Underground

Ricacciare i Signori nelle Tenebre

Qualche giorno fa l’amico Alex ha dato spunto, sul suo blog e su facebook, a due discussioni interessanti per gli amanti della narrativa fantastica.
Il worldbuilding, la razionalità e la sospensione dell’incredulità, quanto sono importanti nella creazione di un universo fantastico?
Tra le tante, mi sono arrovellato su una frase in particolare, che vi riporto:

Prendiamo il classico mondo fantasy generico e poco approfondito. Ci sono elfi, umani, nani, e un generico regno dominato dai signori del male, che minaccia tutti gli altri. La storia di questo mondo viene descritta solitamente come millenaria, eppure la cultura dei popoli che lo abitano non ha mai avuto una vera evoluzione. Tremila anni fa combattevano con archi e spade, e lo fanno ancora oggi.

Che, generalizzando, è il problema che un ragazzo che s’è approcciato alla narrativa fantastica, presto o tardi, si trova a affrontare:

– per me è arrivato abbastanza presto, intorno ai quattordici anni, quando, giocando a D&D, conobbi il Granducato di Karameikos. Ovvero uno sputo di territorio, retto da un Duca, che, insieme a tutti i regni e regnetti a lui vicini, pretendeva di competere con un impero (Thyatis) cento volte più grande e potente. E no, non bastava la presunta parentela del Duca con l’imperatore a salvare quel piccolo ducato da un’annessione più che probabile.
Non era credibile, non era credibile neppure definirlo una nazione, ma lo si accettava, supinamente, perché era il luogo in cui gli avventurieri dovevano farsi le ossa. È come la starter house della serie di videogame Sims. Una casa piccola, che costa un totale di ventimila simoleon, dove un personaggio appena creato può andare a vivere, altrimenti non potrebbe nemmeno cominciare. Riassumendo: non ha senso, ma serve a poter giocare.

Per non parlare della magia, che a mio avviso è proprio la causa dell’assenza di progresso a cui fa riferimento Alex.
Mi spiego: se per fertilizzare un campo, far piovere o scacciare i non-morti, esistono figure predisposte che possono ottenere tutti questi effetti (e molti altri) recitando una formula magica e facendo appello a una qualche forma di potere, è la stessa idea di progresso tecnico-scientifico che viene meno, perché non c’è necessità di ideare un’alternativa che non preveda l’utilizzo di un potere magico.

Io me la sono sempre spiegata così, la storia che un mondo fantasy vecchio di diecimila anni non ha mai scoperto, che so, la polvere da sparo, ed è rimasto a combattere con spade e pugnali.
Chi ha bisogno di un carro armato, quando c’è un rugginofago che lo sbriciola con un colpo di lingua?

A volte è la natura stessa del mondo fantastico a negare la razionalità, o meglio ancora uno sviluppo razionale dello stesso: a negare l’evoluzione.
Non vuol dire che sia irrazionale, ma solo diverso, e in teoria coerente con la sua evoluzione originale, altra.

Ma il problema resta, per noi lettori, e il modo che abbiamo trovato per superarlo si chiama sospensione volontaria dell’incredulità.

I draghi non esistono, ma accettiamo la loro esistenza nelle pagine scritte. E in questa maniera riusciamo a goderci la storia.

Bello liscio.

Però la Sospensione è difficile da applicare. Il rigetto va a concentrarsi, per l’appunto, su tutti quegli aspetti del fantastico che fanno a pugni non tanto con la realtà, ma col funzionamento di essa, quello che siamo arrivati a conoscere col progresso scientifico.
E così, nascono una serie di riflessioni: una tra tutte che la magia non dovrebbe, ad esempio, violare i principi della termodinamica.

Oppure, da un punto di vista macroeconomico, tentare di capire come possa funzionare, ad esempio, l’economia del suddetto Granducato di Karameikos (sì, ce l’ho ancora con quel maledetto Granducato, ancora oggi dopo tanti anni).

Arrivando alla felice intuizione di un commentatore, riportata negli articoli sopra, che può essere riassunta con la consapevolezza che il lettore tenderà, nell’approcciarsi a un universo fantastico, a storcere il naso a seconda degli interessi che egli possiede/predilige: un lettore esperto di economia si fisserà sul sistema di mercato dell’universo fantastico, un appassionato di fisica non sopporterà una magia che risulti piuttosto fantasiosa nel suo dispiegamento, ovvero che violi le leggi della fisica.

Non si può mettere d’accordo tutti, giusto?

Personalmente, non amo molto la magia, ad esempio, quindi tendo a stare ben lontano dal genere fantasy ad alto impatto magico. Harry Potter non l’ho mai conosciuto, se non di nome, perché, per quanto mi sforzi, non riesco a accettare l’idea che un miscuglio di erbe e ingredienti dai nomi variopinti (non mi riferisco in particolare a HP, ma all’idea più classica di magia) possa causare un effetto che modifichi la realtà tangibile.
Gli ingredienti mescolati nel pentolone, coda di rospo, fegato di bue dell’Himalaya, polvere d’ossa dell’atlantideo e polvere di Belladonna o altre erbe varie, probabilmente, l’unico effetto che possono creare è la dissenteria in chi ingoia la pozione, o la morte da avvelenamento.
Ma questa non è magia, è chimica.

Ma veniamo a ciò che mi piace:

– i personaggi.
Io li adoro, e non per le gesta che compiono, ma nel quotidiano. E qui sta il difficile, perché il bravo autore me li fa vedere e amare senza descriverli, mostrandomeli nei gesti di tutti i giorni, nelle piccole scelte quotidiane, nei vezzi e nei vizi.

– il mondo.
Quindi il worldbuilding, sì, ma non deve essere pesante. Diciamo che apprezzo conoscere la realtà in cui i personaggi si muovono mentre essi si stanno muovendo. Quindi non tutti gli aspetti, ma alcuni degli aspetti. Da scoprire man mano, magari in più libri.

– l’intreccio.
Be’, non necessita spiegazioni.

E, tra gli elementi fantastici…

Apprezzo poco la magia, forse a causa di cattive partite a D&D, o forse per colpa di quei “mondi fantasy generici e poco approfonditi” che tanto hanno sedimentato nell’armadio delle brutte invenzioni che mi hanno causato una crisi di rigetto, per loro e per le loro regole astruse.

Niente incantesimi e assolutamente niente gente predestinata che vanta poteri del DNA. Sì, Anakin Skywalker, ce l’ho anche con te. Ma posso aggiungere qualunque eroe/eroina fantasy che “ha in sé il potere” di ricacciare i Signori delle Tenebre nelle tenebre da cui sono venuti fuori (chissà perché).

– gli spiriti/demoni/fantasmi

Ecco, non sono il tipo da HP, abbiamo detto, però apprezzo molto l’idea legata all’esistenza di creature superiori, antiche o sconosciute.
Qualcosa di così diverso da impedire una qualsiasi forma di comunicazione con esso.
Qualcosa di talmente antico e primordiale da non necessitare una civilizzazione per sussistere, ma che in ogni caso sopravvive, pura forza e spinta vitale. Che va combattuta, quando si può, con la forza bruta (“non si può ragionare con loro”) oppure che va solo rifuggita.

Sì, Conan il Barbaro. Che, guarda caso, con la magia aveva un pessimo rapporto, tanto da distruggerla, in un modo o nell’altro.
Ma anche Lovecraft.

Sono regole che cerco di applicare io stesso quando scrivo, perché sono quelle che più mi piacciono, con le quali trovo più affinità.

Il mio protagonista non è mai predestinato, ma quasi sempre vittima casuale di eventi superiori e incontrollabili.
E voi, quali sono i vostri gusti, quando sospendete la vostra incredulità?

Autore e editor di giorno, talvolta podcaster. /|\( ;,;)/|\ #followthefennec