Non c’è niente di più bello, io credo, di poter sbirciare il lavoro di un artista.
Stare seduto in un angolino, nello studio, attento a non urtare vasetti con decine di pennelli, tubetti di colore, stracci sporchi, vecchie tele incompiute, lasciate a prendere polvere, con in mano un libro, e alzare gli occhi dalla lettura, soffocare uno sbadiglio e guardare le spalle del pittore, che non conoscono stanchezza, le sue dita sporche, la tela che prende forma pian piano, il fruscio delle pennellate.
E domandarsi, come tutte le volte, come può, uno strumento all’apparenza impreciso come un pennello, dare origine a tale perfezione del tratto.
Lo so perché guardavo mio padre.
Questa foto di Vladimir Kuš, russo, surrealista, ha aperto più cassetti della memoria di quanti avrei voluto.
Ma ogni tanto fa bene guardare indietro.
Kuš è contrario al surrealismo. Lui non fa surrealismo, lui inscena un realismo metaforico. Concetto non meno complesso e vario nell’interpretazione del primo.
I vasti spazi, le nuvole e una concezione piuttosto ardita della luce, questi sono i dettagli reali. Una panoramica su un mondo concettuale, che è tale solo nella cultura di chi lo interpreta.
Più vasta essa è, più profonda sarà l’immersione alla ricerca di significati, non sempre corrispondenti alla volontà dell’artista, non sempre prevedibili. Come in ogni corsa dell’arte.
Ad esempio, questi mulini, le cui pale sono farfalle, e quindi psiche, sono un monumento all’illusione?
Oppure l’uovo, rotto, o costruito, data la presenza di impalcature, al cui centro il sole, che è luce di Dio, così come l’uovo è simbolo dell’anima?
O magari un tranquillo viaggio in barca, attorno a isole che sono monadi, cosa è se non l’incomunicabilità?
Altre tavole, come Tide of Time (la marea del tempo) sono più intuibili, data la forma a clessidra che richiama per l’appunto, lo scorrere del tempo. Ancora una volta, la luce del tramonto, un orizzonte nuvoloso, acque placide sulla riva delle quali due figure ammirano sia la quiete della memoria, che l’oblio che è conseguenza dell’eternità.
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