La Stanza Bianca

Sei mesi di buio – La Signora dei Sogni

Provo sempre un certo imbarazzo a parlare dei miei scritti.
E non perché li consideri difettosi, anzi. Se non fossi convinto della loro qualità non ve li proporrei nemmeno. Non avrete difficoltà a credermi, se mi conoscete anche solo un po’.
E di quest’ultimo – che forse avrete notato, qui nella colonna a destra, in alto, presentatovi sulla lavagna da Betty… o forse no – avrei volentieri fatto a meno di parlarne, sempre assecondando la mia naturale ritrosia.
Addirittura è il primo ebook privo di prefazione (o postfazione) a mia firma, in cui di solito chiarisco al lettore alcuni aspetti che più mi preme non vadano perduti.
Ma stavolta no.

Musica…

Poi capita che in risposta a uno dei miei soliti scazzi digitali, una persona che stimo mi abbia fatto notare che, be’, almeno qui avrei potuto presentarvelo, questo mio libro, non avendo indetto eventi su facebook per pubblicizzarlo.

Pensò poi allo scricchiolio e sollevò gli occhi verso le travi. Una, massiccia e percorsa in lungo da una fessura, correva sopra il letto.
Sporse le dita verso l’interruttore della lampada. La luce ocra si sparse riassorbendo le tenebre. Lungo la trave, una massa d’ombra di contrasse, facendosi piccola.
Si mise a sedere di scatto, soffocando un urlo. Il calore le uscì dal petto versandosi intorno, facendo tremare i vetri, il cui suono le stridette nei timpani. Afferrò la lampada e la puntò verso la trave. La massa continuò a muoversi, finendo riassorbita dalle ombre.
Bil si mise in piedi, continuando a avvicinare la lampada, le ombre mutarono angolazione al variare della direzione del cono di luce, fin quando il filo elettrico si tese.
Non c’era niente, lì sopra. Non più.

E visto che mi piace ascoltare, eccoci qua.
Io ho scritto Jack & Jill (la serie) assecondando precise suggestioni. Per me, quindi, gli eventi narrati in questi due volumi (per tre racconti, due nel primo e uno nel più recente) hanno un significato recondito ben preciso. Ogni sfaccettatura, ogni scena, ogni dettaglio è stato inserito per un motivo, e tutti insieme concorrono al significato generale.
E tuttavia non sono qui per tenere la lezione, perché arciconvinto della caratteristica precipua di ogni opera dell’umano ingegno: ha tanti significati quanti sono i suoi lettori.

Ciascuno di voi, leggendo le peripezie di Bil e di suo fratello Hjuki, ci trarrà l’idea migliore per se stesso. O magari nessuna. Magari ciò che riceverà dalla lettura sarà l’atmosfera di qualche bella fiaba nera, qualche brivido e nulla più.
E sarà perfetto anche così.

Jack & Jill e quello nuovo, La Signora dei Sogni, appartengono alla serie che ha inaugurato 2MM Darkest, ovvero la versione oscura, a mia firma, di Due Minuti a Mezzanotte, l’ambientazione supereroistica del mio amico Alex.
Perché a me piace l’oscurità, narrativamente parlando, i luoghi bui e sporchi, i rapporti umani strani, e piacciono i mostri.

«Ogni anno siamo di meno. Chi viene ammazzato dalla crisi economica, chi dalla noia, chi dal ghiaccio, chi rapito dai russi, e portato oltre la Cortina per essere mangiato…»
«Chi squartato tornando a casa…»

La Signora dei Sogni nasce come narrativa di intrattenimento, e come tale vuole essere percepito. Forse, e dico, forse, è il più horror tra i miei racconti, ed è, allo stesso tempo, una parabola della vita degli immortali, una vita priva di significato apparente, e uno sguardo sulla nostra epoca attuale. I più scaltri vi coglieranno svariate sfumature.

È ambientato negli anni Ottanta, che non sono proprio i nostri, perché Darkest non è proprio la nostra realtà, ma che sono stranamente simili a quelli che noi ci siamo appena (sì, sembra l’altro ieri che giocavamo con l’Atari) lasciati alle spalle.
I protagonisti sono Bil e Hjuki, gemelli e “divinità”, e un gruppo di ragazzini, prigionieri di una cittadina strozzata dai ghiacci nell’inverno artico. Un microcosmo caratterizzato da una moderna, e oscura, cosmogonia.

«Sai tenere un segreto?» fece Oskar, serissimo.
«Sì, certo.»
«Io no.» Sorrise. «Dai, un paio di partite, poi vado a letto.» Le porse il joystick dopo aver schiacciato il pulsante rosso. Il jingle di Pac-man partì dal televisore, insieme ai fantasmi, lanciati all’inseguimento, lungo il labirinto nero.

In copertina – da un’immagine acquistata su Fotolia.it – una bambola inquietante. È anch’essa un elemento della storia. Ha anche lei un significato preciso, vi osserva come una bambola farebbe di un’intera città. Le bambole possono solo osservare, e nient’altro. Ammesso che abbiano gli occhi.

A voi scoprire qual è lo spettacolo di orrore e violenza che si svolge davanti ai suoi occhi: tra lanci di dadi sulle tombe, piccoli sacrifici lasciati a divinità pagane, i folletti di Babbo Natale, ossessioni e cadaveri smembrati, durante sei mesi di buio…

Qui, se volete.

«Sei come me,» insiste la voce, «non sei un mortale… i tuoi sogni, i tuoi sogni devono essere… enormi…» Ghigna, bramosa.
Stringo i pugni.
La creatura flette le gambe, s’accovaccia con un balzo sopra la balaustra: nuda, livida e scarna. La magrezza ne ispessisce ginocchia e gomiti, il resto della pelle aderente alle ossa, le dita striminzite, terminanti in unghie aguzze, stringono un Þvörur. il seno pendulo e appassito sul torace che s’incurva sopra la pancia gonfia. Dal labbro cola un filo di bava denso, sembra gomma fusa. Sotto ciuffi di capelli incrostati e radi, ha gli stessi occhi: appuntiti sul lato inferiore. Arcua le labbra e stringe le pupille d’oro, urla fino a far ingrossare e pulsare le vene sul collo; balza giù, più simile a un intreccio di corde.

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