Underground

Rush – ovvero come emergere dalla palude

Rush-UK-Poster

Ormai Rush di Ron Howard è stato recensito da quasi tutti gli altri blogger miei colleghi. Non ritengo quindi di dover aggiungere nulla alle critiche mosse al film:

– tecnicamente ben fatto, ma le corse si potevano fare meglio
– ottima ricostruzione degli Anni Settanta
– e ci dovevano essere più corse
– e non si respira l’epica

L’epica, sapete, quella cosa che consiste nel cavaliere solitario che, in groppa al destriero, corre sulla prateria, il vento che gli scompiglia i capelli e…

come ci insegna Conan, consiste nello: schiacciare i nemici, inseguirli mentre fuggono e ascoltare i lamenti delle femmine (cit.)
Che poi, a pensarci, questi elementi ci sono tutti, in Rush, persino i lamenti.

E allora cos’è che non va? È che uno vorrebbe star lì dentro la macchina di Niki Lauda, e sentirne il dolore, o una imitazione dolce, ma efficace. Invece, mentre gli svuotano i polmoni, a Niki, il televisore è concentrato sulle corse e sullo speaker che annuncia le vittorie di Hunt. È una cosa sottile, ma sostanziale.
Oppure, durante il Gran Premio del Brasile, anziché inquadrare le ballerine di samba vestite a festa, magari Howard poteva mostrare qualche scena in più sulla pista, essendo un film automobilistico…

Hunt c’ha scritto in fronte la parola meth, morte, come fosse un golem delle corse. Lauda invece è uno che se le tira addosso, per spirito di sacrificio. Mi riferisco sempre ai personaggi del film, non avendo memoria storica diretta degli eventi che l’hanno ispirato.
Quindi, i cavalieri ci sono, atipici, opposti, e per quanto romanzati, che Lauda fosse un austriaco serio e calcolatore e Hunt uno sciupafemmine era più o meno vero. Magari non erano così rivali, magari amavano detestarsi e odiarsi, specie davanti ai giornalisti. Ma si rispettavano. Ops, anche questo c’è nel film…

***

I veri Niki Lauda e James Hunt
I veri Niki Lauda e James Hunt

Chi non rispetta il talento altrui è un fesso.

Ci sono persino i destrieri, Ferrari e McLaren. E le praterie sono i circuiti.
L’unica cosa che manca è la donna contesa. Meno male.
E le corse… vabbè.

C’è però un punto che ho gradito molto e che ha fatto scaturire la riflessione/provocazione che è il presente articolo. Tantissimo. E che, alla luce di certa modernità e di certi ambienti, è bene mettere in risalto.

Lauda, in sostanza, è arrivato in Formula 1 comprandosi il posto. Prima con moneta sonante, poi barattando le sue conoscenze tecniche.
Sì, certo, aveva il talento, altrimenti i soldi non gli sarebbero bastati. Ma quello che importa, ai fini di questo ragionamento è che è arrivato al vertice senza (o con pochissima) gavetta. Niente sudore della fronte inteso in senso classico. Sapeva quello che faceva e non voleva perdere tempo.
Ha cominciato dalla Formula 3 e poi, convinto di avere talento, ha pagato per la Formula 1.

Due cose ammiro in questo, oltre che ammirare Lauda per l’uomo che è stato e che è ancora, e per il suo caratteraccio così simile al mio: il coraggio delle proprie idee e l’orgoglio. Per fare ‘sta cosa, per ipotecare il proprio futuro indebitandosi ci vogliono le palle di superman, ovvero d’acciaio.
Oddio, magari fa la figura del fesso incosciente quando si mette a correre per le strade di campagna solo per impressionare la futura moglie, ma siamo onesti: chi non lo farebbe per impressionare la sua futura moglie?
Si chiama vita e si chiama anche umanità.

Una cosa, invece, è deprecabile: i bambocci dell’allora Formula 1, tanto blasonata, i migliori del mondo e bla bla bla, cullati nei loro allori, che non solo Lauda non l’avevano notato per niente, loro sempre a caccia di talenti, ma che hanno anche accettato i suoi soldi. Cosa che ha dell’incredibile (a livello morale e professionale).

***

I falsi Niki Lauda e James Hunt
I falsi Niki Lauda e James Hunt

Chi fa una figura pessima è la Formula 1, non certo Lauda.

Hunt ha iniziato dalla Formula 3. L’unica differenza con Lauda è che la sua carriera non se l’è finanziata da solo, non avendo i mezzi o non volendo rischiare come il collega. Ha avuto la fortuna, all’inizio, di conoscere un tipo che ha creduto in lui e poi, semplicemente, è diventato l’uomo giusto al momento giusto: colui che poteva battere Lauda.

Anche in questo caso, la Formula 1 ne esce con le ossa rotte: perché Hunt sì, era considerato bravino, ma ribelle, troppo ribelle per un ambiente infiocchettato e con la scopa in culo, pieno di gente celebre. Quindi nessun riconoscimento per il talento di Hunt, sostituito invece da grande antipatia, finché non sono stati costretti da Lauda, l’austriaco arrogante che si è comprato l’ingresso stracciando poi tutti gli altri sulla pista, a prenderlo. Facendo pure il muso storto finché… non ha vinto. Tra parentesi, Lauda e Hunt hanno dato vita al campionato di Formula 1 più bello di tutti i tempi, ma questo è relativo…

Quel che voglio dire (discorso universale), e che si evince da questa storia, è che spessissimo, coloro i quali sono deputati a scegliere il talento non solo non lo vedono, ma lo ostacolano per orgoglio o per bieco interesse, fino a quando non sono con le spalle al muro (o con le pezze al culo). Solo a quel punto cedono e consentono, dall’alto della loro cretinaggine, ai nuovi di emergere.

Spostate questo ragionamento in campi come la letteratura, la scienza, la medicina, la fisica, e capirete perché il mondo è il posto di merda che sembra.
Ho scritto che sembra? Volevo dire che è. Manovrato da gente che al 90% sta lì senza alcun merito, tanto che chi i meriti ancora non ce li ha, ma ha talento, è costretto a inventarsi un sistema astruso per emergere lo stesso. Una cosa assolutamente ingiusta. E folle. E ridicola.

Think about it.

Autore e editor di giorno, talvolta podcaster. /|\( ;,;)/|\ #followthefennec
    • 11 anni ago

    La riflessione può avere il suo perché indipendentemente dalla formula uno, comunque va detto che c’era ai tempi (come oggi) una grande pressione per emergere, e “comprarsi” un volante poteva essere un modo come un altro per passare qualche gradino.
    Anche oggi esistono i “pay drivers” nelle scuderie minori, o quelli che sono appoggiati da sponsor importanti. Negli anni ’70 c’erano ancora (per poco…) i “privateers,” quelli che compravano una macchina e provavano a correre in privato. Oggi sarebbe improponibile per tutto il codazzo tecnologico che c’è dietro.

    Quanto a Hunt, aveva la fama dello sfasciacarrozze, se ricordo bene. E in effetti nel film alla McLaren sembra che preferiscano Ickx, un pilota esperto ma a fine carriera. Ovviamente dopo qualche esitazione hanno capito che era meglio affidarsi a Hunt…

      • 11 anni ago

      Che poi, questo mi porta a farmi un’altra domanda, perché mai invece emergere con le proprie forze, ad esempio nella scrittura, è così mal visto da tutti.

      Grazie della testimonianza storica. ^^

    • 11 anni ago

    Il film mi è piaciuto molto, ma ho già detto la mia, non aggiungo altro.
    La tua riflessione finale, molto interessante, risponde in gran parte a verità.
    Non credo sia un male recente… mi sa che, da quando è nato il cosiddetto “mondo moderno”, le cose (non) funzionano in questo modo.
    Forse, per assurdo, c’era più possibilità di emergere in passato, dove la gente preposta a valutare era in minor numero (per quanto occorresse essere di buona nascita per potersi dedicare a certe attività).

    Che poi è quella mentalità corporativista, che da noi ha raggiunto l’apice negli anni ’30, ma che perdura ancora oggi, in cui pochi mediocri burocrati decidono che merita o meno di far parte di una certa categoria.

      • 11 anni ago

      Sì, e non solo, se è così fortunato (o lecchino, o entrambe le cose) da far parte della categoria, guai a non farla fuori dal vaso, altrimenti viene subito sbattuto fuori.
      La mediocrità al potere… dio che vergogna.

    • 11 anni ago

    A volte riescono a mascherare parte di quel 90% che è lì per conoscenze/nepotismo/et similia inventandosi una loro storia di povertà precedente. Colpa mia, ma io al R2R ci credo poco.

      • 11 anni ago

      R2R sta per? Roll to Roll, Ready to Rumble, Run to Run, o cosa? ^^

        • 11 anni ago

        Aaaaah, dalle stalle alle stelle! Per aspera ad astra! Come le Pall Mall. 😉
        Ma fortunatamente non è il caso di questi due signori.
        Io sono fermamente convinto che, in un mondo ideale, chi ha talento dovrebbe poterlo esercitare subito. Se avessero aspettato i comodi dei signori, il mondo si sarebbe perso questi due gran piloti.
        Per certuni la gavetta è inutile, specie se imposta dall’alto solo per una questione di puntiglio.

        • 11 anni ago

        Ragz to Riches… ma non dirlo in giro 😉

    • 11 anni ago

    Che bello spunto hai tirato fuori partendo da una recensione. Hai proprio ragione, e purtroppo il mondo (per ora) va così…

      • 11 anni ago

      Ti ringrazio. 😉

    • 11 anni ago

    Non si potrà dire che tutte le recensioni di Rush si assomigliano. Bellissima riflessione, inaspettata e del tutto generale, dal film, ma non solo dal film. 🙂

    Ciao,
    Gianluca

      • 11 anni ago

      Thanks! 😉

    • 11 anni ago

    Sei riuscito, una volta di più, ad aggiungere una riflessione inedita e per nulla banale.
    E sconfortante, sì, ma quella è un’altra faccenda.

      • 11 anni ago

      Grazie, Luca! 😉