L'Attico

L’inizio della storia

Ovvero, l’inizio del mio rapporto con la scrittura. Ok, non mentirò, quella che segue non è proprio la prima cosa che ho scritto. Per quella occorre andare indietro ai miei sedici anni (un abominio fantasy di soli tre capitoli, per fortuna), questa qui, invece, è una cosa che ho buttato giù, su carta e poi su pc, quando di anni ne avevo, se non erro, ventidue o ventiquattro, il che significa intorno al 1998- 2000, di preciso non ricordo.
La metto online così com’è, senza interventi posteriori, perché mi interessa vedere coi miei occhi com’è mutato lo stile, e ancor di più mi interessa sapere la vostra opinione in merito all’evoluzione, ai cambiamenti che percepite, se li notate e, soprattutto, se volete.
Può essere una cosa divertente.
Io, nel frattempo, inizio già a vergognarmi.
Piccola curiosità, “L’Inizio della Storia” è il titolo del seguente capitolo che a sua volta era parte di un romanzo sci-fi, contaminato dal pulp. Ambiziosetto, no? Allora mi ritenevo un dono del cielo (come tutti gli aspiranti scrittori), e scrivevo queste cagate qua. Inutile girarci intorno.
Adesso sono quello che sono, solo Hell, o Germano, se preferite. Forse è meglio, no?
A voi l’ardua sentenza sul testo seguente, dunque.
Io comincio a cercare un buco dove nascondermi. Buona lettura e perdonatemi, se ci riuscite. 😀

***

Aprì gli occhi e la prima cosa che vide furono i caratteri digitali rossi proiettati sul soffitto scuro dall’orologio sul comodino accanto al letto. Enormi. Spiccavano al buio con dolente solennità a rammentargli che il tempo era trascorso fino all’una e cinquanta della mattina, o meglio della notte del quattordici aprile 20**. Aveva puntato la sveglia un’ora prima, ma, dato che aveva dormito male e poco, quando era scattato l’allarme l’aveva spento stizzito arrancando alla cieca con la mano e, zittito quello, si era voltato dalla parte opposta liberandosi con un movimento del braccio della pesante trapunta invernale. Se ci fosse stata Sarah, avrebbe provveduto con solerzia già da un mese a sostituirla con quella di mezza stagione, ma adesso era solo e non gliene importava più niente di queste sottili sfumature del cazzo. Da circa due anni il suo era un sonno agitato. Da circa due anni, vale a dire da quando era morta Sarah. Da quando era morta sua moglie. Con una bestemmia si mise a sedere sul bordo del letto. Paragonò il suo stato generale a quello di una scarpa vecchia e puzzolente. Filò in bagno intuendo, più che guardando, l’ambiente attorno a lui. Girata la maniglia blu della doccia, ci si buttò sotto senza troppe esitazioni, chiudendosi dietro l’anta di vetro scorrevole. Bestemmiò di nuovo mentre l’acqua gelida gli correva addosso. Uscito, diede ancora uno sguardo all’orologio, stavolta quello sul televisore nel salone. Le due e sette. Era in un ritardo fottuto. Per un istante vide Sarah raggomitolata sul divano a guardare l’ultimo spettacolo in tv. Solitamente un film in bianco e nero. I capelli biondi ondulati, il viso pallido che faceva da contrasto al rossetto cremisi e allo smalto delle unghie delle mani e dei piedi, i suoi piccoli piedi delicati e curati. Gli sembrò che gli stesse dicendo qualcosa, ma da quelle innaturali labbra rosse non usciva alcun suono che la sua mente fosse capace di ricordare. Qualche giorno dopo la morte di Sarah si rese conto di aver dimenticato il timbro della sua voce. Il suo fantasma, come i suoi ricordi, era muto. Immaginò che il televisore fosse acceso e che Humphrey Bogart, al solito intento a spappolarsi il fegato e bruciarsi i polmoni, stesse sorridendo al suo indirizzo. Forse vi intuì anche una sottile derisione, in quell’espressione pasciuta di chi sa il fatto suo. Squillò il telefono e contemporaneamente si dissolsero i fantasmi e le memorie. Mentre udiva il trillo, avvertì un’improvvisa sensazione di freddo. Ritornò in camera da letto, raccolse la pistola dal ripiano del comodino, controllò che fosse carica, e prese anche il tesserino del D.I.E., il portafogli e le chiavi dell’alfa. Il telefono aveva smesso. Ripassando nel salone diede un’occhiata all’angolo bar, pieno zeppo di bottiglie di superalcolici. Stette a pensare se fosse il caso o meno di riempirsi un bicchiere.

***

Valpurga, Europa Centrale, notte.

 

La città era fradicia. L’acquazzone era cessato da circa un’ora, ma spesse nubi grigie continuavano a gravare cupe e soffocanti, racchiudendo i quartieri in una tetra, ciclopica caverna dalla volta scura e compatta. Oltre il Paarlech, il fiume che tagliava in due Valpurga, verso la Periferia e i Quartieri Bassi, gli ammassi nuvolosi erano ancora rischiarati a intervalli dai fulmini. Il brontolio del tuono giungeva come una sorda, sommessa, testarda eco.
L’asfalto era lucido a tratti e rifletteva le luci sgargianti delle insegne al neon e quella giallo ambra intermittente dei semafori fuori servizio.
Da poco si era sollevato un vento freddo che soffiava rabbioso in evoluzioni imprevedibili, trascinando con i suoi mulinelli alcune foglie morte e cartacce, frustando e sbattendo la bandiera blu col cerchio di stelle dorate in cima all’asta sporgente dalla balconata della sede del D.I.E., il Dipartimento Investigativo Europeo.
Le strade erano sgombre e silenziose, se si eccettuava l’occasionale passaggio di autoveicoli che si lasciavano alle spalle la doppia scia dei pneumatici caldi.
Un uomo barcollava avanzando lungo un marciapiede, appoggiandosi ai pali dei cartelli stradali o alle lavagne pubblicitarie infisse ai margini della pavimentazione. Un ronzio insistente gli tormentava le orecchie, ma non era abbastanza lucido per capire quali ne fossero le cause. Forse era quella roba nuova che aveva assaggiato… Sceso dal marciapiede, incespicando, iniziò ad attraversare sulle strisce pedonali. Avvertì il battito cardiaco arrivargli alle tempie con prepotenza.
Un’automobile, un’Alfa 156, svoltò scodando a tutta velocità dalla parte opposta dell’isolato dal quale l’ubriaco si stava allontanando. Nel silenzio, si udì distintamente, oltre al rombo del motore, lo slittare dei pneumatici sull’asfalto umido e lo scatto e il grattare della leva del cambio. Quando la marcia si assestò, il motore riacquistò i giri e li aumentò con un ruggito cavernoso. L’alfa sfrecciò diretta verso l’uomo ancora impegnato nel suo precario attraversamento, ma non rallentò, anzi, gli passò accanto rapida urtandolo con lo specchietto laterale e facendolo cadere, e proseguì tagliando l’incrocio, incurante della segnaletica che le imponeva uno stop. Dopo di ché il veicolo si allontanò svoltando a sinistra qualche isolato più avanti, in fondo alla strada.
L’uomo si rialzò con estrema fatica guardandosi intorno come per scorgere l’ignoto aggressore che l’aveva colpito mandandolo a terra. Non aveva visto l’auto, non l’aveva neppure udita, tanto il ronzio si era intensificato. Imprecò contro il nulla e tentò di riprendere il cammino, ma non vi riuscì, le gambe come paralizzate. La vista gli si annebbiò e fu colto da un’improvvisa quanto violenta vertigine che lo fece accasciare nuovamente al suolo. Prima ancora che toccasse terra la vita aveva abbandonato il suo corpo. Poco dopo anche il suo cuore cessò di martellare.

L’uomo al volante dell’alfa smise di tirar pugni all’autoradio non appena questa si sintonizzò di nuovo. Finalmente musica al posto di quel dannato frastuono… NetWork 108 – ‘80 trasmetteva “Wanna be starting something” di Michael Jackson. Pigiò l’interruttore dell’alzacristalli elettrico abbassando completamente il finestrino alla sua sinistra. Una ventata fredda e umida gli sferzò il viso ristorandolo per un istante. Era ancora mezzo addormentato. Schiacciò il pedale del gas, poi abbassò la frizione lasciando nello stesso tempo il gas e scalò di marcia, dalla quarta alla seconda, mollò la frizione e osservò la lancetta del contagiri che si alzava rapidamente, mentre il motore rombava strozzato. Sterzò bruscamente e si riportò in rettilineo dopo una leggera sbandata, accellerando ancora. Allungò la mano sinistra all’esterno e riassestò lo specchietto retrovisore. Bestemmiò. Si accorse al tatto che era leggermente graffiato. Non sembrava rotto. Doveva essere stata la fibbia della cintura di quell’ubriacone del cazzo, pensò… poi gli venne in mente l’espessione del viso di Sarah quando gli rimproverava i suoi giudizi troppo affrettati facendoglisi subito dopo incontro per dargli un bacetto sulle labbra. Mai lingua, quand’era nervosa. Solo sulle labbra…
– Puttana… – mormorò serrando i denti in una specie di ringhio astioso. Quel ricordo lo fece innervosire ancora di più. Abbassò il gas fino in fondo. Camminava come un fottuto ubriaco, pensò, quindi lo era. Quel fottuto era proprio un ubriaco. E neppure camminava. Sembrava che ballasse tanto era fatto! – E smettila di rompermi le palle! – esclamò, – Non sei più mia moglie!. – urlò all’immagine di Sarah nel suo cervello e nei suoi occhi, una diapositiva dai contorni sbiaditi davanti a quella nitida della città bagnata che gli scorreva ai lati, dilatandosi dal punto di fuga sul suo parabrezza. Sbatté le mani sul volante. Mancava poco, ormai. Era quasi arrivato. Ed aveva quasi perso il lavoro.

Kick-ass writer, terrific editor, short-tempered human being. Please, DO hesitate to contact me by phone.
  • […] meme, anche questa volta nato da solo, a casa di Hell, ma questa volta credo che non lo rispetterò del tutto, un po’ come ha fatto Paolo. Ma andiamo […]

  • La prefazione fa pensare a chissà che cosa, invece non è niente male u.u
    E, come ha detto Angelo, ho trovato molto di peggio pagando D: 😀

    • Dunque, direi che è colpa della severità con cui tratto me stesso. Ma non è un’esagerazione, serve a non lasciarsi andare, ad avere disciplina.
      Grazie per aver letto. Poi se hai qualche osservazione da fare, son qua. 😉

      • Sì, direi che è una cosa naturale purché l’autocritica non diventi eccesso nel senso opposto, ovvero che non si vede mai niente di buono in ciò che si scrive. Ma finché si mantiene il giusto equilibrio non può che far bene. 😉

      • Tengo a sottolineare, comunque, che predico bene, ma non razzolo ugualmente bene xD.
        Nel senso che anche io sono molto severo con me stesso, checché ne dicano gli altri, penso sempre di poter migliorare qualcosa che ho scritto.
        Ed è una cosa buona, alla fine. Bisogna preoccuparsi di chi credere di fare le cose in modo perfetto, secondo me .-.

  • […] Quando e come ho iniziato a scrivere? L’idea del post è di Germano, la sua storia qui. […]

  • Ok, spero di non suonare peggio di come so che suonerò, ma, in tutta sincerità, se non avessi saputo che era farina del tuo sacco, non lo avrei mai detto. Poi, a posteriori, sapendo che l’hai scritto tu, ci leggo anche io, come gli altri, alcune delle tue ossessioni scrittorie, ma di primo acchito non sembri tu ^_^ Credo sia un po’ come guardare le foto di classe delle elementari di una persona che hai conosciuto già adulta: se sai dove cercarlo, lo riconosci, altrimenti…
    Sul rimettere in carreggiata il romanzo, non so che dirti. Io sto provando a fare una cosa simile con un obbrobrio di quando ero ragazzina, ma è difficile (e il tutto è peggiorato dalla sensazione è che l’orrore sia irrimediabile… =_=). Se però credi che la trama possa ancora valere e che il restauro possa esserti utile anche solo come esercizio, why not? 😉

    • Be’, direi che mi fa persino piacere, che non sembri scritto da me. 😀
      Ma la cosa assurda, come ho già detto, è che all’epoca mi sembrava chissà cosa. Magari tra dieci anni guarderò con questi occhi critici GfH e penserò che è stato scritto da uno scemo. 😀
      E chissà se la cosa vale per tutti.

      Mah, rimettere in carreggiata il romanzo? Dico solo che è per il momento un’ipotesi improbabile. Ho altre cose a cui lavorare e ci tengo molto di più. ^^
      Grazie del parere.

  • Distante dal tuo stile attuale, questo sì’, ma non così pessimo come volevi far intendere all’inizio.
    Anzi, sono convinto che con un pò di lavoro verrebbe fuori qualcosa di carino…
    Se fossi in te ci farei un pensierino, anche se comprendo che riprendere un lavoro così vecchio porta con se molte complicazioni, soprattutto per quanto riguarda la mentalità con cui lo avevi scritto all’epoca! 😀

    • Mah, rispetto a com’ero all’epoca, tronfio e sicuro di me, direi che stavolta verrebbe persino meglio. Però… chissà. 😀
      Però mi ha fatto bene pubblicarlo, è una specie di passaggio obbligato. ^^

  • Mica è brutto! Perchè tanto odio…. [cit.]

    E poi Valpurga è marchio di garanzia…

    • Vabbé, si fa per sdrammatizzare. 😀
      Però io ci vedo un errore ogni due righe. 😀

  • E che sarà mai!
    Sì, certo, si vede quanto sei cambiato e quanto tu abbia asciugato il tutto, ma non è roba di cui vergognarsi, soprattutto considerando che le varie ossessioni scrittorie stanno tutte lì.

    • Eh, inquietante ‘sto fenomeno, vero? Sta tutto là, freddo a parte. 😀
      Be’, mo non mi verrai a dire che è scritto bene! 😀

  • Io, nonostante lo stile sia profondamente diverso dal tuo attuale, riesco a percepire alcuni tuoi tratti distintivi. La musica, un rapporto uomo-donna al centro della scena, alcune descrizioni dallo stile visivo. Certo il resto è molto più prolisso e ricco di dettagli che Hell non avrebbe scritto mai e poi mai nemmeno sotto tortura. Però comunque si vede che sei tu, nonostante tutto. Io sono ancora nella fase di costruzione dello stile e riconosco anche il mio modo di scrivere di qualche anno fa come distante e orrido. Revisionare l’ebook “Racconti: il mondo di Fiabe e non…” è stato in effetti traumatico. xD

    Sul riprendere o non riprendere questo romanzo e revisionarlo, la domanda è semplice: credi che abbia ancora qualcosa da dire questa storia? Credi che lo meriti un restyling o Sarah e quest’uomo possono restarsene nel cassetto delle idee morte? 😉

    Ciao,
    Gianluca

    • Alla domanda non so rispondere, non adesso.
      Però, è inquietante come, in fondo, sia vero che le tematiche, variazioni di stile permettendo, siano rimaste sempre quelle. :O
      Eh, tutte quelle descrizioni, ma anche il punto di vista del narratore (che oggi non uso più), i periodi enormi… possibile che sia cambiato così tanto? 😀

      • Ma la cosa agghiacciante è che all’epoca mi sembrava una roba figa, scritta benissimo. 😀 Oggi mi prenderei a sberle da solo.

      • Possibilissimo! Questo è roba di una decina di anni fa, mentre io già noto enormi variazioni tra i miei scritti attuali e quelli di due-tre anni fa. 😛

  • Ho letto di peggio. A volte ho pure pagato per leggere roba peggiore. Se le idee della trama valgono la pena perché non riprovarci? Non c’entra nulla ma con Valpurga, meglio con un luogo futuro che si chiamerà Valpurga, ho avuto a che fare anche io insieme ad altri che fanno parte della Base (Andrea e Giuseppe). Buffa questa apparente sincronicità.

    • Sì, ho letto, so di Valpurga. Mi serviva il nome di una città immaginaria e quello l’ho sempre trovato evocativo.
      Quindi non è proprio da buttare, dici?
      Sulla trama, sinceramente non saprei dire se ora vale la pena, oppure no. Chissà. 😀

  • No, Hell, quello che avevi dentro allora esiste ancora.
    Sei tu e il tuo stile, soltanto un pochino più grezzo

    Poi questo post è bello. Io ho sempre pensato a scrivere, anche da ragazzino, benché non ne fossi capace. Credo che ti copierò

    • Ecco che Ferru con il suo fiuto, riconosce un potenziale meme 🙂

      • Ormai quando c’è di mezzo un meme, e chi chiamerai? 😀

      • Che bastardo quel Ferruccio:-)

      • Sì, lo credo anch’io… 😀

    • Ma in realtà non credo esista qualcuno che inizia a scrivere essendone capace.
      C’è una certa familiarità di temi e stile, concordo, Ferru, Grazie del parere. 😉

  • Da come l’aveva annunciata, pensavo fosse illeggibile 😉 Invece si nota la differenza e la maturazione dello stile, ma da buttare non c’è nulla, anzi. Non hai pensato di adattarlo all’Hell di adesso?

    • Sì, ci ho pensato, ma il punto è: chi me lo fa fare? 😀

      • La storia aveva diverse lacune, però la ricordo simpatica. Certo, si tratterebbe di potare tantissimo e aggiustare quello che ora percepisco come grezzo. Praticamente dovrei riscriverlo. ^^

      • Beh, magari adesso che l’hai rivisto ti viene voglia di finirlo. A me capita quando tiro fuori vecchi appunti dai cassetti 🙂