Oggi presentiamo un artista giovane, classe 1986, statunitense.
Della biografia di Tobias Kwan non si sa molto altro, nonostante la massiccia presenza online del suddetto, che si suddivide tra blog tematici e siti vetrina, e un profilo Deviant Art attraverso cui espone i suoi lavori.
Nella piccola selezione che ho effettuato dal suo protfolio, la prima evidenza è l’uso dei colori.
Pastosi, violenti, come l’elemento che essi rievocano: il fuoco.
È un modo di stendere il colore che richiama alla mente tecniche ormai desuete, pennellate ampie, abbondanti, quasi colpi di spatola, che sostituiva l’impiego del pennello laddove le setole finissime non bastassero a suggerire la potenza del sentimento e dell’elemento invocato.
Flaming Lincoln, Man on Fire e Merry Christmas sono tre tavole che rendono il fuoco protagonista assoluto. E, al di là, dell’interrogativo spontaneo che suscita la prima, con quel presidente americano in fiamme, metafora che rievoca le battaglie politiche dell’uomo, o semplicemente un’allegoria, passando per il Man on Fire che riferisce a esperienze estreme dell’essere umano, più arduo risulta il simbolismo legato a Merry Christmas.
Non stupisce la mitologia antica della figura gigantesca che si erge accanto alla minuscola casetta. Babbo Natale, lo sappiamo, è nato a Korvatunturi, ed è lo spettro di passati ancestrali, un demone enorme che divora i bambini.
Medesime visioni epiche che sottendono al maggiore progetto, tuttora in opera, dell’artista: Motherland Chronicles.
Che, per citare la breve descrizione presente sul sito a esso dedicato, è un artbook fantasy. Curato da Kwan, in collaborazione con Zhang Jingna.
La potenza di queste tavole è impressionante.
Selezionando ancora una volta dal lavoro di Kwan, ritorna lo spendido uso del colore in Gold, un’opera che presenta una figura femminile, dal volto celato, che vaga attraverso quello che sembra essere una foresta notturna, rischiarata, però, da un incendio.
Ma stavolta le fiamme rifuggono i colori del crepuscolo, per risplendere d’oro.
Ebbene, quello che mi preme sottolineare è l’impostazione di questo dipinto che, a ben guardare, è classica. Non c’è alcun elemento contemporaneo. Gold appare, a tutti gli effetti, associabili a movimenti artistici del passato. A cominciare dalla disposizione degli elementi, figura umana in primo piano, in basso a destra e albero in fiamme, in secondo piano, sulla sinistra e sullo sffondo. Il dipinto sembra quasi, e dico quasi, figlio dell’impressionismo. Abbiamo a che fare con l’impressione che il fuoco ci sussurra, più che con il fuoco stesso. Colto in quell’attimo in cui le fiamme risplendono di un solo colore.
E, sempre restando in tema Motherland Chronicles, l’oscuro reame al quale Kwan ci introduce è una fusione tra epoche e suggestioni.
Lontanissimo dall’immaginazione comune, il fantasy è incarnato in leggende oscure. Demoni della palude che si celano tra fronde di alberi morti, che sporgono su specchi d’acqua nera sui quali si riflette il plenilunio; destrieri che battagliano, col manto infuocato e il muso di scheletro, piccoli demoni del bosco sacrificati (o evocati) da fattucchiere, regine che diventano esse stesse simboli, mari in tempesta che lambiscono rovine di cattedrali abbattute da antiche guerre, neonati mostruosi nutriti di bestie striscianti, accuditi da streghe, figli di dei o divinità reincarnate in forma d’infante.
Impronta classicistica che ritroviamo con l’ultimo lavoro con cui intendo chiudere questa breve ressegna: Procession. Un trittico, che anticamente sarebbe stato suddiviso in pannelli, tre per l’appunto, e sistemato a ornamento di qualche cattedrale, per onorare qualche divinità.
Vediamo in esso piccole figure a piedi o a cavallo di elefanti rossi, armate di lancia e con l’aureola, seguite da maestose signore, attraverso una piana che tra brusche esplosioni di colori elementari, suggerisce il caos di un conflitto di là da venire.
Vien voglia di perdersi in questo universo, per quanto buio e estremo esso sia.
Buon weekend.
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