei pochi soldi per andare avanti ancora qualche altro giorno. Epica e sangue…
Sorprende sapere, ma non poi tanto, che nell’universo di Matheson la Boxe Robotica è suddivisa in categorie di peso, esattamente come quella degli umani, che i robot sono costruiti per imitare il più possibile gli umani, con tanto di espressioni, movenze, lividi e sangue sottocutaneo, dei veri terminator ante-litteram.
E che dire dell’incontro? Teso, spettacolare, mostrato e sentito. Le gragnole di colpi, il dolore dei pugni assestati inutilmente sul torace di metallo del B-sette, noi li sentiamo con Acciaio, e ci stupiamo della follia, e un po’ soffriamo insieme a lui, a quest’uomo fuori di testa, che asseconda, come certi guerrieri greci, il suo destino, fino all’ultimo.
Ma è un mondo cinico, senza lieto fine che non ci si sia guadagnati da soli. E Matheson ce lo ricorda, fino all’ultima parola… le illusioni di rivincita sono sempre lì, non vanno mai via. E noi leggiamo e ci chiediamo perché non si sia realizzato un film del genere, anziché quello che è stato messo su. Ma, per i nostalgici del Bianco e Nero, sappiate che c’è The Twilight Zone… e un episodio omonimo.
Inutile rispondere, in ogni caso: come detto, non c’è lieto fine.

Altre recensioni QUI

Autore e editor di giorno, talvolta podcaster. /|\( ;,;)/|\ #followthefennec
    • 11 anni ago

    […] spunto da un suo lavoro: Steel (recensito da me QUI), dal quale a sua volta hanno tratto un film, Real Steel (recensito QUI) E prende spunto anche […]

    • 13 anni ago

    @ Lucia, me lo mandi per posta se è su file?

    • 13 anni ago

    Ma io rifiuto l’idea che il gradimento delle letteratura sfugga ai criteri personali.
    Quindi vai tranquillo.
    😉

    • 13 anni ago

    Qui mi guadagnerò l’odio tuo e magari quello di Davide, ma devo ammettere che metà delle cose di Dick che ho letto non mi hanno fatto impazzire 😛
    Ovviamente non ci penso nemmeno a sminuirne la bravura, questa volta si tratta proprio di attitudini personali.

    • 13 anni ago

    Ho letto molto di Matheson, ma questo racconto mi manca.
    Mi piace lo stile asciutto di questo autore, più di Dick che a volte dà l’idea di fraintendersi da solo.
    Matheson ha scritto molto per la tv, ma pare che pochi abbiano metabolizzato il suo modo di narrare.

      • 13 anni ago

      Ecco, io prediligo più Dick. E poi, bomba!, lo considero un autore completo. Ma Matheson mi piace. Molto. E comunque lo stile che c’è qui è diverso rispetto quello che troviamo altrove. Magari sperimentava, chissà, e in fondo, chissenefrega. Sono pagine magnifiche, queste. ^^

    • 13 anni ago

    Come ti dicevo, l’ho trovato ieri e in giornata lo leggo. Ma io so già che me ne innamorerò perché qualsiasi cosa io abbia letto di Matheson mi ha fatto quell’ effetto.
    E la sola idea, strutturata poi come tu descrivi, è epica.
    Però bisogna dire che Matheson è stato saccheggiato meno rispetto ad altri mostri sacri, per sua immensa fortuna. E almeno fin’ ora.

      • 13 anni ago

      Lo adorerai, Lucy. Fammi sapere che ne pensi, mi raccomando. 😀

    • 13 anni ago

    Per carità, a volte ci sono casi in cui uno si vuole leggere solo quel racconto e allora fa un attimo prima. O ancora, non trova più il volume in commercio ma lo trova in e-book in rete. Ho recuperato libri ormai fuori stampa da 20 anni, grazie alla rete. 😀

      • 13 anni ago

      Sì, per fortuna sì. Se aspetto i soliti canali, la distribuzione etc… e poi le librerie vendono solo quello che tira di più… 🙁

    • 13 anni ago

    Conferma dell’utilità del dgt rispetto alla carta 🙂

      • 13 anni ago

      Sì, è un ottimo argomento a supporto del digitale. 😀 Se uno non si vuole sciroppare venti racconti. Anche se stiamo parlando di Richard, mica di Baricco. 😀

    • 13 anni ago

    Antologia, troppo breve per reperirlo da solo. A meno che… non si cerchi in certi posti.

    😀

    • 13 anni ago

    Il racconto in questione, fa parte di un’antologia di Matheson o è stand alone?

    • 13 anni ago

    Che la produzione del film fosse seguace del Rude Real?

      • 13 anni ago

      Ne dubito, visto che il Rude Real è questo racconto. 😀