Caso più unico che raro, PUSH (2009) è uscito il 6 Febbraio in U.S.A. e il 27 Marzo in questa landa dimenticata dagli dei di Kobol del cinema che è l’Italia.
Snobbato dalla critica e pesantemente colpito dal pubblico, il film è riuscito a malapena a racimolare quel tanto che bastava a coprire i costi di produzione, rendendo meramente ipotetica l’idea di un sequel. Ma mai dire mai…
Parecchi richiami, ma anche qualche gradevole rivisitazione in questo film di Paul McGuigan, quest’ultimo non particolarmente prolifico e neppure noto al pubblico se non per un misconosciuto The Acid House (1998), nel quale si può assistere a un paio di scene decisamente interessanti e visionarie.
Protagonista di Push la strana coppia composta dalla veggente Cassie Holmes, interpretata dalla quindicenne Dakota Fanning spettinata e tinta alla Avril Lavigne, in un atipico ruolo da “dura” -non ridete!- e un telecineta trentenne alle prime armi, Nick Gant (Chris Evans). I due sono entrambi figli di genitori speciali che gli hanno donato i rispettivi poteri e che hanno riservato loro un bello scherzetto per il futuro: Nick deve infatti aiutare la ragazzina veggente Cassie a recuperare una valigetta contenente un misterioso farmaco che, se somministrato agli speciali, consente loro di divenire ancora più speciali… C’è solo un piccolissimo problema, il farmaco ammazza tutti coloro ai quali viene iniettato, tranne una tipa che manipola le menti come fossero fatte di creta. La valigetta, com’è ovvio, è al centro di un’aspra contesa, ad essa mirano, infatti, il governo degli Stati Uniti -ma va?- per mezzo di una fantomatica Divisione -creatrice, produttrice e sperimentatrice del farmaco, nonché responsabile del suo smarrimento- e, dato che ci si trova a Hong Kong, una famiglia di malavitosi cinesi anch’essi speciali, tra veggenti e banshee umani piuttosto simpatici…
Sono d’accordo, il film è un’accozzaglia di cose già viste e neanche troppo tempo fa. Mi ricorda, nell’ordine:
a) The 4400 – per la presenza delle veggenti e, in un piccolo cameo, di Joel Gretsch, interprete dell’agente Tom Baldwin nella serie tv e per il farmaco X che è uguale alla promicina…
b) Twilight – ebbene sì, a causa della necessità che le veggenti hanno di disegnare ciò che vedono…
c) Heroes o X-Men (fa lo stesso) – perché gli speciali sono come al solito reclutati e maltrattati dal governo fino a che non decidono di ribellarsi…
d) Grosso Guaio a Chinatown – ma non vi dico il perché… basterà, comunque, guardare una delle sequenze finali… ahahahahhaah
C’è poi la solita, stucchevole, dannata e stereotipatissima storia d’amore tra Nick Gant e Kira Hudson (Camilla Belle), l’arma X, ovvero colei che è sopravvissuta all’iniezione ed è divenuta, suo malgrado, il paziente alpha conteso da tutti. Davvero, davvero, davvero, superflua e giustificata soltanto dall’aver voluto inserire un pezzo rock nella colonna sonora, che accompagna le sequenze amorose. Ah, i soldi…
Nonostante TUTTO ciò, Push ha indubbiamente una buona fotografia che si traduce in splendidi scorci della megalopoli cinese e di vicoli bui o illuminati da sgargianti neon colorati che fanno tanto Blade Runner e una sceneggiatura che arriva fino alla fine pur non uscendo illesa. Gli attori poi -e so che, prima o poi, mi pentirò di averlo scritto- non sono male, compresa la ragazzina Fanning.
Si fa, inoltre, un uso interessante, dalla resa spettacolare agli FX, di superpoteri classici, quali la telecinesi…
Da segnalare la resurrezione di Neil Jackson alias Marcus Van Sciver, il vampiro filantropo di Blade: the series, nel ruolo di un tostissimo telecineta e Camilla Belle che parte piuttosto bruttina e insipida per diventare misteriosamente un’ammaliante dark lady nel finale, mostrando di avere un potere sconosciuto persino al regista…
Ottimi effetti speciali senza eccessi…
Alla fine, sembra che neppure la storia d’amore tra Nick e Kira sia vera… o forse sì?
Finale aperto.
Mi è piaciuto, soprattutto, il tentativo di ripensare le categorie dei supereroi, togliendo loro di dosso i costumi ridicoli e attribuendo a ciascuna categoria di speciali nomignoli un poco più sobri. Abbiamo, dunque le seguenti tipologie:
* trasportatore (mover): capace di spostare qualunque cosa con la mente;
* veggente (watcher): in grado di vedere il futuro;
* manipolatore (pusher): è capace di far credere alle persone qualunque cosa e in tal modo far compiere azioni (anche il suicidio);
* occultatore (shadow): capace di nascondere persone e cose da segugi e veggenti entro un determinato raggio d’azione;
* trasformatore (shifter): capace di modificare, per un tempo finito, un oggetto in un altro, anche se completamente diverso;
* suturante (stich): capace di curare fratture e ferite con la sola imposizione delle mani;
* segugio (sniff): in grado di individuare a distanza il luogo in cui si trova una persona o un oggetto, annusando o manipolando un semplice elemento associato;
* cancellatore (wiper): in grado di cancellare, interamente o parzialmente, la memoria di una persona;
* sterminatore (bleed): in grado, tramite la voce, di uccidere, causando progressive ferite interne, qualunque organismo nel suo raggio d’azione. (da Wikipedia)
Niente di nuovo sotto il sole, ma, se non altro, questo sta a dimostrare che si sono messi a tavolino per almeno un quarto d’ora a pensare… se solo fossero rimasti un quarto d’ora in più, o magari una settimana intera a quel fottuto tavolo, il risultato avrebbe potuto essere migliore. Così com’è Push rasenta la sufficienza e nulla più.
Quel che è certo è che questo film, più di tanti altri, meriterebbe un seguito. Almeno uno glielo si poteva concedere. Dopo di ché, vita o morte.
Pareri alternativi:
La recensione di Alex McNab