La robotica è l’argomento che mi affascina da sempre, forse più di ogni altro. Perché appartiene (e suscita) il Perturbante, quella Uncanny Valley che ci fa sentire umani, proprio dalla consapevolezza di trovarci di fronte a qualcosa che imita la natura umana, ma che non è umana.
In questo periodo sto documentandomi, e scoprendo cose interessantissime che forniranno il background al mio romanzo. Ma nel frattempo, credo possa essere interessante anche parlarne qui sul blog, per conoscere i progressi compiuti dalla ricerca, per discuterne i principi, se volete.
Questo è il primo di tre, forse quattro articoli dedicati alla Robotica Umanoide, quella che di fatto vuole imitare la vita umana, l’intelligenza, gli atteggiamenti, persino le manie.
Guardavo un filmato, ieri pomeriggio (sorry, non ho trovato il link al tubo), che presentava ASIMO, uno dei modelli di robot che esamineremo tra poco, ebbene, sono rimasto sorpreso ad ascoltare certe considerazioni sulla differenza fondamentale tra uomo e macchina.
Gli umani sono già riusciti a creare l’intelligenza artificiale, ma essa non è dotata di autocoscienza, ed è molto limitata.
I computer sono intelligenze artificiali, in grado di svolgere in tempi infinitesimali operazioni di calcolo che noi non potremmo fare se non dopo faticosa concentrazione e tempi titanici (almeno nella media, poi sappiamo che esistono individui dotati di capacità di calcolo numerico fuori della norma). Di contro, i computer non riescono a riprodurre fenomeni per noi umani automatici: vedere, ascoltare, sentire sulla pelle, e tutte quelle operazioni che noi diamo per scontate, ma che dipendono dal nostro cervello e che sono frutto di complessa elaborazione.
In conclusione, perché un robot possa vedere, e riconoscere ciò che vede (processo essenziale perché possa interagire autonomamente con l’ambiente circostante) glielo si deve insegnare da zero.
Questa consapevolezza dà i brividi, vero?
Perché probabilmente, insegnando ai robot l’interazione con l’esterno, che esula dalla semplice intelligenza di calcolo, insegnando loro a riconoscere i volti degli umani, stiamo preparando la strada perché un giorno riconoscano se stessi.
Ma di questo parleremo nell’articolo conclusivo. Ora vi parlo di cinque modelli di androidi e di cosa sono in grado di fare.
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ASIMO
Probabilmente, il robot più famoso, perché le sue apparizioni pubbliche, coincidenti con dimostrazioni delle sue incrementate abilità, sono annuali. È stato sviluppato dalla Honda, impegnata in progetti miranti alla robotica fin dagli anni ’80, come evoluzione delle precedenti serie denominate con le lettere E e P. Gli studi con questi modelli condussero, nel 2000, alla creazione di ASIMO, un robot bipede, alto 130 cm e del peso di 54 kg.
ASIMO è stato concepito con intenti assistenziali. E per ora il suo ostacolo maggiore è l’alimentazione: le batterie che lo animano hanno una durata esigua, circa un’ora, contro 3/4 di ricarica. In un futuro ideale, quando il progetto raggiungerà il suo apice e sarà completo, le sue abilità di movimento e di interazione fisica e sociale gli consentiranno di aiutare esseri umani con difficoltà di movimento.
ASIMO può camminare a una velocità di 2.7 km/h, correre a 9 km/h, grazie a un sistema di controllo dei movimenti che gli consente di modificare la traiettoria e la lunghezza dei propri passi, a seconda del terreno che si trova a percorrere. Riesce, di conseguenza, a mantenere l’equilibrio; ha un totale di 34 gradi di libertà di movimento.
Ma la parte più interessante riguarda le sue facoltà interattive. ASIMO è in grado di riconoscere oggetti in movimento, sia viventi che non viventi, atteggiamenti, posizioni, suoni (risponde se chiamato) e volti, distinguendo di fatto un essere umano da un altro. Forse ancora più impressionante la capacità di attribuire a oggetti mai visti prima significato e destinazione d’uso analoghi ad altri già visti: ovvero, conoscendo già la sedia, se gli viene mostrato uno sgabello, identico per utilizzo ma non per forma, ASIMO lo identifica come sedia.
Interpreta voci e comandi verbali e interagisce correttamente rispetto a certi stimoli, ad esempio, se gli viene offerta la mano per una stretta, egli corrisponde una stretta.
È in grado di annuire o negare con movimenti del capo e guarda negli occhi il suo interlocutore. Quindi ha una triplice intelligenza al lavoro, che sovrintende il movimento, la vista e l’udito, visto che riesce a distinguere anche i suoni. Riceve stimoli esterni, li interpreta in brevissimo tempo e reagisce di conseguenza.
TOPIO
Robot umanoide bipede sviluppato dalla vietnamita TOSY, concepito per… giocare a ping-pong insieme a un essere umano.
Alto 188 cm per 120 kg di peso. Praticamente un terminator. 😀
39 gradi di libertà, di cui sette solo nel braccio.
È un robot dedicato. In sostanza è stato concepito per un unico compito, ossia giocare. La cosa che più impressiona è che il suo avanzato sistema di intelligenza artificiale gli consente di diventare più forte, aumentando progressivamente la sua abilità nel gioco.
QRIO
Acronimo di Quest for cuRIOsity è un robot umanoide bipede sviluppato dalla Sony a scopo di intrattenimento. Alto 60 cm, per un peso di 7 kg.
Nel 2006, il progetto è stato sospeso dalla Sony, con un annuncio ufficiale.
Si ignora, quindi, quanti e quali siano i prototipi ancora esistenti. Oltre che danzare, il piccolo robot era in grado di riconoscere voci e volti, in particolare le espressioni emotive legate a ciascun volto, nel caso di piacere o disgusto. Ed è stato il primo robot, entrato nel guinnes dei primati, ad avere la capacità di correre, a 23 cm/s. Anche le batterie al litio di QRIO avevano una durata limitata, solo un’ora.
HUBO
Sviluppato dal KAIST (Korea Advanced Institute of Science and Technology), HUBO è un robot umanoide bipede, in grado di camminare, e di partecipare a giochi da tavolo (una delle versioni monta una testa umana somigliante a Albert Einstein).
Come gli altri, oltre il movimento, ha capacità ricognitive e un sistema visivo particolarmente sofisticato, che gli consente di muovere gli occhi in modo indipendente, così da eleborare più compiti contemporaneamente, sacrificando parte della sua “umanità”.
Altra caratteristica è la sua incredibile capacità motoria degli arti, molto più simile a quella umana rispetto ai suoi colleghi: le gambe hanno un movimento più fluido e realistico, e HUBO può muovere le dita della mano autonomamente l’una dalle altre, o tutte insieme (cosa quest’ultima che gli permette, ad esempio, di spostare piccoli oggetti utilizzando solo due dita).
ROXXXY
Come si intuisce dalla tripla X, l’hanno fatto, hanno creato un robot femminile, un ginoide, avente come scopo l’intrattenimento sessuale.
Sviluppato dalla TrueCompanion, con sede in New Jersey, ROXXXY è alta 170 cm e pesa 54 kg, pelle sintetica, protesi al silicone e un sistema di intelligenza artificiale che consente di apprendere le preferenze del cliente.
Ok, state provando un sentimento perturbante, anche io.
In realtà, rispetto ai suoi colleghi meno affascinanti, ma più concreti, ROXXXY è molto più arretrata a livello tecnologico, essendo stata concepita per interazioni di un certo tipo. Non ha capacità di movimento. È comunque in grado di parlare (frasi pre-registrate, come i giocattoli), ascoltare e, questo è notevole, sentire il tocco. In sostanza, è dotata di sensazione tattile.
Possiede sistemi idraulici sui quali non mi dilungo più del dovuto, e la capacità di arricchire il proprio vocabolario, apprendendo e registrando nuove parole e, di fatto, attribuendo a ciascuna di esse un significato. In sostanza, se glielo spiegate, lei registra, ma questo upgrade deve essere effettuato collegando il robot a un laptop e a internet. Una specie di frankestein che non vi consente di dimenticare che è un manichino, anche se estremamente sofisticato.
Edit by Hell, 15/02/2013, 19:55.
continua…
(QUI la parte II)