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Ash vs Evil Dead – S01E09 e 10 “Bound in Flesh + The Dark One”

Ci siamo, la serie dell’anno, io direi di entrambi gli anni, 2015 e 16, s’è conclusa.
Abbiamo mandato giù i mini-episodi, da venti minuti l’uno. In cambio, abbiamo ottenuto davvero tutto ciò che avremmo potuto desiderare.
Per cominciare: il coraggio.

aved-finale-2Un coraggio narrativo e della messinscena che, personalmente, non vedevo, che so, dai tempi di Distretto 13, la famosa scena del gelato.
Qui abbiamo un bel bambino, sudicio e infernale e con le orbite vuote, è vero, ma pur sempre un bambino, a cui viene fatto saltare… tutto, testa esclusa, che rimane attaccata alle canne del fucile. Per non parlare del ragazzino falciato dalle pale del ventilatore nel diner.
Non è solo questo, com’è ovvio, ma questo è esemplare della logica rigorosa di questa serie. Una serie splatter esportata in TV.

Meraviglia.
Set magnifici, lo chalet, il più bello che abbiate mai visto, che finalmente rivela la sua essenza di creatura vivente e in quanto tale dedita alla conservazione di sé.
Insomma, il piano dei demoni di Kandar, rivelato per bocca di uno di loro, è semplice: conquistare il mondo.
Come tutti i cattivi.
Con una sola differenza, pare che il risultato finale di questa conquista sarà, in effetti, una trasformazione definitiva. Faranno dei cimiteri le loro cattedrali, e delle città le nostre tombe… se mi consentite una citazione di lusso.

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Ciao, Heather, è stato bello finché è durato.

In Ash vs Evil Dead si ritorna, con molto piacere, all’antico detto riguardante i comprimari: sono carne da macello. Vengono sbudellati in modi sempre più creativi.
L’esempio per tutti è Heather, l’altra ragazza, la comparsa a stento degna di un nome, che per un istante ho creduto avrei rivisto nella nuova stagione.
Niente di più sbagliato. Non hanno esitato a ammazzare Amanda (infilzandola con un palco di corna di cervo), figurarsi se avrebbero mostrato pietà per la classica campeggiatrice bionda capitata nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Viene masticata e risputata dallo chalet, con tanto di rimasugli di colonna vertebrale ancora attaccati a mocherini di sangue.

Reparto effettacci e fx superlativo.
E poi, parliamo del cast.
Su Bruce Campbell, ormai, non posso aggiungere granché. Questa serie è possibile soltanto grazie a lui. Per la prima volta, inoltre, rispetto ai vari capitoli della saga, ho notato un perfetto equilibrio tra momenti horror, drammatici e grotteschi, tutti affidati alle sue spalle di cinquantenne. Il risultato sa di compiutezza assoluta.
Ash è in grado di fare ciò che fa perché reagisce al terrore con la spacconaggine, per questo riesce a affrontare i mostri, i demoni, e a minacciarli di sciacquar loro la bocca col boomstick. ‘Nuff said.

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‘Nuff said.

Pablo (pardon, Pedro, o forse Pablo; sì, Pablo!) e Kel sono le spalle necessarie.
Soprattutto la seconda, che pare abbia messo in piedi una sua battaglia personale contro lo chalet.

Lucy Lawless nell’inconsueto ruolo di cattiva direi che è stata ottima.

Lo chalet, be’, ormai è un luogo del mito, come il bosco delle fiabe. Scendere nella botola è come il passaggio in una nuova dimensione.
È ovvio che è una cazzata, andare lì sotto, ma è inevitabile. E con gioia ritroviamo i dettagli che ci hanno fatto rabbrividire fin dal 1981, con qualche gioco di luci in più e piccoli ragazzini infernali che arricchiscono la mitologia.
Oggi è l’Epifania, e Ash ci saluta facendo nascere un nuovo orrore, per una seconda stagione che si prefigura come una realtà trasfigurata: un vero e proprio inferno sulla terra.

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Dana DeLorenzo e Jane Levy

Parlavo, nell’articolo precedente, di nuova mitologia. Ebbene, la magia dello chalet è questa: la sua capacità di avere valore universale.
Guardando il finale, mi soffermavo sulle sequenze che hanno come protagonista Kel (Dana DeLorenzo), che si fa sbattere dallo chalet, sopra e sotto, fuori della porta, sullo spiazzo, che gli spara addosso facendogli perdere sangue. Il paragone è stato immediato, quello con Evil Dead edizione 2013 (con Jane Levy al posto di Ash), del quale sono estimatore.
Ecco, riflettevo sul fatto che sì, Ash è fondamentale, è l’icona sulla quale questa serie, così com’è, è stata costruita, eppure… eppure essa riesce a vivere e a rifiorire anche con altri protagonisti, Jane e Dana, ad esempio, purché gli elementi fondamentali, chalet-demoni e tantissimo sangue, vengano rispettati.
In breve, è l’idea stessa della lotta contro i demoni, in una casa nel mezzo del bosco, ad attrarre.

Questa è l’iconografia. Questa è la cultura-pop. Arte e concettualità schizzate (anche) di sangue e budella.

Alla prossima stagione.

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