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Mangiatori di Morte di M. Crichton

Mangiatori di Morte (1976) di Michael Crichton è introdotto da due antichi proverbi che io giudico meravigliosi:

“Non dir bene del giorno finché non è venuta sera; di una donna finché non è stata bruciata; di una spada finché non è stata provata; di una ragazza finché non si è sposata; del ghiaccio finché non è stato attraversato, della birra finché non è stata bevuta”

proverbio vichingo

e

“Il male è di antica data”

proverbio arabo

Che siano essi testimonianza di saggezza e insieme di una visione particolarmente cinica dell’esistenza, non so dirvi. Allo stesso modo, non mi interessa come possano essere percepiti, soprattutto il primo, oggi. Se risultino offensivi, discriminatori o quant’altro. Non mi importa. Resta il fatto che queste semplici frasi riescono a evocare miti e leggende dei secoli bui. E tanto basta.
Ne aggiungerei un altro:

“All work and no play makes Jack a dull boy”

proverbio inglese

Quest’ultimo è arcinoto.
Il fatto è che il mattino non ha, per quel che mi riguarda, sempre l’oro in bocca. E che le polemiche di questi giorni, sacrosante per carità, portate avanti col mio e con gli altri rispettivi blog, me le sono godute, è vero, ma mi hanno anche lasciato un senso di insoddisfazione.
Io sono Jack. E ora ho bisogno di divertirmi.
“Mangiatori di Morte” è un romanzo che mi ha sempre divertito, come quei proverbi e come il film che da esso è tratto.
Non sono un ammiratore di Michael Crichton (1942-2008). Alla luce delle citate polemiche non so neppure se sia stato considerato uno scrittorE con la E maiuscola o un perdigiorno. Forse, nel suo caso, il metro di giudizio sono i milioni di dollari che ha ricavato dai suoi scritti. Tanti e tali da fare un baffo al signor Patrick Bateman.
Milioni di dollari = scrittore con le palle. In barba agli argomenti leggeri che possa aver trattato. Io non sono tra quelli che condividono questa visione semplicistica, tutt’altro, ma non è fondamentale. Non sarà mai stato da premio Nobél, questo no. Ormai è chiaro. Ma è godibile in ogni caso.
Di lui ho letto, oltre a quello in esame, solo “Sfera”. Libri stilisticamente diversi che hanno, però, una costante, sono superiori ai rispettivi adattamenti per il grande schermo.
Crichton patisce, come tanti altri, la trasposizione cinematografica.

***

“Mangiatori di Morte” prende le mosse da un vero personaggio storico, il diplomatico arabo Ahmad ibn Fadlan e dal suo vero manoscritto, datato 922 d.C., nel quale egli narra del suo viaggio, occorso nel 920-921 d.C., verso i territori dei Bulgari del Volga sotto il regno di Almış, loro sovrano, per conto del califfo di Baghdad al-Muqtadir della dinastia Abbaside.
Nella regione dei laghi del Volga, Ahmad ibn Fadlan potè assistere da osservatore a scambi commerciali e culturali tra i bulgari e popolazioni di origine normanna.
Di fatto, la sua cronaca, della quale non è sopravvissuto nessun manoscritto originale, ma solo versioni posteriori rimaneggiate e frammentarie, resta un’importante testimonianza degli usi e dei costumi delle popolazioni scandinave antecedente l’anno Mille.
Da questi eventi e da una scommessa fatta con un suo amico, circa l’usufruibilità contemporanea del “Beowulf” [negata dalla controparte], se sottoposto a un ammodernamento del testo, Crichton trasse lo spunto per redigere una sorta di espansione del manoscritto dell’arabo ibn Fadlan immaginando il viaggio di quest’ultimo nel lontano nord e fornendo, parimenti, un affresco ben documentato della civiltà normanna coeva.
Come tutti gli pseudobiblia, la presunta veridicità di questa parte del manoscritto dell’arabo, denominato “Manoscritto di Tusi”, è supportata da richiami bibliografici, veri o presunti, da interventi del curatore e adattatore del testo, si presume lo stesso Crichton, atti a spiegare di volta in volta e a giustificare la preferenza per l’una o l’altra traduzione, per l’utilizzo di un particolare termine, piuttosto anacronistico, in luogo di un altro più adatto al contesto storico.

Accorgimenti che, uniti alla reale documentazione circa la civiltà nordica, non hanno mancato di suscitare sospetti, leggende e quant’altro è solito accadere in casi come questi.
Crichton si è poi divertito a gettare altro fumo negli occhi segnalando nella bibliografia, tra le fonti consultate, il “Necronomicon”, datato 1934, a cura di H.P. Lovecraft, di Abdul Alhazred, l’arabo pazzo.
Sia come sia, questo velo di finzione riesce nel tentativo di rendere intrigante un romanzo dalla trama classica, il viaggio in terra straniera, la formazione del protagonista, lo scambio tra culture aliene che, se scritto in forma consueta, da romanzo d’avventura, non sarebbe risultato altrettanto avvincente.
In sostanza, la parvenza di storicità, supportata dalla particolare scelta stilistica che ricalca lo stile e gli errori, soprattutto le ripetizioni, tipici di una cronaca medievale, dona al romanzo quell’aura fiabesco-leggendaria che ne ha decretato il successo.

***

[contiene anticipazioni]

Ahmad ibn Fadlan è così protagonista e testimone degli eventi sanguinosi che vedono impegnati Buliwyf, un capo nordico, e undici dei suoi guerrieri, al servizio di Re Rothgar, nella lotta mortale contro i Wendol, una popolazione primitiva e selvaggia sita nell’entroterra scandinavo occasionalmente dedita al saccheggio e al massacro indiscriminato dei contadini e che, negli ultimi tempi, tramite incursioni sempre più cruente è giunta a minacciare direttamente la dimora del Re.
L’idea [non condivisa nel film] alla base è quella che i Wendol siano Neanderthal sopravvissuti all’estinzione di circa 35000 anni fa e vissuti indisturbati sino a quel tempo perseguendo propri culti tribali primitivi incentrati sulla fertilità, incarnata dalla figura femminile prosperosa, rappresentata incessantemente attraverso statue di ogni misura, sul cannibalismo, praticato per mero nutrimento, ma anche per assimilare la forza e le virtù dei propri avversari mangiandone, letteralmente, l’essenza e strutturati secondo un modello sociale matriarcale avendo come leader una madre, spesso la più anziana e saggia della comunità, alla quale, solitamente, venivano riconosciute doti sovrannaturali e/o magiche.

Ibn Fadlan è la voce, gli occhi e a un certo livello superficiale la coscienza religiosa del testo che, fondante sulla dottrina islamica, si dedica alla descrizione della barbara civiltà nordica comparandola con la propria senza pregiudizio.
Il ritratto di Buliwyf, l’eroe protagonista e soprattutto di Herger, il normanno che sa parlare latino e che introduce Ahmad alla comprensione degli eventi è sorprendentemente oggettivo e estremamente folkloristico. I normanni sono un popolo sporco, che cura poco l’igiene e per nulla dotato di buone maniere, dedito a soddisfare in qualunque momento, che non sia la battaglia, i propri impulsi primari, cibo e sesso, estremamente superstizioso e che vive, letteralmente, per combattere.
Ossessionati dalla guerra e dagli scontri fisici a tal punto da immaginarsi un aldilà, il Valhalla, fatto di battaglie quotidiane, dall’alba al tramonto, quando i guerrieri caduti risorgono e insieme a quelli vittoriosi si recano nella grande sala per festeggiare fino all’alba della mattina successiva, per poi ricominciare a combattere, e così via per tutta l’eternità.

***

Testi come “Mangiatori di Morte”, per la loro stessa natura, non dovrebbero prestarsi a riletture atte a stabilire la presenza di sottotesti più o meno velati. Non credo fosse intenzione di Crichton una critica implicita dell’Islam, visto che la cultura nordica è ormai verità storica più che attualità, di contro alla contemporaneità della prima.
Particolare, forse intenzionale, forse contenente una critica, è la scelta di mostrare un Ahmad ibn Fadlan, in chiusura di racconto, particolarmente sensibile al processo di acculturazione. Sempre più, con lo scorrere delle pagine, vediamo infatti il narratore coinvolto in quegli stessi rituali e abitudini che all’inizio egli riteneva barbarici, accoppiarsi con le schiave, bere idromele fino allo stordimento, condividere una visione fatalista della propria esistenza. Sempre meno egli ricorre alla preghiera o alle scuse verso Allah per le mancanze di fede alle quali egli è costretto dalle circostanze, fino a che non partecipa egli stesso, da esecutore, alla complicata e suggestiva cerimonia funebre in onore di Buliwyf, caduto in battaglia contro i Wendol, dove lo vediamo congiungersi carnalmente, secondo tradizione, con la ragazza che avrebbe sacrificato la vita per viaggiare con il proprio padrone Buliwyf nell’aldilà, e addirittura toglierle la vita, insieme a Herger, strozzandola con l’ausilio di robuste corde.
Non credo sia una critica implicita, ma semplice gestione [sapiente] del racconto. Proprio a causa di questa mutazione nella percezione di Ahmad ibn Fadlan la narrazione riesce godibile e appassionante. Scopo, forse, del libro, è stato sì vincere una scommessa, rendere avvincente un testo scritto alla maniera antica, ma, alla fin fine, importa davvero, lo scopo?. Regole della scrittura tutte, o per la maggior parte, disattese, ma con consapevolezza. Difficile definire questo romanzo “il più inquietante di Crichton”, com’è dichiarato nelle frasi “da copertina”. Per una volta, invece, un tentativo di narrazione non banale e quel che più conta, coinvolgente.

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  • Ah, finalmente siamo d’accordo su qualcosa!
    Anche sul pensiero che il romanzo l’abbiano letto in pochi, giuro!

    😉

  • Il film é il mio preferito nel genere fantasy, cosa questa che mi ha spinto a leggere il libro. Pensavo di essere uno dei pochi ad averlo letto, chissà perchè, comunque molto bello e moderno(?) nonostante sia datato 1976. Tra l’altro il film é molto fedele, a quanto ricordo, credevo di trovare passaggi inediti invece il film di McTiernan riassume bene il tutto. E poi che titolo “mangiatori di morte”…na figata…

    • 13 anni ago

    @El.
    Errore mio,non avevo fatto caso al link.Sono giorni parecchio complicati anche per me quindi non me n’ero accorto.Poi volevo dirti che almeno con me non occorre che specifichi che non ti riferisci alla mia modesta persona(balle,sono un megalomane desideroso di complimenti)…
    Primo perchè il blog è casa tua ed io sono solo un ospite(felice di essere su questi lidi) e poi perchè la tua non era una correzione tale da scatenare una guerra,è stata una mia distrazione tutto quì.
    Poi volevo dire che,ho visto anch’io che sui vari blog,a te ad Elvezio e a qualcun altro,vi hanno costretto a specificare meglio il senso di alcune vostre affermazioni e questo credo che sia frutto del clima di stanchezza che nutriamo quasi tutti per la situazione generale in cui viviamo:lavoro,bollette,instabilità del presente e del futuro complicato dal fatto che una frase scritta potrebbe dar adito a fraintendimenti.Questo vale per tutti noi(e il noi non lo intendo nel suo senso settario)quindi forse è ora che ricominciamo a ricordarci dell’aspetto ludico e rilassante del giochino dei blog e dell’aspetto rilassante del conversare tra noi.
    E con questo non intendo dire che “son solo canzonette” ma,insomma non fasciamoci sempre la testa con il pesare sempre le parole e le virgole.
    Relax,ragazzi,relax…
    ecco lo sapevo ho fatto un altro dei miei pipponi su Internet….
    Poi

    • ahahahaha 🙂

      Ecco perché poi ho tirato in ballo il proverbio di Jack. Mi sono stancato pure io di stare a discutere. Anche perché per come la vedo io la questione è chiara. Questo tipo di sfoghi nasce e muore in rete. E ne passerà del tempo prima che ne sforni un altro.
      È già una settimana eppure quel post provoca ancora strascichi.
      Io so di avere uno stile sbrigativo e che a volte posso apparire rude, sempre riferendomi al mio linguaggio, per cui ogni tanto il problema me lo pongo, che ci posso fare?
      E inoltre io sono il tipo a cui piace discutere, sempre che la discussione non trascenda e abbia senso.
      Forse hai ragione tu quando affermi che, complice il clima difficile, ogni confronto, anche il più leggero, si presta a fraintendimenti.

      Poi io non la metterei sul piano che io sono il padrone del blog e voi gli ospiti. Questo posto ha senso proprio perché ci siete voi che leggete, obiettate quando c’è da obiettare e fate osservazioni. Sennò parlerei al vuoto cosmico. Sai che palle?
      È che gradirei, e molto, che se mai ci dovessero essere equivoci fossero chiariti subito, in sede, senza scappare via offesi.
      Detto questo lo so che non c’è bisogno che a voi dica niente. Mi riferivo soprattutto ai nuovi lettori, quelli silenziosi che ancora non conosco e che non mi conoscono.

      Stasera, se ce la faccio, scrivo la recensione di un film di due anni fa che ho visto solo da un paio di giorni. Spero vi piaccia. Sia il film, sia l’articolo.

      😉

  • Ho visto il film (più volte) e ho letto il libro, senza però sapere come Crichton l’aveva scritto. L’ho trovato un po’ ostico, ma interessante, perfino originale.
    Non sapevo di tutto il “costrutto” che c’era dietro, e di cui tui parli nell’articolo. Molto interessante, visto che amo ogni cosa che si avvicini al mondo degli pseudobiblia.
    Attenendomi al libro, non lo consiglierei a tutti. I lettori moderni probabilmente lo butterebbero dopo un paio di pagine… anche per questo l’ho profondamente rivalutato col tempo ^_^
    Comunque si tratta di un Crichton mai più visto, considerando che gli altri suoi romanzi (belli e brutti) sono scritti in modo assai più canonico.

    • Be’, c’è anche da dire che sarebbe stato difficile ripetere l’esperimento con successo.
      Magari Crichton avrebbe potuto insistere nell’innovare i suoi testi, nella sperimentazione stilistica e invece…
      Si tratta di scelte, senza dubbio. Mi stupisce, però, che Mangiatori di Morte sia un testo vecchio, del 1976. Ovvero l’ha scritto a 34 anni e non credo si potesse dire che la sua carriera fosse già avviata, all’epoca.
      È da rivalutare anche per questo.

      Il discorso pseudobiblia. In realtà le notizie relative a questo romanzo e alla sua stesura sono assai nebulose. In ogni caso dovrebbe essere confermata la versione che vuole la parte inventata iniziare quando Ibn Fadlan giunge all’accampamento di Buliwyf e viene prescelto come il Tredicesimo.
      In pratica Crichton non avrebbe fatto altro che imitare lo stile del vero Fadlan per il resto dell’opera, farcendola di notizie storiche vere sugli usi e i costumi normanni.

      Se qualcuno dovesse avere altre notizie [conferme o smentite] in merito lo dica pure, eh… 😉

    • 13 anni ago

    Io ho il film con Banderas,mi sembra abbatanza ben fatto e corrispondente al libro.
    A te cosa te ne sembra?

    • Ehm… veramente ho linkato in basso la recensione. 😀

      Comunque, se vuoi parlare del film va benissimo anche qui. E lo dico perché mi sembra che ultimamente le mie parole vengano fraintese completamente.
      Non mi riferisco a te, Nick, o a nessun altro dei presenti. Però, l’impressione che ho è quella.

      Il film, secondo me, è inferiore al libro. Non molto diverso, eh, anzi piuttosto fedele eccetto che per la natura dei Wendol e l’indovina che guida Buliwyf nella caverna. Qui nel libro al posto dell’indovina ci sono i nani. Proprio così, i nani nordici con la loro fucina “magica”.
      Ok, potrebbe far ridere, se non fosse che quest’aspetto superstizioso riguardante i nani è trattato in maniera impeccabile dal punto di vista del [finto] cronista medievale ibn Fadlan.
      Ah, l’altra differenza è che il percorso dei guerrieri per uccidere la Madre dei Wendol dalle grotte al mare è inverso. I nostri si introducono dalla caverna sottomarina…

      Si tratta di inezie, ovvio. Però il fascino deriva soprattutto dallo stile falso-antico del racconto. 😉

    • 13 anni ago

    Nel frattempo me lo sono comprato e non so perchè ma mi viene in mente Time dei Pink Floyd. 😀

    • E il tuo è il commento più bello mai apparso sul blog.

      TIME