Underground

Richiede soltanto odio

hate-image2Ne parlavamo di recente con alcuni amici del Blocco C:

Requires only that you hate, abbreviato in Requires Hate, è il nickname di un blogger controverso, autore di recensioni aggressive e di innumerevoli attacchi portati tramite la rete ad altrettanti autori che, per qualche ragione, prendeva di mira.
Il tipo dalle decine di migliaia di seguaci, che sbavano a ogni parolaccia/insulto che lui dispensa.

Ora, perché io conosco questo blogger tanto chiacchierato?
Perché la eco del trolling è arrivata fin qui, travalicando i confini della differenza linguistica.
Ma c’è di più.
Tanto di più.
Insieme alla sopraffina capacità di trolling di questo individuo, che stava sempre online a fare le pulci agli altri accusandoli di essere omofobici, maschilisti, razzisti e ancor più grave tacciando i loro lavori di tali oscenità, è venuto fuori che questo Requires Hate era soltanto uno dei tanti alias di una emergente scrittrice di fantascienza, la thailandese Benjanun Sriduangkaew, che possiede ovviamente il proprio blog e, altrettanto ovviamente, mostra un carattere che è lontano anni luce dal troll che sempre lei impersonava.
Non è tutto, l’attività di trolling di questo personaggio, a quanto pare, risale al lontano 2003, nel fandom sci-fi, winterfox, questo il nick scelto allora, era notissimo per i suoi articoli/post votati al puro odio di chiunque, per qualunque ragione, capitasse sotto la sua mannaia critica.

Qui e qui tutti i dettagli.
Ovviamente, c’era chi era a conoscenza del segreto, della duplice (o molteplice identità), e che è stato messo a tacere sia dalla troll stessa, che dai suoi idioti seguaci. Sapete, il fandom…

Ora, non è il primo troll, né sarà l’ultimo.
Ma fa inorridire la scelta del nome del blog dove riversare odio represso, tanto per cominciare, fa orrore la dipendenza che questa persona aveva per l’odio che riusciva a scatenare in rete e a riversare su altra gente, arrivando alla persecuzione mediatica tramite twitter e altri social, in ciò facilitata dal supino atteggiamento dei suoi gregari. Facendo un esempio nostrano, se esiste gente che s’indigna per i titoli di Lercio, non conoscendo/non volendo approfondire cosa Lercio sia, immaginate quanto possa essere facile incanalare l’odio di gente così… poca. Verso chiunque il loro blogger di fiducia/santone voglia scagliarli.
E loro, i seguaci, odieranno e lanceranno strali, solo perché l’hai detto Lui/Lei, il blogger padreterno di turno.

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Fa orrore che questa persona stesse riuscendo, fino allo scoppio del bubbone, a rifarsi una verginità e un nome, come scrittrice sci-Fi, mentre con le altre identità fittizie si dedicava alla sistematica distruzione dei suoi “avversari” demolendo le loro opere, accusandole di empietà di ogni sorta, sempre sfruttando la pazzia del momento, che vuole la gente ipersensibile a cose futili, come una maglietta con una pin-up, e muta di fronte a tutto il resto.
Siamo una specie strana e amante delle cazzate. E ancor più, amiamo i presuntuosi e gli arroganti, quelli che urlano, ancor di più se hanno proprietà di linguaggio, perché fanno simpatia.
E fanno danni.

E quando vengono scoperti, come Requires Hate, non trovano di meglio che scrivere un’ammissione di colpa, avendo almeno il buon gusto di non addurre giustificazioni.
Perché spargere odio per undici anni è… bizzarro.

I could talk about why I used the rhetoric I did or the source of my anger, but that’s a matter of excuses and justifications, and this is no place for that: an apology is not about the person who makes it. I was a horrendous asshole. I often assumed the worst and overreacted and jumped down people’s throats at the slightest provocation, because I thought escalating the language proved I was tougher and meaner than anyone else. If that sounds like a loser’s game, it’s because it is. (fonte)

Potrei parlare dei motivi per cui ho usato tale retorica o della causa della mia rabbia, ma questa è materia di scuse e giustificazioni, e non è questo il posto per queste cose: le scuse non riguardano la persona che le fa. Sono stata un’orrenda testa di cazzo. Spesso ho pensato al peggio e ho reagito in modo spropositato, saltando alla gola della gente alla minima provocazione, perché pensavo che esagerare col linguaggio mi avrebbe fatto vedere come la più tosta e la più cattiva di tutte. Se questo suona un po’ come un gioco da perdenti, è perché lo è davvero.

Ma in effetti, c’è chi viene al mondo odiando. E riesce a fare solo quello. La comunicazione globale gli rende solo la vita più facile.

C’è da pensarci.

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