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Progetti

Giorni complicati, questi.
Risultato è che tutto il tempo che la vita reale mi domanda, lo sottraggo al blog.
Non che gli effetti siano così nefasti, come potete vedere.
Ho passato momenti peggiori, l’anno scorso, proprio di questi tempi. Vorrei che il mese di Giugno scomparisse dal calendario, senza offesa per quelli di voi che in Giugno ci sono nati.
Però ho l’impressione che questa fase a singhiozzo continuerà ancora per un po’. Magari non aggiornerò per due-tre giorni, magari pubblicherò due post in meno di dodici ore, come accade oggi.
Non è una testata giornalistica, questo posto. È un’estensione di me, con tutti gli spigoli che possiedo. O ve lo fate piacere, oppure no. Le cose non cambieranno.
Come diceva Miller, quello buono: non cambierà stagione.
Colgo l’occasione per segnalarvi due progetti di scrittura condivisa. Del primo ho già avuto modo di parlarvi qui, anche se in breve, a causa di mancanza di tempo e di opinioni a riguardo: lo so, dirlo è brutale ma, ancora una volta, le cose stanno così.
Ora non più, perciò ve ne parlo un pochettino.
Il secondo, invece, è inedito. Anche perché inizierà solo a Settembre.
Nota a margine, entrambi i progetti hanno dato vita ad altrettanti blog, i cui link ritroverete nella colonna a destra, nel caso vogliate visitarli.

***

Sick Building Syndrome

Questo è il primo.
È un round robin. Ventiquattro (se non erro) partecipanti, ognuno dei quali scrive/scriverà un capitolo della stessa storia, basantesi su un fatto di cronaca: una casa abbandonata che ha telefonato alla polizia.
In breve. Per i dettagli, vi rimando al link precedente.
A me, salvo variazioni in corso d’opera, spetta il capitolo finale. Grande onore e grande responsabilità.
Sarei un buffone se non ammettessi che la cosa mi lusinga. Mi spaventa non poco, ma allo stesso tempo è di forte impulso a impegnarmi.
Ma il punto è che, finora, la storia non mi sta piacendo.
Chiariamo, perché in questi casi è bene chiarire:

a) non c’è intenzione di offendere nessuno (e sottolineo nessuno) dei partecipanti. Non parlo di stile di scrittura, ma di contenuti che, in quanto tali, sono soggetti al gusto personale (e io sono di gusti difficili, si sa).

b) è mia ferma intenzione partecipare. Nessun ripensamento, quindi.

Il problema, che poi è anche lo scopo dell’esperimento, è che mi sento intrappolato.
Intrappolato in un film horror, un po’ stereotipato, che pesca a piene mani da una certa letteratura, per la quale a dire il vero non vado pazzo, dal quale come in un incubo, non posso uscire.
Questo è ciò che sento. Inutile girarci intorno.
Ma è anche il fascino del round robin: rinunciare, fin dall’inizio, alla proprietà esclusiva su storia e personaggi e accettare quello che arriva.
Perché ci sono regole precise alle quali attenersi, come fosse un contratto.
Un contratto divertente. Una di quelle cose folli che, prima o poi, devono essere fatte.
E allora, inutile stare a ribadire ciò che è ovvio: ciascun autore avrebbe impostato la storia in maniera diversa.
Io dovrò studiare con attenzione ventitré autori e dare una conclusione organica e, si spera, degna, al tutto.
Questa è una sfida. E le sfide mi piacciono.
E il risultato? Meglio considerarlo per ciò che è: un esperimento. Alla larga, quindi, i crociati della critica.
Non è per la critica che l’Edificio Malato nasce. Ma perché, se è stato pensato, allora vuol dire che si può fare.
E noi lo facciamo.

***

Come September Project

C’è una canzone che si chiama così. Una di Natalie Imbruglia. Ma c’è anche qualcos’altro, dei The Ventures. Una melodia, quest’ultima, che, a vedere i temi che il Progetto sfiorerà (e soprattutto a conoscerli), illumina immediatamente il tutto di una luce strana, malata al punto giusto: tipica del paradosso. Uno di quei massacri accompagnati da melodie scherzose che, a pensarci bene, non c’entrano nulla coi terribili fatti narrati o che, al contrario, ne esaltano la spietata crudezza.
E allora, cosa volete che vi dica su questo esperimento? Innanzitutto una chicca: quando ho letto il nome per la prima volta, non so perché, ma l’ho letto metà in italiano e metà in inglese, quindi non cam september, come si pronuncia, ma come september, così, alla lettera. Come un Settembre Nero, o azzurro, o grigio, come potrebbe essere.
È una sciocchezza, ma già questo può essere indicativo di ciò che i partecipanti, perché trattasi, ricordo, di un nuovo progetto di scrittura condivisa, si troveranno ad affrontare: un’ambientazione variabile, strana, eterea quasi, ma soggetta a regole ben precise: un microcosmo narrativo virtuale.
Lo so, non ci state capendo nulla. Ed è giusto così.
C’è un blog (linkato) dove si narra di un armatore, un fondatore di una compagnia, e di una rete televisiva. Di esperimenti.
C’è un banner ufficiale, credo, che evoca lisergiche immagini cyberpunk. C’è la premessa di una storia notevole alla quale non so ancora se parteciperò.
Restate in attesa. In un caso o nell’altro, ci vediamo a Settembre.

E ora, ci sentiamo Natalie Imbruglia (io continuo a preferire Zooey, ma so che ad Alex piace. Niente di paragonabile coi The Ventures, certo.)

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