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L’editing, cosa è e cosa NON fa

Avete il pallino della scrittura, chissà perché.
Non sono qui per indagare a riguardo. Di sicuro un giorno vi siete convinti che poteva essere una cosa buona e giusta provare a scrivere.
Ci sono passato anche io. Le ragioni sono valide unicamente per le rispettive storie del cesso, ne avrete bisogno quando dovrete raccontare la vostra a un intervistatore a cui non frega assolutamente nulla. Tutto nella norma.
Poi è arrivata la fase due: trovare una vit- un lettore a cui infliggere il vostro testo.
E poi quel lettore vi ha detto che, forse, avevate bisogno di un editing.

E qui arrivo io. Che difetto quasi del tutto di poesia.
Faccio editing da un po’, e più bazzico l’ambiente e peggio lo vedo ridotto. Ai miei tempi (sì, l’ho scritto davvero, il che fa di me un vecchio, suppongo) l’editing era: sistemare il testo.
Bello liscio.
Né più né meno.
Oggi sono state introdotte sottocategorie di editing sempre più astruse e complicate, e a ogni categoria corrisponde una tariffa, e via dicendo. E se per caso i giovani editor mi colgono in fallo, ignorante delle nuove fiammanti sottocategorie, mi guardano come una cacca di mosca.
E io me la rido.

Ho frequentato Lettere e Filosofia, sì, mi ci sono anche laureato, ma questa è un’altra storia che presupporrebbe l’impiego di un’immagine di me medesimo sul trono di Aquilonia… Il punto è che, in quegli anni di università, circolava una storia, di un professore, a un convegno di latinisti (ovvero le peggiori pigne in cu*o sulla faccia della Terra), osò sbagliare la pronuncia di etiam. La cosa venne accolta dalla platea con mormorii di scioccata disapprovazione.
Ecco, io sono il professore e loro sono quelli che mi accolgono quando, di solito, dico che per me, questa delle categorie e sottocategorie di editing è una solenne cag- cavolata.
L’editing è, ancora, nell’anno duemilaventidue, sistemare un testo. Questo è.

E sì, ci sono delle “regole” da seguire, infatti c’è gente che vi insegna come si edita, ma quelle regolette, applicate alla lettera, non servono a nulla. Perché nessuna teoria vi può mettere al riparo dalla pratica, dalla palude in cui si può traformare un testo, dalle volontà (spesso astruse) dell’editore di turno, e dal cliente, che teme di saperne meno di voi, e di dare proprio quest’impressione non ne vuol sapere, e allora comincia a sfidare l’editor di turno a colpi di perdite di tempo, ignorando i vostri consigli e commettendo errori su errori, in una spirale di violenza sintattica che non conosce pietà.

Com’è che mi sono messo a fare editing? Boh, le ragioni sono simili a chi si mette a lavorare in una centrale nucleare, suppongo. Aleatorie. Un bel giorno mi sono trovato in mezzo a tanta gente che scriveva, e ho scoperto di essere bravo a “sistemare le cose”.
Quindi, cosa fa l’editing?
Il paragone che ho sempre trovato più calzante è quello coi programmi di fotoritocco. L’editing fa sparire gli inestetismi del testo, innanzitutto, e poi, se proprio insistete, fa passare un testo mediocre per un testo altamente leggibile. Un po’ come le foto di quei modelli a cui le aziende chiedono di piallare la pancetta. Si fa con l’editing.

Ma anche qui, è riduttivo. Purtroppo nessuno può spiegarvi cosa sia l’editing senza provarlo di persona, anche perché il rapporto, che si gioca sì, sempre su quella manciata di regolette, va adattato a seconda del testo e, purtroppo, pure del cliente. Ogni cliente ha una testa pensante autonoma, ogni cliente vi aiuterà o vi boicotterà a seconda dell’indole. Accamperà scuse per non pagarvi e in generale proverà mille modi per farvi perdere tempo – e stima – per il vostro lavoro.

Posso però dirvi con assoluta certezza cosa NON fa l’editing:

  • non trasforma il vostro testo in un capolavoro. Quello sta a voi, se siete delle mezze cartucce in partenza, è difficile che diventiate cartucce tutte intere dopo un editing. Per saper scrivere, indovinate un po’, bisogna conoscere la lingua in cui si vuole scrivere
  • non vi garantisce la pubblicazione. Un testo ben scritto non equivale a garanzia di contratto editoriale (perché gli editori non cercano voi, cercano i soldi in cui il vostro libro si può trasformare, alla letteratura hanno smesso di credere da un pezzo)
  • non vi salva la vita

Però… di sicuro, dopo un buon editing, il vostro testo sarà letto con maggiore piacere da quei lettori a cui, come sempre, avrete deciso di infliggerlo.
Per cui, vi serve un editing?
Forse sì.
Forse no.
Forse non è la scrittura il campo in cui eccellerete.
Forse sì, ma è ancora presto. Dovete studiare.

Nel caso in cui abbiate deciso di rivolgervi a un editor, il mio consiglio è: cercate di non rompergli troppo le palle e fategli fare il suo lavoro.
All’editor non frega nulla della vostra passione per la scrittura, che è anche una sacra missione. Né tantomeno delle vostre storie del cesso.
Non frega nulla del fatto che “in questo periodo non riuscite a scrivere perché siete emotivamente monchi”.
All’editor interessa il testo. Solo quello. Affidateglielo e attendete che ve lo sistemi. Di solito funziona.

Ah, se vi serve un editing, contattatemi. Non faremo a gara a chi ne sa di più, né vi rimprovererò se sbagliate a usare le virgole. Io mi limito a sistemare le cose.

Autore e editor di giorno, talvolta podcaster. /|\( ;,;)/|\ #followthefennec