Recensioni troppo complicate, le mie. Pare che sia così. Frutto del mio pensiero non lineare, che da A mi fa finire subito a D, tralasciando B e C. Rassegnatevi, potrei scrivere in modo più semplice, ma mi annoierei a morte. Per cui, per parlarvi di Mutant Gilrs Squad, vi rimando prima alla pagina delle Plot Keywords su IMDb, così, per farvi un’idea di cosa possa contenere questo film in un’ora e mezza di puro delirio.
Letto? Bene. E poi, tanto per rafforzare la fama di cui sopra, vi sparo In the Hall of the Mountain King, dal Peer Gynt di Grieg. Cos’ha a che vedere Grieg con un gore nipponico? Nulla, ma è una musica (se l’ascoltate capirete) che calza a pennello con certe scene.
A volte credo che i giapponesi siano fregati dalla loro stessa musica, alle orecchie occidentali troppo simile a una nenia infantile, per risultare attraente. Di contro, la coralità del Peer Gynt, evoca cascate di sangue, ma con l’armonia di una danza folkloristica antica e magica.
Certo, magia e antichità, purtroppo, non sono gli obiettivi di questo film, per la cronaca prodotto da tre case, la Nikkatsu, la Nishimura Motion Picture Model Makers Group e la Toei Video Company. Questo per soddisfare gli aspiranti critici e poter far loro esclamare: “Ve l’avevo detto”.
Poi, per rispondere a un altro interrogativo mai pronunciato: no, non mi sono convertito al cinema asiatico. Però, ogni tanto fa bene allargare i propri orizzonti.
Questo è un b-movie ineguagliabile, che meglio sarebbe stato vedere durante l’estate. Stagione adatta a follia corrispondente.
***
Logica da manga, agnizione, predestinazione, soprusi scolastici e divise da marinaretta. A scanso di equivoci, la protagonista principale, Yumi Sugimoto (Rin), ha ventidue anni e no, non potrebbe essere mia figlia, a meno che non sia diventato padre a dodici anni, cosa improbabile.
Yumi è bellissima. E, come sapete, a volte basta poco (a volte tanto), a farmi apprezzare un film.
Predestinazione, dicevamo. Rin è un ibrido, esponente di una razza di demoni che da secoli convive con gli esseri umani, mimetizzandosi e, talvolta, dando vita ad aspri conflitti.
L’adolescenza è l’età dei cambiamenti, durante la quale, secondo teorie dei generi fantastici, X-Men compresi, avvengono mutazioni tali, nel proprio organismo, da segnare il manifestarsi di una coscienza alterata, superiore, che spesso corrisponde all’ottenimento di poteri sovrumani. Solo che qui c’è una valanga di trash, e Rin, ragazza alta rispetto alle sue compagne di scuola, alla quale bastano un paio di occhiali dalla montatuta spessa, in perfetto stile (e conseguenze) Clark Kent, per passare da imbranata, la mutazione e il destino li scopre alla festa del suo sedicesimo compleanno, davanti alla torta panna e fragole preparata dai suoi genitori amorevoli.
***
Padre mutante, con escrescenze purpuree al posto di mammelle e genitali e che, ci tiene a precisare, non sono il suo attrezzo (LOL), mamma umana, la cui testa viene fatta esplodere proprio un istante prima di confessare alla figlia un segreto.
Rin si scopre dotata di una mano artiglio che le conferisce poteri straordinari e un’abilità di lotta istintiva e letale.
Il padre viene decapitato e finisce al centro della torta. Ecco, per capire lo spessore e la portata degli orroracci visibili in questo film, fissatevi bene questo momento: il binomio torta di panna con fragole/testa mozzata (parlante) del papà di Rin. È un’immagine che tornerà.
Ma non solo, perché a quel punto l’iniziazione di Rin è avviata: deve raggiungere i suoi simili, o meglio le sue simili, trattasi di sole ragazze, dotate di poteri mutanti tali da far impallidire i pupilli del Professor Xavier e da mettere a dura prova la compostezza stoica di Magneto: una sega elettrica (funzionante) che viene fuori dalle chiappe, e due katane dalle tette. Una ragazza con braccia tentacolari e un’altra col suo Quato personale posizionato sul ventre.
***
Combattimenti, urletti e humour shocking nipponico, di quelli che ti fanno scivolare la goccia di sudore per l’incredulità. Esempio principe, Rin si dà al massacro indiscriminato per le vie di Tokyo (?). Una Tokyo da (piccolo) studio cinematografico, con qualche sacco di plastica colorato buttato qua e là, per suggerire l’effetto vicolo sporco e, proprio sulla panoramica desolata, sulle pile di cadaveri lasciati dietro di sé, spunta il cespuglio rotolante. Lo conoscete tutti, proprio quel cespuglio che si vede ruzzolare nel deserto.
Mutant Girls Squad è gore, e se ci rifacciamo alla presenza di una scena in cui una faccia strappata da un tizio finisce sopra quella di un altro tizio accanto a lui… be’, abbiamo capito di che finezze si sta parlando. Che va a fare il paio, tra quelle che mi va di citare, con la morte della ragazza motosega, trafitta dalle katane (che escono dalle tette) e che nel frattempo decapita la suddetta (con la sega).
O la ragazza razzo, sfruttata come surf volante per sconfiggere il cattivo, opportunamente asessuato, come tanti villain giapponesi. Sangue che zampilla a iosa e altre delicatezze del genere, tutte affidate a un trio di procaci donzelle. C’è a chi piace.
Ma, badate bene, non vi aspettate un capolavoro di estetica, perché i mezzi coi quali questo baraccone infernale è stato messo su fanno ridere, come gli effetti speciali. Però, ecco, a modo suo, è una pietra miliare da aggiungere alla collezione, ascoltando Grieg, sempre, dato che la colonna sonora fa schifo.
Altre recensioni QUI