Oggi Davide ha postato un articolo interessante, sui libri che cambiano (o hanno cambiato) la vita. O che non ce l’hanno cambiata davvero, o che hanno indotto certi ragionamenti.
E il punto è proprio quello: non ho mai creduto al potere degli oggetti, ma a quello delle idee.
Ho sempre detto è ripetuto che, in quanto individui, siamo il risultato delle nostre esperienze, caratterizzati o meno, a seconda della potenza di esse.
Esperienze fortissime, o letture fortissime, lasciano il segno indelebile, quello che ci orienta. Esperienze blande lasciano comunque un segno, ma meno visibile, ininfluente, se preferite.
Idenfiticare un cambiamento epocale con un libro è un classico dell’oggettivazione.
Per metterla come diceva un altro pensatore, attribuisco una mia decisione, quella che mi ha fatto cambiare, a un altro. La esteriorizzo. Rifuggo il merito personale e la responsabilità che ne deriva. Sa un po’ di ritirata.
E diciamo che la cosa non mi va.
Poi, pensando a me stesso, devo per forza di cose tener conto di alcuni fattori. Sono nato negli anni Settanta, ma diciamo che è degli anni ’80 che sono figlio. Ovvero, è intorno all’84, ’85 che posso far risalire esperienze formative.
Anzi, è ingiusto anche definirle formative: sono solo esperienze, nel momento in cui le vivi. Esattamente come quando si legge un libro: è solo un libro. Poi anni dopo diventa, “il libro che mi ha cambiato la vita”. Ma la decisione è sempre nostra e al massimo quel libro, o quella esperienza, hanno contribuito a generare nuovi pensieri.
Quindi, figlio degli anni ’80, della televisione e dei videogiochi più che dei libri, figlio della depressione del meridione, della scarsità di infrastrutture, persino della scarsa disponibilità economica familiare. Figlio, in definitiva, dell’ambiente in cui sono cresciuto. Come tutti. E che trent’anni dopo mi hanno portato a scegliere di aprire un blog. Di cinema. E di tante altre cose.
Per cui, ho pensato di ripercorrere con la mente i ricordi più vividi. Quelle esperienze che mi hanno cambiato la vita, perché mi hanno segnato più di altre. Tutte le esperienze. Un gioco, o un esperimento, se volete.
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Escludiamo le tappe obbligatorie: primo bacio, prima volta, etc… e tutte le esperienze di vita in generale. Capitano a tutti, o almeno dovrebbero, e la vita te la cambiano davvero (nel bene e nel male).
Concentriamoci su altro, fate un rapido viaggio all’indietro e ditemi cosa scoprite. Così, all’istante, senza starci a riflettere troppo. Ecco quello che ci trovo io:
La Piccola Fiammiferaia
Sì, dopo che avete finito di ridere, spiego.
È una fiaba, lo sapete tutti, Solo che sono figlio degli anni ’80, ricordate? Quindi l’ho vista in tv, in versione animata. Non ricordo di preciso quanti anni avessi, ma di sicuro ero piccolino.
Il punto è che questo racconto colpisce come un maglio, cambia la percezione della sicurezza del bambino, instillandogli paure terribili. In questa favola, protagonista una ragazzina infreddolita, c’è il peggio del peggio, per un bambino abituato al sereno focolare domestico, con mamma, papà, cane e regali sotto l’albero:
c’è la povertà. Anzi, di più, c’è la miseria più nera
c’è la disperazione
c’è la solitudine
c’è la cattiveria della gente
c’è il calore effimero di un sorriso
c’è l’odore del pane appena sfornato e dei dolciumi (mi pare che in questa versione la fiammiferaia girovagasse nella città, sotto un’abbondante nevicata, preda del freddo e della fame, e si fermasse a guardare le ricche vetrine piene di leccornie, che naturalmente le venivano negate)
c’è il calore effimero di un fiammifero, anzi, di tanti fiammiferi, che si spengono, uno dopo l’altro
Terribile. Instilla la paura del mondo e quella di perdere tutto.
Il Viaggio nel Tempo
Non ricordo come si chiamasse il programma. Mi sembra, ché i ricordi sono davvero fumosi, che fosse una specie di telefilm di stampo fantascientifico, il protagonista guidava una navicella, indossava una tuta rossa con un casco dalla visiera nera. Mi sembrava fighissimo.
Comunque, per farla breve, in una delle puntata la sua navicella atterra nella terra preistorica, dei dinosauri.
Quella dei dinosauri poi fu una passione rafforzata da Izenborg, dove avevano gli occhi rossi ed erano cattivissimi.
Ma non divaghiamo. È il concetto di viaggio nel tempo, a folgorarmi. Perché d’improvviso, pur avendomi mio padre spiegato che “è solo fantascienza”, ovvero probabile in un futuro lontano, ma non possibile, d’improvviso, dicevo, la consapevolezza di poter visitare coi miei occhi, quelle bellissime lande colme di vegetazione aliena, percorse da rettili mostruosi sembrava sublime.
Forse lo è anche oggi.
Il Quattordicesimo Volume dell’Enciclopedia (e un piccolo museo amatoriale nei giardini pubblici dietro casa)
Il volume trattava dei dinosauri. La cosa più bella che esisteva in tutto il creato. Estinti, vero. Ma forse era un bene.
I miei preferiti? Il Tirannosauro e il Triceratopo. Ah, poi c’era lo stegosauro, ma in posizione defilata, i primi due erano inarrivabili.
Allora c’era questo volume, pieno di disegni spettacolosi, anche se, alla luce delle recenti scoperte paleontologiche, i rettili avevano proporzioni sballatissime, come quello mostrato in foto, e poi c’era questo “museo”, che in realtà era una baracca di una trentina di metri quadri, a voler essere buoni, pieno di meraviglie straordinarie, pietre fossili, modellini di dinosauri, poster che illustravano pangea, e contenitori colmi di formalina pieni di creature strane. Una specie di laboratorio delle meraviglie.
Probabilmente oggi, privo di millemila permessi e norme di sicurezza, un posto del genere non potrebbe mai esistere.
La spada laser
Perché la Forza è in ognuno di noi, è vero. E pur non essendo mai diventato un fan, una delle cose più belle che ricordi è Obi Wan Kenobi che mostra al giovane Luke la spada laser, definendola un “arma elegante”.
Una spada fatta di luce, a riposo non più grande, che so, del mio astuccio da portare a scuola.
E poi, Darth Vader che l’aveva rossa, perché il rosso è il male, e la rivelazione “io sono tuo padre” e il taglio della mano, subito dopo ricostruita artificialmente, perché la scienza permetteva, o almeno quella era l’idea, di superare i traumi fisici.
E la spada laser la voglio ancora adesso.
Eraclito
Che era uno dal pensiero potente. Ne restano pochi frammenti, potentissimi. Messi a paragone, soprattutto, al contesto storico in cui viveva. Uno che diceva che non esistono dei, ma solo il cosmo è uno che la sapeva lunga per forza. O forse aveva solo azzeccato una battuta, non lo so. Forse non lo saprà mai nessuno.
E poi, era uno che non le mandava a dire. O almeno, questa è l’impressione. Oppure è una mia idea, e anche su quell’idea sono diventato ciò che sono.
Le parolacce nella Divina Commedia
Scoprire che in un poema studiato a scuola ci sono parolacce come merda, puttana e tante altre prelibatezze.
È l’Inferno, baby. E Dante, circondato da stronzi e troll di ogni genere, li aveva mandati tutti al diavolo, letteralmente. Esistono anche quei due seguiti commerciali, ma il vero pulp è il conte Ugolino, Farinata degli Uberti nel suo sarcofago infuocato, le persone infilate nella merda fino al collo e oltre, Pape satan, pape satan aleppe e altre cose mirabolanti e fantastiche. E in generale l’idea che la lettaratura può tutto, quando è genuina.
Poi vabbé, l’ho studiato anni più tardi, e meglio, carpendo anche parecchie altre sfumature. Ma quella prima lettura ormonale resta la migliore in assoluto.
Gli Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo
Gli alieni comunicano con noi attraverso la musica, in cima a un monte dalla forma strana, perché non siamo soli nello spazio immenso.
Un senso di pace inarrivabile
E questi sono i ricordi più immediati, cose che forse mi hanno reso ciò che sono adesso, o forse semplicemente esperienze abbastanza forti, da essere ricordate a distanza di anni. Naturalmente non sono tutte, magari non sono nemmeno le più significative, ma sono quelle che, fermandomi a pensare il tempo necessario per scrivere questo articolo, sono riaffiorate.
Non posso dire di essere fiero di discendere dalla spada laser, ma secondo la mia memoria è così che stanno le cose. Magari ci si potrebbe ragionare su, o magari no, prendere il tutto come un giochino senza pretese. 😀
E se dovessi pescare un ricordo attuale, scelgo una frase di Bukowski, che proprio non mi tolgo dalla mente, e che, questa sì, mi ha indirizzato:
[…] Bussai.
Aprì un tipino alto snello delicato che spandeva odore di senso artistico tutto intorno. Si capiva che era nato per Creare, per Creare cose grandiose, libero da ogni impedimento, mai angustiato da coserelle meschine come mal di denti, incertezza, sfiga. Era uno di quelli che hanno l’aria di un genio. Io avevo l’aria di un lavapiatti per cui i tipi come lui mi stavano sempre un po’ sui coglioni.
Prima di leggere questa fottuta frase ero convinto che si dovesse essere artisti, ora sono convinto che si debba semplicemente fare le cose, senza etichette stupide. Quelle è meglio lasciarle a chi ha tempo da perdere.
E voi, che mi raccontate?