Avrei dovuto pubblicare oggi il tredicesimo episodio del mio Cavour, ma credo debba slittare di qualche giorno. Ho bisogno di riorganizzare le idee.
Piuttosto, ripensando alla trama che ho concepito (invero piuttosto complicata), e al limite che mi sono imposto (1000 parole a post) e confrontandole coi risultati ottenuti, mi va di fare qualche riflessione.
Io lo chiamo Progetto Risorgimento di Tenebra, come fu per il Survival Blog. Anche se non ha avuto eco altrettanto forte. Né ho cercato di dargliela.
L’idea iniziale era Cavour Cacciatore di Vampiri. È sempre stato solo Cavour. Il Risorgimento è venuto dopo. Ma non importa.
Sto portando avanti questo esperimento per un solo motivo, ormai: l’esercizio.
Costringersi a scrivere è sempre un ottimo esercizio. Specie per me che indulgo nel dolce far niente.
Arrivato al capitolo 12 di questa saga con pochissimi vampiri, anzi, nemmeno uno finora, in senso classico, direi che il risultato è:
1) Un XIX secolo violento e pittoresco
2) Una trama da romanzo pulp a episodi
3) una serie di scene collegate fra loro da un filo sottilissimo
4) due o tre personaggi ben riusciti.
In sostanza, mi sembra di stare replicando qui sul blog una specie di Weird Tales. Chiariamo subito, non mi riferisco alla qualità, ma all’apparenza. Pubblico storiacce fantastiche a tinte fosche, con la scusa dell’impronta risorgimentale, curando al minimo la coerenza del tutto e pensando più di ogni altra cosa alla riuscita della singola scena, all’effetto splatter, più che alla meta finale prefissata.
***
E, sorpresa delle sorprese, il risultato, pur lontano dall’essere omogeneo (per i miei standard, almeno) è soddisfacente. Molto.
A livello stilistico scrivo in modo più tranquillo, osservando le scene d’azione e non vivendole. Ne deriva una scrittura più rilassata, sebbene in prima persona.
A livello verbale, il limite di 1000 parole mi costringe a spiegare tutto con poco. È di gran lunga l’esercizio migliore, in quanto impedisce la logorrea. Le descrizioni sono stringate, essenziali. Devono esserlo
Limite che è anche causa di ciò che scrivevo sopra, l’apparente sorvolo sulla creazione di un intreccio solido che appare sempre più come una specie di epopea dei Saint Seya, una storia che è, di fatto, un susseguirsi di episodi che, all’apparenza, hanno poco a che vedere con l’idea alla base del romanzo.
Lo spettro del feuilleton si rafforza sempre più. Rischio calcolato, anche se non vuol dire che mi arrenda. L’ambizione è tentare di sfruttare ancora quel poco di continuità (che c’è, fidatevi) alla base di tutta la storia di Cavour esposta finora, e far sì che tutto giunga a collimare.
***
Il problema è sempre in quelle mille parole. Difficile spiegare, sviluppare ogni sfumatura in 1000 parole. Per di più evitando a ogni costo gli spiegoni e trasformando i pochi dialoghi esplicativi in monologhi: Cavour infatti ragiona spesso con Pietro, il suo aiutante, che è muto e si esprime a gesti. Si tratta quindi di ragionamenti con l’ausilio di un osservatore.
Il punto di vista appartiene solo al Conte che è per natura (nella mia concezione) poco incline alla riflessione e molto più propenso all’azione.
Questo si traduce in un unico risultato: ogni progresso della trama dev’essere affidato agli eventi.
Eventi che, per quanto complicati e ricchi possano essere, non fanno altro che aggiungere, capitolo dopo capitolo, solo un singolo tassello in più.
Ne consegue che, prima di scrivere la fine di questa storia, di capitoli ne vedremo ancora parecchi.
Di aspetti da chiarire ce ne sono diversi:
1) il ruolo di Nina Giustiniani (amica di Cavour)
2) la cicatrice sulla pancia di Germaine
3) la natura di Germaine
4) perché la Bambina Vampiro ce l’ha con Cavour
5) lo scopo del Vaticano
6) in che modo gli eventi del 1835 si riallacciano a quelli del 1844 e ancora a quelli del 1862
Realizzare tutto questo, considerata la natura dispersiva del blog e la mancata pubblicazione periodica dei post (colpa mia, ma in questo periodo non avrei potuto fare altrimenti), risulta impresa epica.
***
Infine, due note personali su ambientazione e personaggi.
Il setting mi soddisfa appieno. Città nebbiose, campagne scure e maledette, Parigi che sembra una metropoli fredda e piena di delinquenza. E dolciumi, tantissimi, musica e droga. In pratica una Vice City Ottocentesca. Non potevo desiderare di più.
Cavour è ancora meglio di come me l’ero prefissato. Sta riuscendo proprio bene. Prima persona, è vero, ma non c’è nulla di me stesso. È lui, è autonomo, è preda di appetiti sessuali e in conflitto con la propria famiglia. Un nobile che non sopporta i nobili e le buone maniere. Parlo sempre del mio Cavour. Pronto a menare le mani, ma non così invincibile.
Pietro è una sorpresa. Cresce di episodio in episodio. Spalla perfetta per creare distensione, per sdrammatizzare e per menare le mani quando necessario. Personaggio che è arrivato a sorpresa, perché mi serviva un autante, e che ho caratterizzato man mano. Il colpo fortunato è stato, come già accennato, il renderlo muto. Il suo mutismo mi obbliga a trovare soluzioni narrative perché riesca a comunicare.
Germaine è il vero esperimento: è un vampiro ma non lo è, non in senso classico. È fonte di mistero e motore della storia, o almeno di una parte di essa. Mi diverte molto, anche se non l’ho ancora sfruttata appieno. Mi diverte soprattutto il suo rapporto con Cavour, il suo essere un po’ infantile, e la sua golosità. Crescerà, vedrete.
***
Le intenzioni di continuare ci sono. Mi è stato chiesto anche se ho intenzione di radunare tutto in un eBook a conclusione. La risposta è: non lo so.
E non lo so proprio per i motivi esposti finora.
Quel che è certo è che questo Ottocento pulp e mathafuckapunk mi piace e mi attira. E, seconda cosa certa, l’esercizio è utilissimo, proprio a causa di quelle stesse limitazioni che lo penalizzano così tanto.
Insomma, altrettanto utile che una Round Robin? Sì, direi proprio di sì.
Pagina del Risorgimento di Tenebra QUI