Di Machete se ne parla da tre anni. Dai tempi del fake trailer tra “Death Proof” di Tarantino e “Planet Terror” di Rodriguez. E a molti, me compreso, era parso superiore a entrambi.
Exploitation, invecchiamento artificiale della pellicola, distorsioni, false bruciature di sigaretta, saturazione dei colori, scene paradossali e richiami alla carriera cinematografica di Trejo, il Charles Bronson messicano. Che già ai tempi di “Desperado” lanciava coltelli dal tetto di una limousine ai danni dei passeggeri. Qui cambia solo la lunghezza della lama. In una parola: divertente.
Come l’aneddoto riguardante Danny (Trejo) che, appreso del soggetto (Machete) da Robert (Rodriguez), inizia a telefonargli a tutte le ore del giorno nel tentativo di convincerlo a farne un film per davvero.
E alle proteste del regista che gli domandava perché mai preferisse telefonargli [e ossessionarlo] anziché mandargli un messaggio sul cellulare, si dice che Trejo abbia risposto: “Machete don’t text”, ovvero “Machete non messaggia”. Battuta riportata nel film.
Siamo alle solite, magia.
La stessa magia che fa sembrare il cinema alla portata di tutti. Capace di rendere un aneddoto celebre. Di fare di una storiella da bar una leggenda ripetuta negli anni.
Rodriguez, nel frattempo, è diventato famoso coi suoi film. Magari non apprezzato da tutti, ma senz’altro famoso e abbastanza originale, con le sue trovate, da far propendere te, spettatore, decisamente dalla parte del “meno male che c’è”.
***
Le chiacchiere stanno a zero
Io non sono tra i fan di Robert Rodriguez. Lui e il suo compare Quentin Tarantino hanno, a mio avviso, perso smalto nel corso degli anni, e dei film, nella più classica delle cadute lente, partendo da creazioni abbaglianti per poi perdersi, man mano, dietro i loro stessi personaggi e le loro medesime ossessioni. I messicani sono fighi tanto quanto i divi americani? Nessuno lo mette in dubbio. Così come nessuno mette in dubbio che un certo tipo di cinema, fracassone, tutto esplosioni, squartamenti e zero introspezione, non è solo a denominazione di origine americana.
Ma, non trovate anche voi che su ‘sto film si siano fatte troppe chiacchiere?
E le chiacchiere, specie se accompagnate, fin dal 2007, da un lento e inesorabile declino, percepibile in ogni traccia del vero “Machete” pubblicata nel corso degli anni, dai trailer, al sito internet, alla censura su Lindsay Lohan, rea di avere una vita privata movimentata e per questo cancellata temporaneamente dalla promozione in attesa, si presume, della sentenza del tribunale, al trailer “illegale” con la sparata, di pessimo gusto, contro le leggi anti-immigrazione dell’Arizona; che saranno pure leggi inique, per carità, ma arrivare a manipolare trailer e attori per quello che, in definitiva, è apparso come un ennesimo tentativo di farsi un po’ più di pubblicità attraverso il tam tam gratuito della rete pare un tantino fuori luogo. Imprescindibile se uno guarda alle leggi del mercato, ma inappropriato da tutt’altro punto di vista. Le chiacchiere, dicevo, fanno danni e diventano pietre tombali quando il film si mostra per ciò che è.
***
La polverina spezzacuori
Piccola premessa. Come in molti casi, sapevo cosa aspettarmi. La probabile decadenza io l’avevo annusata già dal trailer. Testimonianza scritta nei due articoli/segnalazioni che ho dedicato a questo film. Più se ne parla, mi dicevo, peggio deve essere.
Allo stesso tempo, però, sono sempre pronto a farmi sorprendere e smentire, come nel caso de “I Mercenari“. Un film divertente, in fondo, è più auspicabile dieci volte dell’ennesima, inguardabile, cagata contemporanea.
A quale tipo appartiene questo “Machete”?
A quel tipo di film diretti da chi la sa lunga. E sta già campando, e camperà, più di tutta la pubblicità/chiacchiericcio che delle [scarse] qualità del film in sé.
E veniamo subito al sodo. Ovvero alla polverina spezzacuori che, in film di questo tipo, di solito, fa la differenza: Jessica Alba.
Ok, c’è.
Ok, è bellissima. Anche qui che è pettinata di merda.
C’è addirittura una scena in cui appare nuda. Anche se dicono sia un fake di quelli clamorosi.
E, d’accordo, messa a paragone con LiLo che fa vedere solo le tette, se è vero, non c’è storia. E non ci sarebbe stata comunque.
E, guardate, c’è persino l’angolo della rivincita dei nerds quando Machete che, diciamoci la verità, è un cesso d’uomo, nonostante sia figo, se le fa tutte. Anche la mamma di Lindsay, anche la messicana di ferro Michelle Rodriguez e sì, ANCHE LEI, la tipa nuda.
Ma…
Siete sicuri che questo basti?
O importa anche il modo in cui tutte queste cose vengano realizzate?
***
7 su 100
Per una volta ci si dovrebbe mettere d’accordo su cosa si pretende da questo tipo di film.
Negli ultimi tempi sono di bocca buona, per cui mi sento di poter rispondere che pretendo una cosa sola: il divertimento.
E questo latita.
Cinque minuti, forse sette, su 100 è dannatamente poco. E parliamo dei minuti iniziali. Che qualche genio si ostina ancora a definire come essenziali. I minuti iniziali catturano lo spettatore. Si dice così, no?
Sì, magari lo tengono ben sveglio. Magari è un piacere vedere qualche testa saltare troncata di netto da un colpo di machete, e schizzi di sangue in CGI, perché non ci si vuole sporcare più. E una donna nuda, perché fa troppo caldo, che malmena il nostro eroe Danny.
Poi sopraggiunge uno stanco e bolso [e tinto] Steven Seagal. E il mondo sembra sorriderti.
Sette minuti. Ce ne sono ancora novantatré. WOAH! Nonostante le budella usate come farebbe Mr Crocodile Dundee… al posto dell’ascensore.
***
I personaggi
Le scene viste nel fake trailer ci sono proprio tutte. Rigirate o riciclate non fa differenza. Differenze, invece, sono Robert De Niro che fa il senatore razzista e xenofobo del Texas e Shea Wigham che va a sostituire il pelatone con lo sniper, ossia il personaggio più simpatico di tutta la messinscena iniziale. La storia è sempre quella. Machete, che è un ex agente federale messicano, è incastrato con l’accusa di aver attentato alla vita del senatore. Il fallito agguato è servito, in realtà, per sovvertire le proiezioni sfavorevoli per il senatore alle prossime elezioni. Machete, tradito, ferito e quasi morto, si vendica aiutato da Jessica Alba (Sartana Rivera), un’agente di frontiera degli Stati Uniti, Michelle Rodriguez (Luz) che vende tacos, ma è in realtà SHE, una sorta di eroina per gli immigrati messicani irregolari e da Cheech Marin (Padre), suo fratello sacerdote. Imperscrutabili i personaggi di Don Johnson (Von Jackson), un cowboy giustizialista dedito alla caccia all’immigrato clandestino e di Lindsay Lohan (April), la figlia di uno degli antagonisti di Machete, Jeff Fahey (Booth), che si converte da una vita di promiscuità alla fede, andando in giro vestita da suora con in mano, però, una 44 magnum. Imperscrutabili perché in fondo, sono stati infilati nella trama a forza e neppure in modo velato. Si vede proprio che stanno lì dio solo sa perché.
***
Stanchezza
Parlando sempre di impressioni, sembra proprio che Machete abbia l’età del suo attore, Danny Trejo, ben 66 anni. Non tanto nell’aspetto, che ci vorrei arrivare io a 66 anni in quel modo, quanto nell’inconsistenza delle pur molte scene d’azione che appaiono fiacche, contro tutte le aspettative. Steven Seagal, poi, mostra sotto il camicione da cattivo anche la panza.
Senza infierire, perché li considero tutti miei amici, tante e tali sono state le ore di svago che mi hanno donato nel corso degli anni, posso affermare che il difetto maggiore di “Machete” non è nella tecnica, perché è ben girato e non si eccede con i consueti effetti old fashion alla Rodriguez, non nella sceneggiatura, perché non è a quella che si dovrebbe badare in questo genere di esercizi di stile, quanto nella mancanza di coinvolgimento emotivo. Non diverte e non fa nulla per dissociarsi dall’idea di fondo, che questo film sia nato non già per ispirazione artistica, ma per il richiamo dei soldi.
E, per una buona volta, si tratta persino di un richiamo legittimo. Nulla in contrario. Ma allora smettiamola di girarci intorno.
Approfondimenti:
IMDb
Altre recensioni QUI