Blog L'Attico Spore della Fantascienza
L'Attico

Spore della Fantascienza

Si comincia, come diceva Egg Shen, dal molto piccolo. È da lì che iniziano tutte le storie. O dal molto vicino: la mia famiglia. Ho uno zio che legge solo fantascienza. E questo lo fa da sempre. Non so, probabilmente possiede un paio di migliaia di libri del genere. Tutti gli Urania bianchi, coi Cerchi di Thole e l’aspetto di tante lavatrici, più che di oblò. Questo che vuol dire? Che la fantascienza è nella sua vita da sempre, anche ora che lui è vecchio. Come lui e meglio di lui (nel senso di libri posseduti) ce ne saranno altri. Eppure, la fantascienza è un genere che boccheggia, attaccato ai respiratori. Ovviamente, si parla della fantascienza in Italia, dove ogni genere fantastico è, nel migliore dei casi, sciocchezza con la quale non ci si può (e non ci si deve) identificare. Mettiamo un po’ di musica, va…
Svegliatevi. È così che noi appassionati del fantastico siamo visti da quelli che c’hanno i soldi e che fanno spettacolo, che siano editori o produttori cinematografici e/o televisivi.
A essere ottimisti, un lavoro di fantascienza qui in Italia potrebbe, e dico potrebbe essere accettato, realizzato e distribuito per il grande pubblico solo e soltanto se contenesse introspezione, critica sociale sul lavoro, la famiglia, i figli, con l’aggiunta di qualche dramma psicologico e d’attualità, tipo l’immigrazione. Perché? Perché qua credono ancora alle favole, ovvero alla morale. Un prodotto di fruizione popolare che si rispetti deve ammaestrare (o moralizzare, o entrambe le cose). Ci si deve identificare con esso e, magari, esserne rasserenati. La pace sociale. Le cose andranno meglio, non è così? Certo, come no.

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Siete lettori di questo blog, e se non lo siete diventatelo. Quello che penso di come il fantastico venga gestisto in questo paese è noto, così come il mio giudizio sul cinema e la letteratura italiana: scelgo di ignorarle.
Un tempo non lontano qualcuno avrebbe potuto dire che sbagliavo. Ora non più. Sono convinto che fregarsene della scena italiana sia l’unico sistema per continuare a usufruire di opere di spessore che provengono nella loro totalità, dall’estero. Certo, le cazzate le scrivono/producono/pubblicano anche da quelle parti, ma lì accanto c’è roba buona.
In questi giorni sono partite due iniziative delle quali si discute. Un concorso sci-fi di Angelo Benuzzi e una collana di narrativa sci-fi di una casa editrice neonata, la Pyra. Entrambe vorrebbero ridare smalto al genere così tanto vituperato in oggetto. Idee lodevoli. Di sicuro non sta a me giudicarle. Questo articolo non nasce da esse, ma da ciò che ne è derivato.
La discussione sulla sci-fi in Italia s’è portata avanti, fino a proporre “il fronte comune”, cui dovrebbe seguire l’apertura di blog, caffè letterari virtuali, in cui poter riunire gli appassionati e scambiarsi pareri e segnalazioni.

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Non sono la persona adatta per questi ragionamenti. Individualista convinto, soffro in presenza di qualsiasi prospettiva di gruppo e/o associazione. La collaborazione con Alex è qualcosa di diverso, una comune insofferenza verso i paletti universali della vita (discorso da riprendere). E poi io aborro il genere, qualunque esso sia.
Il genere è una chimera la cui natura malsana infetta coloro che lo sostengono, irrigidendoli su posizioni nette, precise, ma allo stesso tempo inutili. Certo, ci sono anche i bravi ragazzi, ma la maggior parte è gente cieca che bada ai nei del genere più che alla pelle. Un altro guaio è che si debba ancora chiarire affermazioni come questa, tra parentesi, sennò spuntano gli obiettori della domenica: “eh, ma gli appassionati non sono tutti così!”. E grazie al c…
Chiaro, no?
E poi, di fronte alla mia obiezione scatta la legittima questione del confrontarsi, dell’avere un posto in cui interagire tra appassionati. Tutte belle cose.

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Ma il punto è che ce l’abbiamo già. Quei punti in cui radunarsi, confrontarsi e scambiare idee sono i nostri blog. Esistono già. Solo che noi siamo così abituati a perdere, che non vediamo neanche ciò che abbiamo costruito. Ed è una cosa grossa, che cresce ogni giorno di più (escludendo le ovvie metafore sessuali).
Ce ne dovremmo accorgere dal numero di mail richiedenti segnalazioni di questa o quell’altra manifestazione. Dal numero di lettori, tutti a cercare film e/o libri che in libreria/videoteca, a chiederne, non sanno manco cosa siano.
I nostri blog esistono. Come si fa a non vederli?
Qui parlo per esperienza. Ho gestito un forum e ora gestisco un gruppo su FB, un gruppo di “fantascienza” dove, ok, si cazzeggia più che altro e ci si diverte. Ma, ehi, è un gruppo. All’inizio sono fuochi artificiali. Si parte con un entusiasmo senza pari, ci sono molti iscritti che non vogliono lasciarsi scappare l’occasione, si postano video e citazioni di “esempi del genere”. Dopo di ché, passata l’onda, restano i soliti quattro gatti, gli irriducibili. E le presenze attive tornano a essere quelle di chi, come me e alcuni di voi, in queste cose ci crede sul serio, e non ha mai smesso, né ha intenzione di farlo.
Per cui, ripeto, il gruppo c’è già. Perché disperdere i nostri lettori creando qualcos’altro? Qualcosa che, come ho scritto da Alex, a meno che non divenga icona-pop, seguita ossia anche da spettatori che di fantascienza non ne masticano troppa, non cambierà poi molto la situazione attuale? Parliamone, se vi va.

Le immagini provengono dal mio tumblr.

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